Gli ultimi frame sono stati quelli più emozionanti, quelli che rimarranno impressi nella mente di ogni tifoso. Perché forse non potevano rappresentare meglio quei tratti che fanno l’essenza del sostenitore vero. E poco importa che tu sia il presidente dell’Inter, e che venga da un Paese lontano, dall’altra parte del mondo praticamente: perché in quel momento Erick Thohir è diventato, forse lo è sempre stato al di là delle dichiarazioni di rito, un tifoso vero, e non ha voluto negare le proprie emozioni di fronte agli occhi di tutto il mondo. Lui che già il giorno del derby Primavera aveva gioito al secondo gol nerazzurro, poco più di 24 ore dopo ha superato se stesso: sereno di fronte alle chance sprecate dal Milan, poi adirato con Mazzoleni che non vede il rigore solare di Zapata su Palacio. Fino al momento dell’esplosione, della gioia incontenibile, dell’abbraccio con Mao Moratti: il Trenza ha appena uccellato Abbiati, lui balza dalla poltrona urlando e saltando con un entusiasmo forse mai mostrato dallo stesso Moratti senior; un boato da tifoso vero, in barba all’aplomb presidenziale e a tutte le convenzioni. E infine, le mani giunte in preghiera e gli occhi al cielo, quasi come un bambino che sotto Natale spera di vedere sotto l’albero il regalo più ambito.
Il suo desiderio, alla fine, è stato esaudito: l’Inter ha portato a casa il derby, ed Erick Thohir ha potuto chiudere alla grande il suo 2013, anno del quale è stato indubbiamente un grande protagonista, e non parliamo solo del mondo del calcio. La sua parabola italiana è diventata non solo un fenomeno sportivo, ma anche sociale, per diversi motivi: per l’ingresso in uno scenario a lui inedito, per l’arrivo da un mondo che nemmeno troppo tempo fa appariva come misterioso ai più, e che invece abbiamo scoperto cullare grandi magnati pronti a irrompere sulla scena internazionale, per la curiosità suscitata dal personaggio in sé, un perfetto carneade diventato nello spazio di pochi mesi uno degli uomini più in vista, chiacchierati, studiati d’Italia e non solo. Erick Thohir ha tracciato sin da subito, e in tempi relativamente brevi, il solco per una nuova era, per l’Inter e per il nostro pallone, e magari anche per una modifica del costume legato al calcio italiano, fin qui impermeabile o quasi ai capitali dei grandi investitori di oltreconfine.
Il 43enne re dei media indonesiani uomo dell’anno in Italia? Forse d’Italia è un po’ eccessivo, ma del mondo Inter indubbiamente sì, e per distacco nettissimo. Anche perché ha impiegato meno di un anno per imporsi sul palcoscenico. La prima volta che il nome di Thohir è entrato in orbita Inter, infatti, risale ai primi giorni del mese di maggio: era un’Inter che si trascinava verso la fine di un’annata disastrosa, e dove sul fronte societario si registrò il flop della trattativa coi cinesi annunciata e poi evaporata. Erano i giorni in cui si rincorrevano le voci sulla volontà di Massimo Moratti di cedere una quota minoritaria del club, fin quando non è arrivato proprio Thohir, che dal basket indonesiano e dalla Major League Soccer ha voluto cogliere l’occasione di fare il grande salto nel calcio europeo acquistando il club del quale ha seguito con passione le vicende sin da ragazzino. E non con una semplice quota di minoranza, ma volendo sin da subito prendere in mano le redini del club.
Da quel giorno in poi, si è dipanata la telenovela che bene o male siamo riusciti a raccontarvi per intero nei suoi dettagli: una trattativa che più volte è stata data per fatta ma che poi alla fine così non è stato almeno fino a ottobre, fatta di dichiarazioni, blitz a Milano, incontri, anche momenti di tensione per via di alcune incomprensioni, un’estate e poi un autunno coi tifosi tenuti sulle spine in attesa che arrivasse la fatidica fumata bianca. Giunta quasi all’improvviso, un dì di metà ottobre, quando Massimo Moratti, davanti alla sede, ha annunciato che la firma c’era e la storia era ufficialmente riscritta. Poi sono giunte le prime dichiarazioni di Thohir, che rivela le intenzioni per la sua nuova società e al tempo stesso svela la simpatia per Nicola Ventola, che scambia messaggi continui con Moratti durante le partite e regala ad Allen Iverson, leggenda dei Philadelphia 76ers, squadra Nba della quale è azionista, una maglia dell’Inter col numero 3, numero sacro per entrambe le fazioni in causa essendo stato quello di The Answer e di Giacinto Facchetti.
Poi, la presentazione, e la prima volta allo stadio. Che purtroppo si risolverà con una gioia strozzata in gola per il gol di Renan che consente alla Sampdoria di strappare un pari a San Siro. Arriva alla presidenza in un momento dove l’Inter non riesce a vincere, e dubbi e ironie sul suo conto cominciano a farsi grevi. Fino all’ultima gara, alla grande gioia per aver portato a casa il suo primo derby da presidente, chiudendo così nel migliore dei modi l’anno che lo ha visto protagonista.
Thohir mette in archivio il 2013, ma sarà subito chiamato ad un 2014 dove dare segnali importanti: perché con l’arrivo dell’anno nuovo si aprirà anche la finestra invernale del calciomercato, mai come quest’anno attesa dai tifosi come il momento della verità. Perché anche lo stesso presidente ha avuto modo di vedere che questa rosa, se vuole rilanciare sul tavolo della Champions League ha comunque bisogno di qualche innesto importante. I sostenitori attendono e sognano, anche se lo stesso Thohir ha gettato subito acqua sul fuoco spiegando che comprare tanto per comprare è inutile se non dannoso e bisognerà fare le giuste valutazioni in merito. Discorso giustissimo, l’importante è che se qualcuno arriverà, questi possa rappresentare un valore aggiunto, evitando di ricalcare gli errori del gennaio 2013. Quello del mercato sarà il suo primo banco di prova importante, perché è vero che il suo obiettivo è quello di rilanciare il brand Inter su scala globale, ma farlo partendo da un ritorno in Champions League, coi benefici economici che ne conseguono, è una buona base…
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