Che per Stefan de Vrij la trasferta all'Olimpico sarebbe stata emotivamente pregna di contenuti non era difficile immaginarlo. Non a caso, tra le domande poste a Luciano Spalletti durante la conferenza pre-partita ce n'è stata una proprio in merito alle condizioni psicologiche del difensore olandese, che dopo tre anni in maglia biancoceleste ha deciso di sposare il progetto nerazzurro, lasciando la Capitale a parametro zero e scatenando le ire dei tifosi laziali. A questo si è aggiunto il fallo da rigore su Mauro Icardi che il 20 maggio scorso ha permesso all'Inter di tornare in partita nello spareggio Champions e che in molti gli hanno rinfacciato e tutt'ora gli rinfacciano. Insomma, le perplessità sullo stato emotivo di De Vrij nella partita contro la Lazio e sulla sua reazione alla valanga di fischi che lo attendevano erano più che legittime. Nonostante ciò, l'allenatore il giorno prima aveva così esposto il proprio punto di vista: "Lo vedo come lo vedete voi. De Vrij è facile da analizzare, non ci vuole lo psicologo. E' trasparente, chiaro, pulito. Una persona incredibile per quello che è l'entusiasmo e la qualità della persona. Si allena benissimo, è un calciatore forte. E' serenissimo perché ce l'ha stampato in faccia". Parole al miele per uno dei migliori nerazzurri in questa prima fase di stagione, che lasciavano intendere un suo impiego a dispetto del contesto avverso e in virtù del riposo contro il Barcellona cinque giorni prima.

Invece, a sorpresa, il classe '92 di Ouderkerk aan den IJssel è rimasto in panchina, lasciando il posto a Milan Skriniar e Joao Miranda ed evitando così di diventare bersaglio facile per oltre 90 minuti di partita. Una decisione che Spalletti probabilmente aveva maturato da giorni e della quale aveva informato l'ex di turno, spiegata così nel dopo gara: "Per me non c'era bisogno oggi di metterlo nella condizione di essere fischiato da tutto lo stadio, vista anche l'emotività del ragazzo. Dopo aver sbagliato due palloni poteva andare a finire in uno stato d'animo non ottimale". In altre parole, il tecnico di Certaldo si è preso un rischio che lo scorso 20 maggio, in una situazione ambientale simile anche se per ragioni diverse, Simone Inzaghi preferì evitare dando una maglia da titolare a De Vrij, che consapevole dell'importanza della gara e del suo conflitto di interessi personale aveva chiesto di non indossare.

Ovviamente, non si tratta solo di una questione di coraggio: oggi Spalletti ha quello che all'epoca Inzaghi non aveva, ossia una o più valide alternative. Rinunciare a un giocatore prezioso e affidabile come l'olandese non è mai facile, ma avendo a disposizione Joao Miranda e in seconda battuta Andrea Ranocchia la scelta è stata più semplice. Cinque mesi fa, invece, l'allenatore della Lazio non poteva permettersi di lasciar fuori il suo difensore migliore e lo schierò correndo il rischio di uno stato d'animo tutt'altro che compatibile con il valore della gara. La differenza sta proprio nella profondità della rosa, che permette a Spalletti di alternare i tre centrali potenzialmente titolari e di non caricarli di un eccessivo minutaggio o, come in questo caso, di non mettere alla prova il loro stato emotivo. Perché, non è un mistero, è la testa che guida le gambe dentro e fuori dal campo.

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Sezione: In Primo Piano / Data: Mar 30 ottobre 2018 alle 20:20
Autore: Redazione FcInterNews.it / Twitter: @Fcinternewsit
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