"Vendere non mi veniva bene... Però Ronaldo e Ibra furono grandi operazioni, autentici investimenti. Gli opposti. Il Ronaldo del ’98 non è descrivibile con accenti umani, era baciato da Dio. Ibra? Un tipo davvero speciale, molto simpatico. La cantante lirica, voleva essere rispettato, la squadra dove riconoscerne la leadership, lui era il capo, dava anche ottimi consigli. Ancora oggi, a quarant’anni, non sembra cambiato". Lo dice Massimo Moratti, intervistato in esclusiva dal Corriere dello Sport.
Il gesto dell’ombrello durante un derby. Per molti, rivolto a Ronaldo che aveva tradito.
"Ma lo feci dopo una punizione di Pirlo. Calciò fuori e reagii in quel modo. Era per Pirlo, non per Ronaldo. Ed eravamo sul 2-1".
L’Inter alla quale sei rimasto più legato è quella del Triplete?
"Offenderei chi ha vinto tutto, se ne indicassi un’altra. Quella di Ronaldo, Zamorano, Recoba e Djorkaeff, però, mi è rimasta nel cuore".
L’Inter-Juve che non potrai mai dimenticare?
"Inter-Juve per noi interisti è la partita, procura sofferenza, mi faceva star sveglio la notte. Ci pensi in continuazione, nella settimana che la precede. Come emotività e come simpatia".
Eri un presidente che viveva il calcio come un allenatore o un giocatore. Totalmente coinvolto.
"Il calcio, al di là della passione, era la distrazione da altri pensieri. Con il calcio i sogni vengono facili. Come quando compri un giocatore e immagini che segni il gol dell’anno dopo due secondi e mezzo, ti aspetti sempre nuove meraviglie. Ad ogni modo l’Inter-Juve indimenticabile è quella del 16 aprile 2010, 2-0, il gol di Maicon che fu definito iconico".
Pensavo che avresti risposto «quella del rigore non concesso da Ceccarini».
"La partita che ha guastato il rapporto".
Calciopoli ha fatto il resto.
"Calciopoli ha esasperato il concetto di simpatia. Oggi vivo quella partita con molta più serenità, meno passato e più presente, l’emozione è gestibile. Sono un tifoso meno sofferente… prima di entrare allo stadio".
Cosa sarebbe successo se ai tuoi tempi ci fosse stato il Var?
"Sarebbe stato uguale, perché dietro al Var ci sarebbe stata gente che la pensava allo stesso modo".
Mourinho lo senti ancora?
"Certamente, Mourinho è bravo e sono felice che sia alla Roma, dove sta facendo bene. Lo presi perché mi ricordava tanto Herrera, mi divertiva il fatto che come il Mago fosse diverso, provocatorio, abilissimo nel comunicare, molto intelligente. Oltre che eccezionalmente vincente". E Mancini? Il pregio.
"Il pregio potrebbe anche essere il difetto: l’emozionalità. Siamo sempre rimasti legati. Roberto era un ragazzo, conservava tutta l’emozionalità del giocatore. Perdemmo con la Lazio e me lo trovai nello spogliatoio che piangeva in un angolo, le lacrime facevano capire che ci teneva tremendamente a far bene. A Roberto ti affezioni anche per come vive il calcio, la partita, i momenti. Diventa difetto, l’emozionalità, quando prevale sul resto, proprio questo aspetto del carattere lo spinse a dire che a fine stagione se ne sarebbe andato". Hai appoggiato il progetto Interspac?
"Ho apprezzato le intenzioni, hanno avuto molto coraggio. Penso che in Italia quel genere di azionariato non sia praticabile, oltretutto i numeri che le società presentano oggi sono drammatici. In Germania si arriva a quote del 15, 20 per cento, ma con cifre accessibili e rischi limitati per i sottoscrittori… Mi fanno tanta tenerezza e simpatia i tifosi meno famosi disposti a mettere i mille euro".
E arriviamo alla Superlega.
"Presentata molto male, al punto che è il progetto è stato immediatamente cancellato. L’obiettivo dei club è quello di trovare il modo di portare a casa più soldi e posso anche capirlo, ma non si può sviluppare un piano del genere senza ascoltare la gente, gli appassionati e uscendo dal sistema".
I conti di Suning ti preoccupano?
"I problemi a monte finiscono per colpire a valle, le imprese. Il ragazzo (Zhang) è bravo e simpatico, sento ripetere che le cose si stanno pian piano aggiustando quantomeno sul piano della gestione ordinaria, voglio essere ottimista".
Il gesto dell’ombrello durante un derby. Per molti, rivolto a Ronaldo che aveva tradito.
"Ma lo feci dopo una punizione di Pirlo. Calciò fuori e reagii in quel modo. Era per Pirlo, non per Ronaldo. Ed eravamo sul 2-1".
L’Inter alla quale sei rimasto più legato è quella del Triplete?
"Offenderei chi ha vinto tutto, se ne indicassi un’altra. Quella di Ronaldo, Zamorano, Recoba e Djorkaeff, però, mi è rimasta nel cuore".
L’Inter-Juve che non potrai mai dimenticare?
"Inter-Juve per noi interisti è la partita, procura sofferenza, mi faceva star sveglio la notte. Ci pensi in continuazione, nella settimana che la precede. Come emotività e come simpatia".
Eri un presidente che viveva il calcio come un allenatore o un giocatore. Totalmente coinvolto.
"Il calcio, al di là della passione, era la distrazione da altri pensieri. Con il calcio i sogni vengono facili. Come quando compri un giocatore e immagini che segni il gol dell’anno dopo due secondi e mezzo, ti aspetti sempre nuove meraviglie. Ad ogni modo l’Inter-Juve indimenticabile è quella del 16 aprile 2010, 2-0, il gol di Maicon che fu definito iconico".
Pensavo che avresti risposto «quella del rigore non concesso da Ceccarini».
"La partita che ha guastato il rapporto".
Calciopoli ha fatto il resto.
"Calciopoli ha esasperato il concetto di simpatia. Oggi vivo quella partita con molta più serenità, meno passato e più presente, l’emozione è gestibile. Sono un tifoso meno sofferente… prima di entrare allo stadio".
Cosa sarebbe successo se ai tuoi tempi ci fosse stato il Var?
"Sarebbe stato uguale, perché dietro al Var ci sarebbe stata gente che la pensava allo stesso modo".
Mourinho lo senti ancora?
"Certamente, Mourinho è bravo e sono felice che sia alla Roma, dove sta facendo bene. Lo presi perché mi ricordava tanto Herrera, mi divertiva il fatto che come il Mago fosse diverso, provocatorio, abilissimo nel comunicare, molto intelligente. Oltre che eccezionalmente vincente". E Mancini? Il pregio.
"Il pregio potrebbe anche essere il difetto: l’emozionalità. Siamo sempre rimasti legati. Roberto era un ragazzo, conservava tutta l’emozionalità del giocatore. Perdemmo con la Lazio e me lo trovai nello spogliatoio che piangeva in un angolo, le lacrime facevano capire che ci teneva tremendamente a far bene. A Roberto ti affezioni anche per come vive il calcio, la partita, i momenti. Diventa difetto, l’emozionalità, quando prevale sul resto, proprio questo aspetto del carattere lo spinse a dire che a fine stagione se ne sarebbe andato". Hai appoggiato il progetto Interspac?
"Ho apprezzato le intenzioni, hanno avuto molto coraggio. Penso che in Italia quel genere di azionariato non sia praticabile, oltretutto i numeri che le società presentano oggi sono drammatici. In Germania si arriva a quote del 15, 20 per cento, ma con cifre accessibili e rischi limitati per i sottoscrittori… Mi fanno tanta tenerezza e simpatia i tifosi meno famosi disposti a mettere i mille euro".
E arriviamo alla Superlega.
"Presentata molto male, al punto che è il progetto è stato immediatamente cancellato. L’obiettivo dei club è quello di trovare il modo di portare a casa più soldi e posso anche capirlo, ma non si può sviluppare un piano del genere senza ascoltare la gente, gli appassionati e uscendo dal sistema".
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