E che festa sia: Erick Thohir non vuole lasciare nemmeno al caso nemmeno in occasione della sua prima presenza a San Siro. Quest’oggi, contro la Sampdoria dell’ex Sinisa Mihajlovic, il nuovo presidente dell’Inter vedrà il suo battesimo sul campo, a fianco del presidente uscente Massimo Moratti, con l’annunciato benvenuto da parte anche della Curva Nord pronta a salutare il suo arrivo con un mega-striscione. Non ha voluto farsi mancare nulla, Thohir, che in occasione di questo primo appuntamento ha voluto anche organizzare qualcosa di speciale, una mega-rimpatriata di ex giocatori nerazzurri da portare tutti insieme allo stadio per celebrare questo giorno importante, per lui come per tutta l’Inter. La macchina si è messa in moto nei giorni scorsi e ha ottenuto risultati importanti, visto che gli ex giocatori che hanno risposto all’appello sono stati 50.
L’elenco è un piacevole mosaico di volti, storie, ricordi, recenti e passati; una rosa imponente che attraversa da sola oltre 40 anni di storia nerazzurra, e che annovera elementi di militanza di lungo corso (non Mario, che comunque c’è) di Giuseppe Bergomi, che annovera 765 gettoni in nerazzurro, o come la mitica ‘roccia’ Tarcisio Burgnich, e figure che in nerazzurro hanno scritto le pagine più importanti della loro storia calcistica, Evaristo Beccalossi e Sandro Mazzola su tutti ma anche Gianfranco Bedin, Aristide Guarneri, Mauro Bellugi o Giuseppe Baresi. Oppure simboli delle epoche più recenti dell’ultracentenario mito della Beneamata, come ad esempio i tre portieroni Walter Zenga, Gianluca Pagliuca e Francesco Toldo; Nicola Berti, ancora oggi beniamino indiscusso della folla; fino ai nerazzurri più recenti, da Marco Materazzi a Luis Figo, passando per Dejan Stankovic e Ivan Ramiro Cordoba, gente che ha vissuto l’epopea degli ultimi anni.
L’evento però è nato aperto a tutti, anche a coloro che in nerazzurro hanno vantato esperienze brevi o poco fortunate. E in mezzo ai tanti campioni, si trovano anche nomi di giocatori che magari non hanno raccolto tante soddisfazioni ma che comunque un loro segno nella storia interista lo hanno lasciato a loro modo o di semplici gregari, lavoratori all’ombra delle stelle: i tifosi più giovani non dimenticheranno David Suazo, Zé Maria o Luigi Di Biagio, oggi ct dell’Under 21. Volendo andare a ritroso nel tempo, spiccano i nomi di Andrea Seno, a segno nel primo derby di Moratti presidente; dei ‘numeri 12’, portieri in seconda del calibro di Alberto Fontana, Fabrizio Ferron e del mitico, se non altro per il nome, Astutillo Malgioglio, guardiaspalle dell’Uomo Ragno Zenga. E poi Oliviero Garlini, Jorge Juary, Alessandro Bianchi, Carlo Muraro, Leonardo Occhipinti e scusate tanto se sto dimenticando qualcuno.
E poi, ci sono loro: coloro che hanno avuto il privilegio di indossare la maglia nerazzurra anche solo per poche partite, o meglio, per pochi minuti. I ‘Carneade chi è costui?’ di manzoniana memoria, i nomi che avranno fatto sgranare gli occhi a chi li ha letti perché costretti ad attivare qualche meccanismo del subconscio per ripristinare le loro reminescenze, se non addirittura qualche risolino ironico (magari eccessivo). Gli esempi non mancano: Roberto Dioni collezionò il suo unico gettone in prima squadra nel luglio ’72 in Coppa Italia contro il Torino; una sola presenza anche per Marco Monti, anche qui in Coppa Italia contro la Roma, per poi avere una dignitosa carriera nelle fila soprattutto di Lazio e Reggiana (oggi Monti è responsabile tecnico del progetto Inter Academy); e ancora meno recenti sono le apparizioni di Maurizio Grosselli (tre, tutte in Coppa Italia nella stagione 1976-77) e Gabriele Gualazzini (Padova-Inter, giugno 1967).
Ma tra questi nomi, ce n’è forse uno che simboleggia al meglio questa categoria ‘singolare’, il nome probabilmente più curioso: alzi la mano chi, anche tra i lettori più ‘stagionati’, si ricorda di Amerigo Paradiso? Sì, in questa parata di vecchie glorie ci sarà anche Amerigo Paradiso, nato a Milano il 22 marzo 1962, di professione attaccante. La sua esperienza in nerazzurro si riassume in poche righe, o meglio, in 21 minuti: sono quelli che Eugenio Bersellini gli concesse nel corso di una non indimenticabile partita contro il Brescia, che quell’anno retrocesse, il 12 aprile 1981, con l’Inter destinata ad abdicare dal ruolo di campione d’Italia, in un campionato che di lì a poco sarebbe stato segnato dal famigerato ‘gol di Turone’ nel match tra Juventus e Roma. Giovane sicuramente di belle speranze, ma la cui carriera si sviluppò soprattutto nelle minors italiane: dopo quella apparizione in nerazzurro, viaggiò tra Foggia, Reggio Emilia, Terni e Siena, per poi tornare fugacemente all’Inter prima di riprendere il suo giro d’Italia con tappe a Sanremo, Ferrara, Bergamo sponda Virescit Boccaleone, San Benedetto del Tronto, Siracusa, Avellino, Fidenza e Sassuolo, con 70 gol segnati tra Serie B e C. In Emilia si è poi fermato, dedicandosi all’allenamento dei giovani a Sassuolo prima e Modena poi (e sempre a Sassuolo, dove si è stabilito, gestisce anche una forneria nei pressi dello stadio Ricci).
La presenza di Paradiso è a suo modo emblematica: emblematica di un certo modo di vivere l’Inter, di essere l’Inter. Lui ha assaggiato solo per qualche minuto il mondo nerazzurro, eppure ha voluto esserci: lui come Gualazzini, Occhipinti, Dioni. Ed è giusto che la tifoseria nerazzurra quest’oggi applauda non solo i grandi nomi ma anche i meno conosciuti ai più. Perché anche loro, anzi soprattutto loro, rappresentano la way of life nerazzurra, uno stile che ti entra nelle vene per sempre, anche se lo respiri per soli 20 minuti…
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