Partiamo dalla notizia principale: l'Inter vola alle semifinali di Tim Cup, a quattro anni dall'ultima disputata, un ricordo agrodolce perché richiama alla mente la clamorosa rimonta ai danni della Juventus e la successiva eliminazione ai rigori. Da allora solo delusioni ai quarti di finale, uno scoglio che sembrava quasi stregato per le aspirazioni nerazzurre nel torneo. Ma questa è una stagione diversa, ce ne siamo accorti tutti. E anche in un periodo di appannamento la squadra riesce ad avere la meglio di una Fiorentina in salute e giunta al Meazza con tutte le intenzioni di replicare il sorprendente successo ai danni dell'Atalanta nel turno antecedente. Il 2-1 finale starebbe anche stretto all'Inter, che paradossalmente, dopo aver rispettato il canovaccio delle ultime settimane (vantaggio nel primo tempo e pareggio frutto di disattenzione), rischia persino di soccombere poco prima di trovare il secondo gol. Bravissimo Handanovic a tu per tu con Vlahovic, che già pregustava la seconda sberla in senso figurato al portiere sloveno. La prodezza di Barella (in quanti hanno ripensato alla rete di Cambiasso contro il Chelsea nel 2010?), oltre a essere un giusto premio per il migliore in campo, strepitoso nella posizione più arretrata di mediano, è un toccasana contro le streghe che stavano iniziando a svolazzare nel cielo sopra il Meazza. 

Per la prima volta Conte propone il 3-4-1-2, tagliato idealmente su misura per Eriksen, ma lo fa arretrando Sanchez in posizione di trequartista. Un vero e proprio esperimento (dettato dalla moria a centrocampo, giusto sottolineare) che nel primo tempo non ha pagato molto, perché il cileno faceva fatica a dare linee di passaggio tra le maglie avversarie e tendeva a giocare troppo spalle alla porta. Grande spirito di sacrificio e forza di volontà, risultati non esaltanti. Nonostante ciò, è molto interessante questo adattamento tattico dell'allenatore salentino, che oltre a proporre tre dei quattro attaccanti a disposizione ha restituito dignità a Vecino dopo le recenti mancate convocazioni e rinunciato a dare un turno di riposo a Lukaku, che con Lautaro out per squalifica nei prossimi due impegni di campionato dovrà tirare la carretta più del solito. Conferma della volontà di portare a casa la vittoria in una competizione storicamente snobbata e abusata per applicare turn over. Non si molla nulla, ed era ora. 

Altro spunto interessante, il fatto che per la prima volta siano scesi in campo contemporaneamente tutti i nuovi acquisti invernali, a partire dall'ormai rodato Young (molto bene), fino ai minuti significativi nella ripresa di Moses e soprattutto Eriksen, acclamato come un eroe nazionale dai 50 mila del Meazza, che da anni sognavano di poter salutare un campione di questo livello. Ha giocato al piccolo trotto il danese, quasi a voler entrare in punta di piedi nella sua nuova casa senza dare troppo fastidio, sintomo di un carattere molto equilibrato e mite che però diventa sfrontato quando a parlare è il campo. Ottimo senso del posizionamento, più mezzala che trequartista e un paio di intuizioni che avrebbero meritato miglior sorte. E, aspetto non da poco, subito amuleto per l'Inter che pochi secondi dopo il suo ingresso in campo trova il secondo gol, decisivo ai fini della qualificazione. Ci sarà modo per apprezzarlo, intanto per chi ancora non ci credeva nonostante annuncio ufficiale e video di IMH, vederlo sul rettangolo di gioco con la maglia nerazzurra è valso come la madre di tutte le conferme. Benvenuto nella Scala del Calcio, Christian.

Sezione: Editoriale / Data: Gio 30 gennaio 2020 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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