Da non credere come i giudizi sull'Inter cambino di partita in partita e non mi riferisco solo agli addetti ai lavori ma anche a certi tifosi nerazzurri. C'è chi come me ci ha creduto sin da inizio stagione e alla fine il campo gli ha dato ragione: grazie al pareggio conquistato "ad Atalanta" (così Handanovic nel dopo-partita citando Nino D'Angelo in 'Tifosi') la salvezza è finalmente raggiunta. Un punto che ha permesso ai nerazzurri di Mancini di stagliarsi a quota 40, obiettivo ritenuto inarrivabile da chi dopo le sconfitte contro la Lazio e il Sassuolo intravedeva già gli spettri della retrocessione. Qualcuno ha parlato addirittura di Europa League, ma andiamoci piano: sappiamo bene che i risultati del girone d'andata sono un miracolo, la rosa in tutti i reparti è da Serie B, il nostro mister è un incapace e Kondogbia è stato pagato troppo. Un abisso separa la squadra di Mancini da chi è trascinata da Incredybala, a cui si ispira Lionel Messi, o da Diego Armando Higuain, mentre l'Inter ha il solo Handanovic: un vero colpo di fortuna. 

Oggi è troppo facile esaltarsi dopo un 2-0 in Coppa Italia sul campo del Napoli, risultato che è frutto evidentemente di qualche giocata casuale da parte dei nostri e della scarsa importanza data all'impegno dagli azzurri. Guai quindi a volare troppo in alto, perché se la parola scudetto per Sarri è una bestemmia (consentiti solo i termini 'frocio' e 'finocchio'), figuriamoci per un'Inter che avrebbe dovuto ambire alla Champions e che invece, vittima del mancato ritorno di Ibrahimovic (Ausilio c'era quasi) e poi delle risse nello spogliatoio, si ritrova appena terza dopo essere stata a lungo in vetta davanti alle regine del bel gioco. In aiuto arriva di nuovo il mercato che consente ai nerazzurri di liberarsi dei propri pesi, tra questi gli insubordinati Melo e Jovetic. E a proposito del brasiliano, pare che Mancini abbia chiesto a Thohir di cacciare quel cretino che ha voluto a tutti i costi portarlo a Milano. Poi c'è il caso Jojo, schierato in campo a Bergamo e al San Paolo non si sa per quale motivo visto che il Mancio non vuole più vederlo sulla faccia della Terra. Il montenegrino si sente fuori dal progetto, come dimostra il calcio di stizza dato al pallone che è finito nell'angolino alla sinistra di Reina. L'unica (felice) certezza è Guarin diretto in Cina: l'ennesima e ultima prestazione nonsense del colombiano sarebbe infatti dovuta ai pizzini che Mancini ha scritto apposta per lui in mandarino.

Nel sempiterno polverone nerazzurro si salva l'umile portierone di ghiaccio Samir Handanovic. Para l'imparabile, con destra, sinistra, con i piedi e col berretto. Dai tifosi interisti viene spesso paragonato al Gandalf di Khazad-dum: "Tu non puoi passare", diceva il personaggio de 'Il Signore degli Anelli' di Tolkien, ma quello era uno stregone, usava la magia e il bastone. A Samir bastano i guantoni per compiere i suoi prodigi. E poco importa se l'unico precedente che i cronisti rilevano è in Benjy Price: "È il mio lavoro", dice lo sloveno, un po' come se Einstein scoperta la relatività la tenesse in poco conto perché tanto lui è uno scienziato. Ammetto che anch'io mi trovo in difficoltà a commentare i suoi interventi in partita. Allora perché non dare a Samir quel che è di Samir, un verbo tutto suo come nel caso dello 'zlatanare' introdotto in Francia e in Svezia come tributo a Ibra? 'Dominare' o 'fare qualcosa con forza' sono le azioni associate al fuoriclasse del PSG. Quest'anno ho visto Handanovic samirizzare* come non mai contro le povere avversarie dell'Inter.

*Samirizzare
v.tr. (aus. avere)
Rendere inviolabile e imperforabile un accesso nonostante la presunta incostudia dello stesso; difendere e proteggere un oggetto, una conquista o un possesso ritenuto facilmente abbordabile demolendo i principi della fisica: Handanovic ha samirizzato anche oggi il risultato per l'Inter.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 20 gennaio 2016 alle 00:00
Autore: Daniele Alfieri / Twitter: @DaniAlfieri
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