Luci a San Siro non se ne accendono più, quantomeno sulla San Siro nerazzurra, dove ieri la squadra di Inzaghi più che spegnere le luci del Meazza ha decisamente staccato il gruppo di continuità di se stessa. Black-out totale quello tra le file dei campioni d’Italia che contro il Sassuolo approcciano alla gara malissimo, senza poi riuscire a rialzare la testa e cambiare le sorti di un match vinto dagli ospiti con estremo e totale merito.
Come contro il Napoli, l’Inter va sotto e lo fa praticamente subito con Raspadori che ricorda a Beppe Marotta e compagni, impietriti sugli spalti per i rovinosi novantaquattro minuti, il motivo per il quale il suo nome persiste sul taccuino degli osservati speciali. Raspadori ma anche Scamacca, e questa volta ad affondare la Beneamata non è un tipico gol dell’ex, ma due potenziali futuri nerazzurri, di sicuro due grandi desideri. Ci eravamo tanto amati, e altrettanto forse ci ameremo. Amore questo lasciato in standby per un pomeriggio e per i prossimi giorni a venire, quantomeno finché l’Inter non torna ad essere Inter e ad aggiustare una classifica che ieri sarebbe potuta tornare ad essere a favore della squadra di Inzaghi, che al contrario ha favorito le altre. Dopo aver propiziato il 2022 con tanto di Supercoppa italiana infatti l'Inter delude le previsioni di fuga interrompendo bruscamente un percorso di crescita che fino a un mese fa appariva - a quanto pare a torto - intoccabile e inarrestabile. Un'intoccabilità frantumata in poco tempo e che alla luce di un risultato ancora deludente, il peggiore per distacco, mostra a chiare lettere un corto circuito oggi innegabile.
Non c’è alibi che tenga e ogni tentativo di giustificazione del 2-0 incassato ieri per mano della squadra di Dionisi cade in frantumi dinnanzi all’incolore, disorganizzata, timida, a tratti persino arrogante, prestazione di una squadra in crescendo di errori e passi falsi che con il Sassuolo trova l’apoteosi del "peggio non si può fare". Quella con gli emiliani è di fatto la legittimazione di un allarmismo che stava cominciando a dilagare dopo il ko con il Milan, il pari col Napoli e la sconfitta con il Liverpool che, complice una buona prestazione contro una delle squadre più temibili d’Europa, aveva però spostato l’asticella del giudizio in una situazione di democristiano "mi prendo il buono di quanto fatto". Un buono che con il Sassuolo non è quasi mai pervenuto, 'quasi' definitivamente eliminato dal risultato finale che mette in discussione circa un mese di mitigati giudizi. Buono mai pervenuto, sotto nessun aspetto: fase difensiva maldestra, attacco fumoso e inconcludente, centrocampo irresoluto, macchinoso, a tratti a corto di idee… che trovano in Handanovic la ciliegina su una torta rivelatasi tossica ancor più che indigesta.
L’importanza di un portiere. L’importanza imprescindibile di averne uno. Quest’ultima ben nota dalle parti di San Siro, dove ancora una volta l’Inter nell’uno contro uno tra portieri perde smisuratamente il confronto. Se a Lautaro e compagni di reparto va il demerito e l’assoluta colpevolezza di aver mancato di lucidità, cinismo e carattere, altrettanto degno di nota è il lavoro di Consigli, ancora una volta bestia nera della squadra meneghina. Reattivo e attento su ogni palpabile pericolo imbastito dagli uomini di casa, opponendosi ai vari Gagliardini, Skriniar e Dzeko, vanificandone ogni possibilità di fragile e insperata ribalta. Consigli polo inverso del capitano interista e non solo per posizione: se il primo dispensa miracoli, il secondo è un miracolo non aver subito il terzo gol e a salvaguardare la porta dei nerazzurri si rivela più efficace la traversa beccata in pieno da Berardi che lo sloveno, protagonista in positivo soltanto sul muro teso su Raspadori e su una smanacciata nel finale su Harroui, ma a danno ormai consumato. Clamoroso il primo dei due gol incassati che l’ex Udinese non riesce a bloccare nonostante la centralità del pallone che lascia schizzare in porta addirittura in tunnel. Una prestazione, l'ennesima, che trova sollievo esclusivamente in Onana, sperando che il (praticamente quasi) ex Ajax sia immediatamente arruolabile una volta arrivato a Milano. Non è un caso che Simone Inzaghi, a fine gara, si dice più preoccupato per i gol subiti che per quelli non fatti e non è un caso che per la prima volta il piacentino parla con un amaro in bocca che lascia poco spazio all'immaginazione di chi non vuole leggerci rabbia e insofferenza per quanto visto sul rettangolo verde: "Se vuoi vincere lo scudetto non puoi approcciarti così" ha sentenziato a DAZN.
Avrà ragione da vendere dunque Inzaghi: "Partita che sarà motivo di analisi perché così non va bene" e analisi sia, confidando nel risveglio primaverile all'indomani di un intorpidimento invernale che ha dato motivo di temere possa mutare in infernale: se vuoi vincere lo scudetto non puoi approcciarti così. Ma neanche gestire così, costruire così, difendere così, sprecare così, giocare. No, non così.
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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