Le considerazioni di Claudio Lotito sono legittime, perché sono sue, e sono figlie di una certa visione del mondo e dello sport. Ma sono anche, per chi scrive e le commenta, l'opportunismo che prende forma, la cosa più sbagliata detta nel momento peggiore. Lotito ritiene "indispensabile" far ripartire il campionato sottolineando come il calcio paghi 1,2 miliardi di euro di tasse aggiungendo, non contento, che "nel momento in cui eravamo in una condizione particolare, fisica, mentale e di gruppo, il campionato è stato interrotto". Il campionato è stato interrotto (tra l'altro con notevole ritardo) perché l'umanità si è ritrovata a vivere uno dei suoi momenti più complicati, con buona pace della condizione di chi stava giocando un torneo sportivo.

Separando opportunamente l'enorme lavoro fatto da Simone Inzaghi e i meriti sportivi di una Lazio che da anni gioca un calcio riconoscibile, divertente e travolgente, le parole del presidente sono di una bassezza e di una piccolezza che va ben oltre l'imbarazzante. Lo abbiamo capito tutti perché preme per continuare un campionato privo di senso: perché la sua squadra lo può vincere. E aggiungo: potrebbe persino meritarlo. Ma non così, davvero.

Come si festeggia una vittoria, un tricolore, una coppa sul dolore e sull'angoscia? Come si possono mettere i propri interessi davanti a quelli di milioni di persone? Perché caro Lotito se il calcio italiano paga 1,2 milioni di tasse, un ristoratore o un barista ne pagherà molte meno ma sicuramente sempre troppe per poter continuare a campare e tenere aperti locali e attività che vedranno probabilmente dimezzati clienti, e quindi introiti, a fronte di spese che invece rimarranno sempre le stesse, di bollette che nessuno sconta e dipendenti che non si vorrebbe e dovrebbe licenziare. Per l'ennesima volta: è una questione di priorità, di buonsenso e non solo di capire chi paga di più, chi vale più punti di Pil e chi attira di più l'interesse delle persone.

La scelta del calcio di fermarsi non dovrebbe seguire delle linee economiche e nemmeno tecnico-scientifiche: dovrebbe seguire delle linee morali e sociali, prima ancora che ad esprimersi siano il governo e gli scienziati di turno. Tra l'altro nelle ultime ore emergono divergenze tra le proposte della Figc e i medici sportivi, con questi ultimi niente affatto convinti e sicuri che una ripartenza sia davvero possibile.

Ripartenza che non sarebbe in sicurezza e non sarebbe nemmeno opportuna. Lotito, ancora lui, ha terminato le sue considerazioni anche peggio di come le aveva iniziate: secondo lui, infatti, bisogna giocare "perché il calcio ha una grandissima valenza sociale ed è anche la storia di noi romani, "Panem et Circenses", citando l'espressione latina usata nell'antica Roma per riferirsi alle aspirazioni della plebe. Locuzione che, in generale, si riferisce a strategie politiche e demagogiche di cui, in questo preciso momento storico, nessuno sente il bisogno e per cui, anzi, tutti dovrebbero sentirsi offesi.

Date al popolo "Pane e spettacoli" e si metterà tranquillo senza pretendere altro: un'offesa all'intelligenza contemporanea ma anche una mancanza di rispetto per il momento che stiamo attraversando e dal quale usciremo con grandi sacrifici per tutti. Ci servirà ben altro che lo spettacolo del calcio per ripartire e distrarre il popolo non è certo necessario, anzi. Gli italiani meritano ben di più di una partita da vedere sul divano davanti alla tv: nei prossimi mesi vivranno grandi sfide sulla propria pelle e per il proprio futuro. Sicuri che le ambizioni di una squadra di calcio possano risultare così importanti? No, grazie.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 26 aprile 2020 alle 00:00
Autore: Giulia Bassi / Twitter: @giulay85
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