Vergognoso. Quello che è successo al Franchi di Firenze nel posticipo di domenica sera è stato vergognoso, non si può dire diversamente. L'Inter è stata derubata deliberatamente di 2 punti, che vanno ad aggiungersi ragionevolmente ai 3 del match di andata con il Parma: 5 punti che fanno tutta la differenza del mondo. E qui non parliamo di di sfumature, di interpretazioni, di dubbi. Qui parliamo di certezze assolute. Campionato falsato.

Senza l'ausilio del Var, l'Inter a Firenze avrebbe avuto un rigore in meno e un gol subito in più, dato che l'arbitro Abisso non aveva scorto live né il tocco di braccio di Edimilson né il fallo netto di Muriel su D'Ambrosio (Vecino contro la Juve fu espulso per molto meno: nemmeno giallo per il colombiano). E il Var ha provato a rimettere sulla retta via il fischietto palermitano pure sull'ultimissimo episodio, ma non c'è stato verso: rigore allucinante per la Fiorentina e 3-3 in archivio. Un delirio infinito. Ma d'altro canto Abisso è l'arbitro che non aveva visto neppure l'eclatante fallo di mano di Fofana in Inter-Udinese 1-0 (Santo Var) ed è pure quello che in Coppa Italia contro la Lazio non aveva dato rigore a Icardi (nonostante il richiamo del Var), che aveva espulso Asamoah (poi tramutato in un giallo grazie al Var) e che al 120' aveva dato fallo fuori area su D'Ambrosio invece del rigore (anche qui Var in soccorso).

Una tendenza che fa specie e che non riguarda solo lui. Da quando la Var è arrivata in Italia, ci si ricorda soltanto di due e due sole decisioni arbitrali (quindi non con gli assistenti di mezzo) prese sul campo "a favore" dell'Inter e poi ribaltate con la revisione video. È la chiamata Var in occasione del rigore concesso per tocco in realtà di spalla di Milinkovic-Savic in Lazio-Inter (ultima giornata della passata stagione) e il gol di D'Ambrosio al Tardini  (rete poi non convalidata per un tocco di braccio). Per il resto, statistica clamorosa: nelle gare dell'Inter, il Var è sempre intervenuto per correggere una decisione live presa dall'arbitro "a sfavore" dei nerazzurri e mai il contrario. Parliamo di qualcosa simile al 99% in 63 partite di campionato. Evidentemente, il fischietto pesa di più con certe maglie. Provate a pensare se non ci fosse stato il Var in quest'ultimo anno e mezzo...

Fa rabbia, perché davvero la frustrazione raggiunge i massimi livelli. L'Inter, di fatto, aveva sbancato Firenze e risposto alle vittorie di Milan e Roma come in tanti chiedevano di fare, quasi 'gufando' i nerazzurri. Invece, nonostante un avvio tremebondo, la squadra di Spalletti aveva rimesso in piedi una partita difficilissima, andando sul 3-1. Quello che poi è accaduto non ha nulla a che vedere con lo sport, ma solo con l'incompetenza di un arbitro troppo scarso anche per i campionati amatoriali. Come sia arrivato in Serie A rimane un mistero. 

Cosa resta? Resta la rabbia per due punti scientemente sottratti alla classifica. Ma resta anche qualcos'altro su cui dover riflettere. Non è possibile che un club come l'Inter non pensi una strategia comunicativa e mandi sistematicamente in avanscoperta il proprio allenatore in un post-partita come quello del Franchi. In questi casi, bisogna concertare immediatamente una linea da tenere e mandare a parlare davanti alle tv qualcuno preposto che non sia né l'allenatore né un giocatore. Serve la voce del club, forte e chiara. Conosciamo il mondo del calcio italiano, sappiamo quanto sia fondamentale la comunicazione e quanto essa possa essere manipolata da chi poi ne modella l'agenda setting. Casi come il mani di Dimarco e il rigore di petto di D'Ambrosio sono episodi inaccettabili in regime di Var: due abbagli abnormi capitati nello stesso campionato contro la stessa squadra. Follia. Spalletti, sotto questo aspetto, non è e non può essere Mourinho. E infatti la gestione delle interviste non ha restituito né il giusto peso dialettico né l'adeguato sdegno per i fatti del Franchi. Urge, da parte dell'Inter, una presa di consapevolezza di queste continue mancanze a livello comunicativo. Perché i risultati del campo nascono anche da lì, da questi dettagli. Dal trarre il meglio anche da situazioni del genere. José da Setubal era un maestro in queste occasioni, non a caso l'Inter andò a vincere a Udine con Thiago Motta difensore centrale dopo lo scempio di Tagliavento con la Sampdoria nel famigerato "match delle manette". Ma non si può chiedere a Spalletti di essere ciò che non è, occorre una programmazione a monte perché gli attacchi sono continui e arrivano da tutte le parti, non solo da Abisso. Porre l'altra guancia non è un'opzione. È ora di capirlo.

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Sezione: Editoriale / Data: Mar 26 febbraio 2019 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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