Difesa d'ufficio di Andrea Di Caro sulla Gazzetta dello Sport, che risponde alle accuse lanciate ieri da Mauro Icardi al quotidiano rosa. "Il fastidio del club non lo hanno inventato la Gazzetta e altri media, è reale come quello per il ritardo di Icardi dalle vacanze, che ha portato a una multa di 100mila euro - si legge sulla rosea -. Nel frattempo Wanda è tornata a parlare di «rinnovo lontano e altre squadre su Mauro», cosa che ha fatto salire nuovamente la temperatura all'interno della società tanto da voler chiarire nell'incontro per il rinnovo che sarebbe meglio se Wanda gestisse questo affare lasciando per un po' le luci della ribalta che tanto ama. Non un «aut aut», sempre rischioso, ma un'occasione per spiegare come l'Inter vuole impostare il futuro con il suo giocatore più importante. Averlo scritto ha portato Icardi ieri sulle stories di Instagram a definire «cagate» l'articolo dalla Gazzetta; a rimarcare che Wanda curerà sempre i suoi interessi; a spiegare ai tifosi che ancora non ha ricevuto un'offerta concreta. Sugli ultimi due punti, nulla da dire. Sul primo ovviamente sì: al di là dei termini coloriti per smontare una versione che invece confermiamo, forse il vero problema non è cosa pensi Icardi di un nostro articolo, ma che Icardi non abbia capito cosa pensa l'Inter e cosa pretende da lui. Le parole distensive di Zhang ieri mostrano la volontà di stemperare le tensioni e di raggiungere un accordo che il club vuole fortemente. Perché Icardi non è solo un asset economico della società. E' anche l'uomo dei cento gol che fa sognare i ragazzini. E può diventare più di un grandissimo attaccante nel solco di Ronaldo, Vieri, Milito. Ma per riuscirci deve capire cosa ancora gli manca. Che Mauro sia un enorme talento non c'è dubbio, per definirlo un fuoriclasse servono ancora tempo e prove. Ma la dizione Campione si applica a chi unisce al talento i giusti comportamenti, l'estrema professionalità, la serietà, l'esempio in campo e nello spogliatoio, mette il bene della squadra davanti a tutto e sa pesare le proprie uscite e, nell'era dei calciatori-azienda, anche di chi lo gestisce. Sono tutte qualità che un tempo portavano a ricevere la fascia di capitano. Che non è solo un prestigioso pezzo di stoffa, ma un simbolo di appartenenza: chi la indossa rappresenta l'immagine del club, ne è l'emblema più visibile, viene ascoltato dai compagni e può riprenderli se sbagliano. Nella storia nerazzurra viene ricordata al braccio di Picchi, Mazzola, Facchetti, Bergomi, Zanetti. Uomini che amavano l'Inter e mai l'avrebbero messa in imbarazzo. Spetta solo a Icardi fare in modo che un giorno sia associata con lo stesso orgoglio al suo nome".

Sezione: Rassegna / Data: Ven 11 gennaio 2019 alle 09:05 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
vedi letture
Print