Domani, da ex, Stefano Pioli incontrerà per la seconda volta in pochi mesi il suo passato interista. I nerazzurri al Franchi sono l'occasione per il tecnico emiliano di parlare del caldo novembre 2016 che lo portò alla guida della sua squadra del cuore dopo l'esonero di De Boer: "La storia del casting per allenare l’Inter fece effetto, ma guardate che lo fanno quasi tutti i club - spiega Pioli ai microfoni della Gazzetta dello Sport - Ti dicono che ci sei solo tu e poi scopri che non è vero, la differenza di Suning fu farlo alla luce del sole. Quando mi chiamò Ausilio ero a New York, avevo appena avuto la proposta di un altro club di cui non dirò mai il nome: atterrai a Milano, lui e Gardini vennero a casa mia a Parma — "Per noi due sei il candidato unico" — e due giorni dopo incontrai la proprietà cinese. Il colloquio di lavoro più lungo della mia carriera: due ore in uno studio legale, interminabili traduzioni cinese-inglese-italiano, ma uscii soddisfatto: "Hai detto quello in cui credi, più di così non potevi fare". Che ero in corsa con Marcelino e Zola lo seppi dalla tv, ma angustiarmi non serviva, tanto più che non si capiva bene di chi sarebbe stata la decisione finale. Nel tempo ho imparato bene una regola: mai perdere energie per cose che non puoi controllare".

Inter, qualcosa di folle: rimonta e crollo. 
"Un esonero ti ferisce se arriva per colpa di rapporti deteriorati o se ti lascia rimpianti. Per questo mi fece più male come finì alla Lazio - pentito di non aver capito certe dinamiche: così non incisi come avrei potuto - che all'Inter. Se ripenso all'Inter non ho rimpianti, né sassolini da togliere: rifarei tutto. So che quel crollo sembrò inspiegabile, ma non lo fu. Spendemmo tanto in una rincorsa folle, impossibile, e il ko con la Samp fu lo spillo che sgonfiò all'improvviso il nostro involucro di motivazioni. Venute a mancare quelle il buco si allargò finché il pareggio nel derby al 97' sgonfiò tutto. Ma oggi, anche a certi risultati e rinforzi, l'ambiente  è diverso da allora: comunque più solido, consapevole. E Spalletti è in panchina da luglio: un conto è iniziare una costruzione chiara da subito, un conto è subentrare". 

Parlando di Spalletti, Pioli spiega: "E' arrivato alla Pinetina nel suo punto più alto di allenatore, motivatore e comunicatore; anche se non gli invidia nulla pensando alla sfida di domani. Neppure Icardi, che pure "fa diventare palla gol ogni cross che gli arriva, come il mio ex compagno Batistuta". 

Sezione: In Primo Piano / Data: Gio 04 gennaio 2018 alle 10:30
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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