La parabola del pallone è di quelle ampissime, quasi infinite. La sfera sale, lenta, mentre Andujar si getta alla propria destra. L’esecutore del tiro, Mauro Icardi, è immobile sul dischetto del rigore ad osservare, senza capire cosa succederà di lì a qualche frazione di secondo. I tifosi nerazzurri trattengono il respiro mentre il pallone accarezza la rete e conclude il proprio viaggio lungo undici metri sul fondo della porta del Napoli. L’Inter ha pareggiato un’altra partita dal sapore agrodolce. Perché il match si era messo malissimo: sotto di due reti, senza idee, con il San Paolo esaltato che spronava gli uomini di Benitez. Poi, un clamoroso come-back. Surreale, per certi versi quasi impossibile. Il San Paolo festante è andato via via spegnendosi con le reti di Palacio prima e Icardi, appunto, poi. Sembra quasi che il Napoli sia imploso in se stesso, dopo settanta minuti di ottimo calcio. La squadra, stanca, ha subito il cambiamento tattico varato da Roberto Mancini che ha tolto uno spento Brozovic per Hernanes, disegnando un 4-2-3-1 che ha sconquassato le geometrie partenopee. 

ATTEGGIAMENTI DIFFERENTI - Partiamo dal bicchiere mezzo pieno. Sì perché è indubbio che l’atteggiamento dell’Inter è quantomeno da apprezzare. Se il Napoli gioca la sua partita su ripartenze e verticalizzazioni, i nerazzurri hanno l’intento di gestire la palla e servire Shaqiri fra le linee, cercando la superiorità numerica sempre e comunque a centrocampo. Mancini vuole vedere sfruttate le fasce per arrivare al cross, anche se troppo spesso Guarin e compagni vanno a imbottigliarsi al centro del campo. Si vede l’impronta da grande squadra che ovunque va tenta di fare la partita. E’ giusto ripeterlo rischiando di essere un po’ logorroici, ma tant’è. L’Inter non si accontenta più di fare semplicemente da sparring-partner delle sfuriate offensive dell’avversario di turno, ma vuole dire la propria. Rischiando tantissimo, soffrendo, andando sotto, ma alla fine quello che migliora di partita in partita è l’autostima di un gruppo che è tecnicamente fragile ma che si sta temprando. Questo si nota quando si vede che la difesa, nonostante Higuain giochi sempre sul filo del fuorigioco, continui a rimanere molto alta, per tenere compatta la squadra, senza arretrare. Sono stati commessi degli errori, ma la voglia di migliorare c’è. Far giocare così la propria squadra può essere visto come un peccato di ubris, ma in realtà fa parte della cura Mancini: sei mesi per diventare grandi. E giovedì c’è il Wolfsburg, la prova del nove. 

IL RITORNO DI RANOCCHIA... - Si parla di difesa e, inevitabilmente, si torna su Andrea Ranocchia. Criticatissimo negli ultimi mesi, ieri ha fornito una prestazione impeccabile. Dries Mertens è un furetto che agisce nella sua zona, accentrandosi mentre cerca di usare la sua velocità per guizzare fra le linee della retroguardia interista. Ma Ranocchia ha compiuto almeno tre interventi decisivi sul belga, così come per tutta la partita si è dimostrato attento e sicuro. Si parla di un giocatore fragile che proprio a Napoli ha toccato probabilmente il punto più basso della sua stagione, ma nella partita di ieri ha fatto un piccolo passo in avanti a livello di consapevolezza. Ora l’importante sarà riconfermarsi nel prossimo match, fondamentale. 

…E L’ASSENZA DI JUAN JESUS - E’ da sempre titolare inamovibile di questa Inter. Ma ieri Juan Jesus ha steccato per tutti e novanta i minuti. Suo l’errore di marcatura sul gol di Hamsik, mentre Higuain è un suo cliente (scomodissimo, certo, ma tant’é: quando si fa il difensore di mestiere serate buie sono da mettere in preventivo) in occasione del secondo gol, quando è posizionato male con il corpo e si lascia battere troppo facilmente dal Pipita. No, non ci siamo, Juan Jesus. Non è la prima volta che il brasiliano mostra insicurezze a livello tattico, ma questa volta le incertezze potevano costare carissimo. 

IL TRENO SANTON. MA MANCA UN DESTRO - Non è la prima volta che si parla di Santon, lietissima sorpresa del mercato di gennaio. Ebbene, anche ieri sera l’ex Newcastle s’è dimostrato decisivo, favorendo il gol che ha riaperto l’incontro con una  scorribanda sulla sinistra davvero sontuosa. Fin qui, tutto bene. Santon sa fare entrambe le fasi, non sciupa troppi palloni ed è forte fisicamente quanto basta per essere un fattore anche nei calci piazzati. Il problema sta nella sua collocazione che è la stessa di D’Ambrosio: entrambi terzini sinistri che, dirottati sull’altra fascia, soffrono immensamente. D’altronde Santon ha giocato sempre con Campagnaro a destra, mentre era la prima volta che i due italiani condividevano i ruoli. Tutti e due hanno giocato meglio quando si sono trovati a calpestare le zone ‘mancine’ del campo e questo deve far riflettere: c’è bisogno di un terzino destro anche perché gli altri esterni a disposizione (Dodò, Nagatomo, con Jonathan ormai un’ex), anch’essi sono tutti mancini. Work in progress

LE SCELTE DEL MANCIO - Chiusura in positiva, facendo notare i meriti di un tecnico. Settimana scorsa si era fatto notare come Mancini, in occasione della partita contro la Fiorentina, non avesse schierato la formazione migliore possibile, scegliendo elementi della rosa nerazzurra che in questo momento non riescono ad esprimere il proprio valore. Ieri sera l’Inter è scesa in campo decisa, ha sofferto nel primo tempo ma è rimasta in partita. E, quando tutto sembrava ormai perduto, ecco che il Mancio sceglie il cambio giusto e svolta le sorti del match: dentro Hernanes trequartista, Shaqiri largo ed è tutta un’altra musica. Venti minuti surreali, vissuti nel silenzio del San Paolo che non s’è reso conto di quello che stava succedendo. L’Inter stava rimontando, ancora una volta, come all’andata. Come contro la Lazio e il Milan e la Juventus. Tre pareggi, ancora nessuna vittoria contro una big. Ma l’Inter se la gioca alla pari con tutte, è questione d’atteggiamento, come si diceva poco sopra. Diciamoci poi la verità: in quanti avrebbero tolto un difensore (Jesus) per fare entrare un classe ’96 Puscas, sotto di un gol ad una manciata di minuti alla fine? Mancini l’aveva già fatto in precedenza, poco prima di Natale contro la Lazio. In quell’occasione fu Bonazzoli ad entrare e proprio il giovane attaccante fornì una grande palla a Palacio per segnare. Questione di stile. Magari quest’anno non si entrerà in Champions League, forse nemmeno in quella che era la Coppa Uefa. Ma qualcosa sta cambiando e l’Inter vuole continuare a crescere. 

Sezione: In Primo Piano / Data: Lun 09 marzo 2015 alle 11:15
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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