In Italia ci sono 60 milioni di allenatori. Il problema è che questo mestiere lo svolgono in Serie A effettivamente solo venti individui. Avere il patentino certifica le competenze teoriche. Ma poi, come in ogni lavoro, quello che conta è il campo. Col il mondo del calcio che riferisce proprio sul verde tale modo di dire.

Per fortuna viviamo in regime di libertà e non in dittatura. Il che significa che siamo liberi di esprimere le proprie opinioni. Basta farlo con sincerità, educazione e raziocinio. E a risultato finale si vedrà chi avrà avuto ragione e chi torto. Poi ci sono illazioni e atteggiamenti dispregiativi che non hanno né capo, né coda. 

Come quelle di taluni interisti che sostengono che Antonio Conte sia una sorta di talpa juventina mandata a rovinare il mondo nerazzurro. Diventa anche stucchevole, ogni volta che il risultato è negativo, fare precisazioni di questo tipo. Sono cazzate talmente evidenti e macroscopiche, che offendono l’intelligenza dell’accusato. Ma anche dell’accusatore.  

E nascondono l’essenza concreta dei problemi. L’Inter ha fatto molto male in Champions League non per il passato bianconero di Antonio Conte. Che non c’entra nulla. Ma per una serie di errori, che ovviamente riguardano anche l’allenatore salentino. Di cui l’aver lavorato a Torino per gli acerrimi rivali conta meno di zero. 

Secondo il mio pensiero – se analizziamo solo ed esclusivamente la gara contro lo Shakhtar Donetsk – nonostante svariati calciatori non abbiano fornito una prestazione convincente, in questo caso è proprio il mister pugliese il maggiore imputato della debacle dei meneghini. 

Io – che non ho il patentino da Pro – immaginavo prima del match di mercoledì sera che gli ucraini avrebbero affrontato la gara esattamente con lo stesso modus operandi dell’andata. Chiusi in difesa e pronti a ripartire. Se in Europa League se l’erano giocata ed erano stati distrutti, mentre in Champions avevano ottenuto un punto prezioso, mi sembrava piuttosto scontato come atteggiamento. E così è stato. Bravo Castro a raggiungere il proprio obiettivo. Molto meno Conte nell’affrontare i propri rivali senza le contromosse vincenti. E pessimo nel non prendersi le proprie responsabilità.

Lo Shakhtar Donetsk si è snaturato, siamo tutti d’accordo. L’Inter ai punti avrebbe anche meritato la vittoria, certo. Ma prendersela perché gli avversari si sono difesi, utilizzando le armi a propria disposizione, dopo aver studiato i meneghini, è puerile. Si sarebbero dovute prendere determinate contromisure. Quali? Con una squadra chiusa a riccio la qualità di Eriksen poteva essere determinante. Utilizzare un altro modulo, o quantomeno aggiustarlo in corsa, avrebbe potuto aggiungere imprevedibilità. Sfruttare meglio le sostituzioni e non aspettare gli ultimi minuti poteva essere l’idea vincente. 

Io poi non ho la bacchetta magica. E le mie sono considerazioni soggettive che servono – dato che sono un giornalista professionista – a sollevare dubbi. Aprire dibattiti. Sottolineare pregi ed errori compiuti. Magari quel che avrei fatto io avrebbe solo peggiorato la situazione. Ma pareggiare era come una sconfitta, quindi 0-0 o 0-2, non cambiava nulla. Chiaro, parlare dopo è facilissimo. Ma se le critiche sono costruttive, servono.

Come quelle sollevate da Anna Billò e da Paolo Condò, in qualità di cronisti, e da Billy Costacurta e Alex Del Piero come opinionisti, al mister salentino nel post partita.

Rimarcare le mosse tardive, la scelta di determinati calciatori piuttosto che altri, la volontà di seguire sempre e solo lo stesso spartito a livello di modulo, di fatto ricalca solo le scelte di Conte nella partita contro lo Shakhtar Donetsk. Nulla di più, nulla di meno.

E risentirsi in quel modo contro la bravissima conduttrice e i suoi ospiti, solo perché stavano facendo - con cognizione di causa - il proprio mestiere, è diseducativo e pretestuoso. Non è che se l’Inter vince è merito di Conte e se perde è colpa dei giocatori. O viceversa. Ci sono delle vie di mezzo. 

Chiunque avrebbe posto quei quesiti. Leciti e competenti. Non per attaccare l’uomo o il professionista, ma per capire il motivo delle decisioni prese. E questo deve essere sempre concesso, per il rispetto di chi ti sta davanti e prova a fare al meglio il suo lavoro.

Sinceramente oggi i detrattori del tecnico ex Chelsea potrebbero sbizzarrirsi. Basterebbe scrivere che l’Inter – in tutta la sua storia – non era mai arrivata ultima ai gironi di Champions. Che il Borussia non si era mai qualificato. Che il mister prende 1 milione al mese e a 'sto giro ha fatto peggio di Spalletti, in un girone enormemente più facile. Che il Real senza Ramos in Europa aveva praticamente sempre perso. Ma sarebbero frasi decontestualizzate, tese a portare acqua al proprio mulino, ma che in realtà non apportano nulla se buttate lì in caciara. Antitetiche rispetto alle riflessioni obbligatorie per il bene dell’Inter.

Resto convinto che Conte resti un allenatore preparato e capace. Che abbia sbagliato le scelte contro lo Shakhtar Donetsk. Che ad oggi sia più un mister da campionato che da Europa. E che nonostante tutto, possa ancora portare l’Inter di nuovo a trionfare. 

Tutti sbagliano. Io, tu che leggi, Conte, pure le nostre mamme e i nostri figli. Ma solo assumendosi le proprie responsabilità, come specificato più volte in questo editoriale, si possono superare quegli ostacoli incontrati nel percorso della vita. Basta capirlo. E non pensare di avere sempre ragione e che la colpa degli insuccessi personali sia sempre degli altri.

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Sezione: Editoriale / Data: Ven 11 dicembre 2020 alle 00:00
Autore: Simone Togna / Twitter: @SimoneTogna
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