Come ogni volta che Gian Piero Gasperini incrocia l'Inter, anche stavolta piovono interviste su presunti "rancori" e presunte "vendette". L'allenatore di Grugliasco sgombera il campo da equivoci: "Chi è felice non cerca vendette. Io all’Atalanta sono felice", dice Gasp.
Lasciò l’Inter con un herpes al labbro, spia di un logoramento anche fisico.
"Un’esperienza durissima. Critiche offensive, violente. Fiorello era un mio idolo, negli sketch mi faceva passare per un mezzo intossicato che non conosceva Pazzini e non capiva niente. Quello che avevo fatto prima non contava più. Sembrava che fosse arrivato uno scemo. Non avevo mai fatto un’amichevole con la squadra al completo e mi concessero solo 3 partite di campionato. Tre. Ho dovuto ricostruire da capo la mia credibilità. Ci sono riuscito al Genoa che ho portato in Europa. Partita chiave con l’Inter, uno spareggio: gol decisivo di Kucka a 2’ dal termine. Meraviglioso".
Se domenica incrocia Moratti, glielo fa notare che il Barcellona mercoledì aveva la difesa a 3?
"Anche Conte in questi anni qualcosa ha vinto con la difesa a 3. L’ha usata Guardiola e ora perfino l’Inter. Allora era un tabù pazzesco, anche per il Milan. Squadre prigioniere della propria storia. Che delusione per l’idea che avevo di Milano, città dinamica, all’avanguardia. Il calcio è sempre studio, ricerca, dopo 5 anni il nuovo è già vecchio".
Più problema di uomini o di tempo? Alla lunga l’avrebbe convinto un Cambiasso a difendere attaccando e a non scappare sempre?
"No, perché serviva alle spalle una proprietà convinta delle mie idee e pronta a difenderle".
Con Percassi magari sarebbero arrivati giovani da educare al nuovo e non Zarate e Forlan.
"So solo che quasi tutti quelli che avevo non hanno più fatto molto ad alto livello: Lucio, Chivu, Stankovic, Sneijder, Eto’o, Cambiasso...".
Vero che stavate trattando Vidal e Nainggolan che non fu considerato da Inter?
"Basta. Fermiamoci qua. Inutile entrare nelle pieghe. Conta l’idea generale: ho sbagliato io ad andare in una società che non mi ha voluto con forza, che non mi considerava e che di conseguenza non poteva proteggermi. E’ un errore che non rifarò mai più. Io e l’Inter non c’entravamo nulla. Eravamo due filosofie agli antipodi".
Contro il Trabzonspor, poco prima dell’esonero, lei abiurò: difesa a 4 e rombo.
"Per la prima e ultima volta in vita mia rinunciai alle mie idee. Sbagliai. Ci ho ripensato quando a inizio stagione, nel momento più critico, contro il Napoli, ho puntato sui giovani e sulle mie idee. Se devo morire, muoio con coerenza. Si può anche dire che quest’Atalanta è nata anche grazie all’esperienza negativa all’Inter. Tutto serve".
Quando si è accorto che Gagliardini aveva qualcosa di speciale?
"Quand’era al Cesena. Conservo ancora una relazione su di lui. Lo volevo al Genoa. Fisicità e tecnica: non potevi non notarlo. Ma faceva una fase sola, non difendeva, si compiaceva un po’ troppo da trequartista. Ma quest’estate ho imposto il veto: non parte, anche se abbiamo tanti centrocampisti. Ci lavoro. A Cagliari, sotto di 3 gol, dopo il primo tempo peggiore della stagione, entrò e fece bene. Capii che era pronto".
Che duello sarà con Kessié?
"Un gran duello. Caricherò Frank dicendogli: Milano è tappezzata dai cartelloni di Gagliardini, se tu vai in Duomo non ti riconoscono neppure. Ma glielo dirò solo alla vigilia, se lo carico troppo in anticipo è un rischio con la forza che ha... Mi dicono che quando passa dai corridoi di Zingonia e vuole salutare qualcuno oltre la vetrata dell’ufficio, appoggia la fronte sul vetro e trema il palazzo".
Se Kondogbia vale 40 milioni, Kessié?
"Non lo so. Ma come valore di campo Franck non è inferiore. Non li scambio alla pari".
Nel complesso però l’Inter è più potente. Teme che possa finire come con la Juve allo Stadium?
"Dopo quella partita siamo cresciuti. Siamo tornati allo Stadium in Coppa Italia e abbiamo fatto bene. Abbiamo battuto il Napoli al San Paolo. Stiamo seguendo un percorso di maturazione. Di sicuro San Siro sarà un altro esame".
Soprattutto per Conti e Spinazzola, contro esterni come Perisic e Candreva.
"Hanno superato quello con Callejon, Mertens e Insigne che non era da meno".
Pioli ha perso una partita dopo mille vinte ed è finito nel frullatore. Si rivede in lui?
"No. Mondi diversi. La sua Inter sta crescendo, la mia era al tramonto. Pioli non merita etichette riduttive. Non è un allenatore da grande squadra? Quale grande allenatore lo era fin dall’inizio? Stefano ha fatto sempre bene e sta seguendo un percorso di crescita. Mi aspetto che resti".
Cos’ha in più l’Inter?
"La qualità nel tiro decisivo. Icardi, Perisic, Candreva, Joao Mario, Banega è gente che quando arriva in zona ha la stoccata per fare gol. Perfino Gaglia ora... A noi quella qualità manca. Ma siamo pronti per una grande partita. Non arriviamo a fari spenti. Ci aspettano. Non è più il solito Inter-Atalanta del passato, grande contro piccola. Questa è una storia nuova".
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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