Ho aspettato per dirlo con i crismi dell'ufficialità, ma adesso non si può far più niente per evitarlo: l'Inter è in crisi. Gli ultimi risultati condannano Rafa Benitez aldilà delle tantissime scusanti che potrebbero essere valide in una simile situazione – gli infortuni su tutte – ma c’è qualcosa di più nel gruppo campione d’Europa ormai finito allo sbaraglio più totale. Chiunque scenda in campo, dai campioni più titolati all’ultimo ragazzino lanciato nella mischia per mancanza di alternative, pare spompato e senza cattiveria. L’errore iniziale però è stato forse quello del presidente Massimo Moratti, che ha scelto il lord Rafael da Madrid per cambiare completamente tendenza dopo l’era José Mourinho, decisamente irripetibile. Si è deciso di puntare su un’Inter più bella e meno rozza, più spagnola e meno italiana, ma il progetto è clamorosamente fallito. Con Benitez stiamo vedendo sin dalla prima partita una squadra che non sa più lottare, non ha più la fame di una volta: l’idea di Moratti poteva anche essere accettabile, ma Benitez – grandissimo conoscitore di tattica – era l’uomo meno adatto per far rinascere la squadra che veniva da fasti eccellenti. Non intendo dire che Rafa non abbia il carattere, ma che lo spagnolo era già in principio poco adatto a raccogliere l’eredità di uno come lo Special One e proprio per questo non gli vanno date tutte le colpe di una catastrofe sportiva. Il lord si è trovato così in una gabbia di leoni già con la pancia piena, che per essere risvegliati avevano solo bisogno non di una nuova identità – perché consapevoli che quella precedente aveva regalato fiumi di vittorie – ma di un uomo che sapesse dare loro nuova carne, e quindi nuovi stimoli, per poter spremere ancora un gruppo comunque destinato a durare ancora non per molti anni.
Adesso l’Inter ha bisogno di cambiare. Prendere un altro tattico come potrebbe essere un Luciano Spalletti rischierebbe di essere lo stesso errore ripetuto due volte, ed è per questo che in società si stanno muovendo con cautela. Per sostituire Benitez serve un uomo cattivo, che sotto 2-0 a Verona sappia tirare fuori anche l’ultima goccia di sudore che c’è nell’interno di ogni campione. Questa – ad esempio – non è una caratteristica che Benitez ha nel proprio modo di fare, ma non gliene va fatta una colpa. Provo un enorme dispiacere nel criticare così Rafa, che è una persona fantastica la quale si è ritrovata in un calcio che decisamente non fa per lui, però l’Inter ha bisogno di altro. Lo affermai in diverse occasioni, il problema è sempre stato di mentalità, anche quando si vinceva: tutti ora tendono a ricordare il pareggio-beffa col Lecce, per colpa di un’Inter molle e deconcentrata che – lasciatemelo dire – con Mourinho non sarebbe mai potuta esistere. Però già a Cagliari accadde qualcosa di simile, quando alla fine arrivò un 1-0 ma Conti si divorò un gol a due centimetri dalla linea di porta e Julio Cesar disinnescò l’impossibile. Insomma, gli episodi sono tanti e il derby ne è stato il riassunto più evidente.
Oggi a Verona è arrivato l’esempio lampante: non si può parlare di ‘bella reazione’, con tutto il rispetto per le parole di Benitez, ed è qui che potete notare la differenza con Mourinho. José dopo un 2-1 a Verona, preceduto da una sconfitta nel derby e due pareggi con due neopromosse, si sarebbe fatto sentire in maniera totalmente differente, prima di tutto in campo, poi nello spogliatoio. Per ripartire dopo un’era come quella del portoghese serviva un tecnico affamato, magari giovane, voglioso di mettersi allo stesso livello dei giocatori e di zittire l’Italia intera dicendo che questo gruppo poteva battere Ibrahimovic e non aveva la pancia piena. Un Sinisa Mihajlovic avrebbe fatto al caso nostro – e non si dica che sta facendo male a Firenze, perché sarebbe stata una situazione completamente differente all’Inter – ma le scelte della società vanno sempre rispettate. Un errore ci può stare, la scelta è stata sbagliata, però ora bisogna dimostrare di essere coraggiosi tanto da sapersi correggere da soli.
Servirà una scelta oculata, e già arrivare fino alla partita con il Twente può rivelarsi un errore fatale. Una vittoria-contentino contro gli olandesi potrebbe essere un arma a doppio taglio, perché qui c’è davvero bisogno di una svolta. Il nervosismo per questa situazione di impotenza assoluta – determinata anche da un gioco straziante – si sta manifestando anche in campo: l’esasperazione della testata di Eto’o è l’esempio lampante di un disastro mentale, tecnico e tattico da correggere al più presto. La pazza idea Simeone potrebbe essere una scommessa totale di un uomo forte, grintoso e già vincente in Argentina. Ma adesso sta alla società prendere una decisione: non possiamo fare altro che stare a vedere e rimpiangere la grinta, la voglia, la rabbia dell’Inter che è stata. Chiudo con la speranza di poter mandare in fiamme questo mio articolo, e di vedere le mie certezze bruciate da un 4-0 al Twente e un’infilata incredibile di risultati positivi: nulla è impossibile, ma adesso forse sì…
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