L’Inter è riuscita a vincere una partita difficilissima e a portarsi al terzo posto dando infiniti spunti di riflessione sullo stato delle cose e sull’attuale anima che la governa.
Da quando è iniziato il campionato ogni risultato è rimasto in bilico fino alla fine, nel bene e nel male e ultimamente ha vinto spesso col punteggio di 2-1, dando vita a partite che non hanno mai permesso di godere la vittoria durante ma di apprezzarla dopo. 
Se questa vittoria fosse stata unica nel suo genere il ragionamento sarebbe diverso, ma questa è l’ennesima partita vinta pericolosamente e dietro questo percorso tachicardico c’è una lunga serie di motivazioni che si rifanno ad una squadra in crescita ma ancora acerba per essere ciò che aspira ad essere. 
Non è facile giudicare l’Inter in un anno in cui si trova al rientro in Champions, nel girone più difficile, dove perde una parte di carico delle energie nervose e al culmine di un periodo in cui è entrata in campo ogni tre giorni, vincendo sempre. 
Il fatto è che la spunta sempre in sofferenza e potrebbe evitarselo. 
Nel primo tempo l’Inter sembra controllare a amministrare bene il match, risultando efficace. Dopo aver controllato la gara nel palleggio, spinge la Spal nella propria area fino a trovare il gol del vantaggio grazie ad Icardi servito da Vrsaljko. Il capitano si abbassa e colpisce di testa, Djourou devia con la mano e trafigge Gomis. Se non fosse andata in rete sarebbe stato comunque rigore. Da questo momento la Spal mette direttamente la quinta e inizia una partita di corsa e di lotta. 
Il problema è a centrocampo e l’assenza di Brozovic si sente maledettamente. In generale la squadra è pericolosa quando attacca e pericolosa per sé stessa quando si difende. Asamoah va in affanno sulla sua fascia contro un Lazzari ispiratissimo, Icardi resta scollegato dalla manovra, Borja Valero non riesce a far tenere le distanze ai suoi compagni e la squadra si schiaccia regolarmente nella propria area perdendo un’infinità di contrasti e seconde palle. Il rigore causato da Miranda è frutto di un imperdonabile ingenuità e il successivo errore un gentile omaggio. Handanovic interviene in tre occasioni e salva il vantaggio ma Keita divora un gol che pesa parecchio sulla sua coscienza. 
Il secondo tempo è altrettanto pirotecnico ma più fisico, con l’Inter indisponibile a tentare il fraseggio e diversi giocatori meno portati al dialogo. Il finale lo conosciamo. 
In definitiva ha deluso Keita, impalpabile nel rendimento ed evanescente in un match di lotta. 
Spalletti con tre cambi ha spostato la partita, dovendo riconoscere di avere a disposizione molte più soluzioni della scorsa stagione e giocatori motivati, anche se partiti dalla panchina. 
In effetti sembrerebbe che il carattere della squadra sia cresciuto, come testimoniano tante partite in cui l’Inter pareva aver compromesso il risultato e invece l’ha spuntata con grande orgoglio.
Eppure in uno spicchio di partita con la Spal si racchiude la contraddizione di una mentalità che le apparenze sembrano esaltare e che invece è ancora da costruire. 
L’Inter infatti si è fatta aggredire a lungo dai padroni di casa, soffrendo e contrapponendo diversi inutili lanci lunghi, rinunciando al possesso e delegando la ripartenza alla giocata individuale.
Il pensiero di tutti è andato alla condizione fisica messa duramente alla prova da un mese in cui si è giocato ogni tre giorni. Quando la Spal ha trovato il gol del pareggio si è temuto il peggio. Invece magicamente la squadra è salita ed è tornata a proporre calcio, con rabbia e volontà, segno che avrebbe potuto farlo anche prima. Sei minuti dopo è arrivato il gol di Icardi, imbeccato da Perisic.
L’Inter è una squadra pigra e la sua contraddizione sta nelle parole di Spalletti di sabato, quando in sede di presentazione della gara ha dichiarato che avrebbe visto se la mentalità sta nella pelle o sotto pelle. Se era nella pelle andava via con una doccia. Sotto pelle invece significava che era connaturata.
Questa squadra ha lampi di mentalità ma nel corso della partita ha spesso il potere di rendere gli avversari migliori di quanto siano. La Spal ha giocato la miglior partita della stagione ma in realtà, a prescindere dal risultato, è stato detto praticamente di ogni squadra scesa in campo contro l’Inter. 
Spalletti non cannibalizza il gioco anche se cerca di far tenere palla ai suoi, in realtà sembra più che l’Inter sia come il primo Rocky, barcolla, resta in piedi e poi punisce, possibilmente allo scadere. C’è però da lavorare ancora tanto sull’approccio di una squadra che ancora non conosce i propri limiti e nemmeno le sue potenzialità.
Ora tocca alla società e a Spalletti gestire queste due settimane di pausa per le nazionali.
Al rientro ci saranno derby e Barcellona e sarà fondamentale non ritrovare un’altra Inter.
Amala.

Sezione: Editoriale / Data: Lun 08 ottobre 2018 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
vedi letture
Print