Dopo il pareggio col Milan, gentilmente omaggiato da Icardi, dopo l’incredibile ko col Torino assediato senza trovare mai la rete, è arrivata un’altra partita senza gol. Il risultato è pessimo e ha avuto ragione Miranda nel descrivere il punteggio in questi termini, perché due punti in tre partite, di cui una recuperata, sono una brutta notizia, in vista di un testa a testa contro formazioni come Roma e Lazio.

La statistica impietosa ripetuta da giornali e televisioni inchiodava la squadra di Spalletti al dato impietoso di due soli giocatori capaci di andare a rete: Icardi e Perisic, entrambi in crisi in queste partite. Per questo il tecnico si è inventato un modulo a tre, una squadra speculare a quella di Gasperini, con l’intento di creare spazi per Rafinha e Cancelo e sfruttare le ripartenze di Perisic. Si è clamorosamente sentita l’assenza dell’ultima versione di Brozovic e si è di nuovo palesato il difetto di produzione della fabbrica nerazzurra: il famigerato lancio lungo, usato all’eccesso per manifesta disperazione.

Il primo tempo è disarmante. L’Atalanta parte a razzo e pressa sui difensori, toglie ogni linea di passaggio e alza il fuorigioco fino alla metacampo. Miranda, Skriniar, D’Ambrosio e Gagliardini non sanno mai a chi dare il pallone, lo perdono, sbagliano o ricorrono sempre al lancio. Borja Valero fluttua in mezzo ma senza mai avere uno spunto, al contrario, dando sempre la sensazione di essere in procinto di smarrirsi. Cancelo perde palloni sanguinosi tentando giocate irritanti, Perisic sbaglia un gol più difficile da fallire che realizzare,

Icardi non riesce a tenere su la squadra e Rafinha, a cui non viene fischiato un fallo netto, ai limiti dell’area, è l’unico che ha talento e combina cose interessanti. L’Atalanta in ben tre occasioni va vicinissima al gol ma Handanovic e un filo di imprecisione evitano il peggio. Nel complesso l’Inter esce dal campo dando la sensazione di aver sbagliato approccio, preparato male la partita ed essere dipendente da due o tre giocatori. 

Nei primi minuti del secondo tempo la squadra mostra un atteggiamento non molto differente dal primo ma l’Atalanta non ne ha più. Il suo piano partita prevedeva l’aggressione e il pressing esasperato, fare il golletto e difenderlo per ottenere lo scalpo dell’Inter. Non avendo sfruttato le occasioni i bergamaschi vedono l’Inter crescere e costruire palle gol. Dalla distanza con Santon e Gagliardini, con Rafinha che si divora un gol davanti alla porta, con Perisic di testa a lato e con Eder, bravo a calciare una punizione da trenta metri che costringe Berisha in angolo.

Non del tutto comprensibile la sostituzione di Rafinha, se non per gestirlo in vista dell’impegno settimanale (martedì sera c’è il Cagliari) e forse nemmeno lui, quando si è seppellito sotto un giubbotto in panchina per più di cinque minuti. La squadra ha costruito ma appare evidente che manchino giocatori in grado di reggere l’ambizione delle giocate e delle velleità del club. D’Ambrosio, Santon, Gagliardini, Borja Valero fanno sempre il compitino ma non incidono perché sono bravi ma non adatti alla titolarità. Perisic ha giocato mezza stagione poi niente, di nuovo un sussulto e ora di nuovo impreciso, benchè non più svogliato come prima della partita col Napoli. 

L’Inter ha preso buoni giocatori, insieme ad altri più modesti ma ancora non si capisce quale idea di calcio intenda proporre. Nella prima arte di stagione la squadra vinceva speculando, poi ha iniziato a giocare un calcio ibrido e disarticolato, si è poi ripresa ed è tornata a fare risultato e tenere il possesso palla. Da tre partite si vede una squadra forte ma non fortissima. Si legge nel calcio di Spalletti un’idea dominante ma non ha gli uomini adatti per essere all’altezza dei propositi. Se la squadra viene aggredita va regolarmente in affanno, se attacca lo fa spesso con cross per un'unica punta. 

Il guaio è soprattutto che ogni partita non sai mai con che spirito entra in campo la squadra. Schemi, idee, tattica e preparazione della gara di turno sembra dipendere troppo dalla volubilità dei giocatori. Spalletti commette qualche errore ma è soprattutto la squadra ad andare avanti con un’inerzia che nasce da meccaniche estranee al campo. 

Questa era una partita da vincere e ora l’immaturità dell’Inter sbatte contro la responsabilità di due vittorie da ottenere con Cagliari e Chievo. Diversamente abituiamoci all’idea dell’Europa League.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 15 aprile 2018 alle 00:06
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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