Poteva prepararla in mille modi, Antonio Conte. Addurre a mille scuse: la fase finale di un impegnativo ciclo di partite, Lukaku infortunato, la Juventus domenica, una condizione fisica non ottimale. Invece l’Inter che scende in campo a Barcellona è una ciurma di indiani che assalta la diligenza: a guidare la carica sempre lui, Conte. Grida, si sbraccia dalla panchina e telecomanda ogni risalita del pallone, arrabbiandosi con i suoi interpreti al primo errore. L’armonia con cui l’Inter gioca i primi 45’ al Camp Nou deve essere la base su cui costruire i successi del domani, a partire dalla gara contro la squadra di Sarri, domenica. La rabbia e l’insoddisfazione per un risultato ingiusto, la benzina con cui alimentare la rincorsa che - al Camp Nou - è andata incontro a una curva decisiva.
ARREMBAGGIO - L’Inter di Conte è concentrata, corta, aggressiva. Sa del cronico problema del Barcellona a risistemarsi dopo un fischio dell’arbitro e sfrutta una punizione innocua per lanciare il dardo Lautaro che resiste a un feroce corpo e corpo con Lenglet e trova la forza di gambe per concludere in scivolata, di sinistro: un gol bellissimo, da bomber vero. Il vantaggio verrà meritato per tutto il primo tempo: Conte ha preparato una gara corta, lascia che il Barcelona si sfoghi con uno sterile possesso palla in cui i due grandi acquisti Griezzman e De Jong sembrano due pesci fuor d’acqua. Il piano partita di Valverde è semplice: muovere velocemente il pallone, poi aprire sull’esterno per mettere il pallone all’indietro, dove dovrebbero arrivare a rimorchio i centrocampisti. Solo che Skriniar e compagni reggono bene l’urto e ribattono colpo su colpo grazie a una costruzione bassa fenomenale, che fa il verso al tiki taka: possesso a tutto campo, sfruttata tutta l’ampiezza del mastodontico Camp Nou e poi imbeccata centrale dove Lautaro e Sanchez si intendono alla perfezione, giocando spalle alla porta, scambiandosi posizione, incrociando i movimenti. Il rammarico più grande è in questo momento di dominio mentale e tecnico della partita, con il Barcellona in bambola tenuto in vita solo da errori millimetrici di esecuzione e da un miracolante Ter Stegen - che salva in controtempo e a mano aperta un colpo di testa di Lautaro Martinez.
LA PROFEZIA - C’è stato un momento, dopo la gara contro l’Udinese di inizio settembre, in cui Nicolò Barella è stato criticato. Conte l’ha difeso e l’ha eletto pilastro della futura Inter, con un occhio già al presente. Da quel momento è iniziata la stagione del numero 23: esordio in UCL con gol e una serie di prestazioni in crescendo, con l’acuto di ieri sera. Diciassette duelli, sette palle recuperate e un moto costante, a perdifiato, con tocchi qualitativi assoluti. Lui e Sensi si sono presi l’Inter e hanno dimostrato di valere un certo tipo di palcoscenico, anche se è mancata loro la malizia con cui i centrocampisti del Barça hanno rosicchiato qualche fallo qui e là a Skomina, non sempre lineare con il metro di giudizio arbitrale. In un mese, Barella ha cominciato a rendere giustizia alla profezia di Conte, diventando insostituibile nelle rotazioni: se contro l’Udinese è stato lui a uscire, al Camp Nou è rimasto in campo fino al 90’ e ha avuto la forza di provare un’ultima corsa verso la porta di Ter Stegen. Quando Valverde ha cambiato la gara inserendo Vidal e Dembelé, Barella non s'è perso d'animo: Brozovic è andato in affanno e D'Ambrosio è stato spinto sempre più verso l'esterno dai movimenti del francese. Ma Nic ha continuato a battagliare là in mezzo. Non è servito, ma la sensazione è che lui e Sensi questa consacrazione in terra catalana se la ricorderanno.
RABBIA - A fine gara, Conte ha spento gli animi di tutti: della prestazione non sa che farsene, se non si vince. Ed è giusto così, perché non si può essere appagati dall’aver fatto un punto in due partite, con il Dortmund in fuga a quattro punti. La situazione non è compromessa, ma servirà una doppia prestazione monstre con i tedeschi per rimettere la macchina in carreggiata. Quel che serve adesso è incanalare la rabbia di questa sconfitta immeritata contro la Juventus, per consolidare il percorso in Serie A, dove l’Inter ha un ruolino di marcia immacolato. Dallo sprint europeo, torna con delle consapevolezze forti: Lautaro si è finalmente levato il tormento del gol che in campionato non ne vuol sapere di arrivare, Skriniar ha giocato una gara solida e di personalità, Asamoah (non è giusto ricordarlo solo per il dribbling subito dal Marziano sul 2-1) continua a fornire spessore sulla sinistra, da quinto sbriga situazioni. Paradossalmente, è Godin quello a essersi fatto trovare in fallo sul raddoppio di Suarez: il Pistolero sfugge alla marcatura del compagno di nazionale e insacca, solo. Peccato, Sceriffo, ti sia sfuggito sul più bello Suarez. Ma ci sarà tempo per rifarsi, quando a San Siro arriverà il Pipa e un certo CR7. Che sai già come fermare.
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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