Poco più di un anno fa l’Inter venne eliminata in coppa Italia dal Milan. Giustamente. I rossoneri dimostrarono di fatto sul campo di avere più fame dei nerazzurri. E nella partita secca, pur non schiacciando di certo i propri avversari, meritarono di andare avanti.
Ecco, poco più di 365 giorni più tardi, e nella sfida contro Lazio, ci risiamo. Non è esattamente la stessa situazione. Ma ci sono delle preoccupanti similitudini.
I nerazzurri hanno a disposizione un’occasione più unica che rara. Se battessero i biancocelesti, classifica alla mano, sarebbero i favoriti per alzare al cielo la competizione.
Ma tra una condizione fisica non straripante e un atteggiamento rivedibile scendono in campo non con la voglia di mangiarsi i propri rivali, bensì con quella compassatezza che avrebbe fatto venire i 5 minuti anche al meno irritabile dei tifosi. Come se fosse quasi una partita come le altre. E nei tempi regolamentari, almeno per gran parte del match, la squadra di Inzaghi meriterebbe il vantaggio. E ai punti la vittoria. Certo qualcosina la fa vedere pure l’Inter, che piano piano viene fuori alla distanza, ma nulla di così eclatante. 
Poi però le cose migliorano. Nei supplementari gli uomini di Spalletti sembrano averne di più. Di fatto è un’altra partita. Più combattuta. Poi Immobile gela San Siro e un moto d’orgoglio spinge i nerazzurri a trovare all’ultimo secondo il gol dell’1-1. Certo, prima Milinkovic-Savic, già ammonito, perde la marcatura su Icardi e lo spinge per non farlo colpire di testa da zero metri. Fosse stato rigore parleremmo d’altro. Ma in ogni caso è troppo poco per chi vuole difendere la casacca nerazzurra. Resto dell’avviso che il penalty fosse sacrosanto. Ma se militi nell’Inter, una delle società più gloriose della storia del calcio, hai diritti e doveri. E tra questi c’è quello di dimostrare giorno dopo giorno di essere dei grandi giocatori. Di lottare su ogni palla. Di uscire con la consapevolezza di non aver potuto dare di più.
L’Inter è più forte della Lazio. Quindi deve passare il turno. O quantomeno deve dare la sensazione di averci provato dal primo all’ultimo secondo. Non solo in sporadici episodi.
La maglia la si suda. Altrimenti è fin troppo facile “bastonare” certi atleti e salvarne altri. Se giochi con coraggio, forza e determinazione nessuno ti dirà nulla. Se l’atteggiamento è sbagliato diventi (giustamente) un bersaglio troppo facile da colpire. E subisci critiche sacrosante. 

Non come quelle antecedenti alla partita e focalizzate sulla passeggiata di Conte a Milano. Via Montenapoleone dista circa mezzo chilometro da Corso Vittorio Emanuele. Quindi titolare che l’ex mister del Chelsea è stato avvistato sotto (e non vicino) la sede dell’Inter dall’inviato di Being Sport è una gigantesca cazzata (appurabile vedendo il video della famosa emittente). Volta ad acchiappare click. Una fake news bella e buona che dovrebbe essere segnalata a chi di dovere. Siamo nell’era della post verità. E alimentare notizie non veritiere non fa bene alla professione. Intendiamoci: se qualcuno avesse visto il tecnico pugliese nei pressi della sede avrebbe fatto bene a lanciare lo scoop. Se si fosse basato sul già citato filmato sarebbe una topica allucinante. “Sotto” è diverso da “mezzo chilometro”, ok? Le parole sono importanti. Contano.
Certo, Spalletti oggi ha mille altre problemi a cui pensare. Ma che venga criticato su aspetti tangibili e non creati apposta ad arte. 
L’eliminazione brucia tantissimo. Sembra che non si sia imparato dal passato. Resettare e andare avanti non sarà semplice. Ma almeno forse Suning capirà chi può davvero restare all’Inter. E chi invece è meglio che vada a cercare fortuna altrove. Dai dirigenti, all’allenatore. Senza dimenticare ovviamente i calciatori. Tutti devono sentirsi sotto osservazione.

Sezione: Editoriale / Data: Ven 01 febbraio 2019 alle 00:37
Autore: Simone Togna / Twitter: @SimoneTogna
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