L’Inter si è schiantata contro il peso dei propri sogni e, ora come ora, non c’è più. Della corazzata nerazzurra che “con otto gol faceva ventiquattro punti” non restano che le armature dei giocatori, con l’anima svuotata non si sa bene perché. La rabbia, l’intensità e l’agonismo che hanno caratterizzato la scalata in classifica dei primi mesi di Serie A sembrano irraggiungibili, tanto da arrendersi ad un onesto Milan, che fa il suo e stravince un derby in realtà straperso dai nerazzurri. Sì, è stata la squadra di Mancini a condannarsi: ha giocato in modo timido e poco cinico, scialacquando l’inverosimile, perdendosi in un bicchiere d’acqua. Hanno sbagliato tutti, ieri: dalla formazione schierata dal Mancio alle scelte dei giocatori sul campo; una grande Caporetto nerazzurra, un fragoroso schianto contro un iceberg tutto sommato di modeste dimensioni. E forse è per questo che fa più male. 

INSICUREZZE - L’analisi impietosa può diventare ancora più desolante se si osservano le prestazioni dei singoli. Al di là di Santon, buttato nella mischia dopo tre mesi e autore di una partita mediocre, è l’involuzione di Ivan Perisic uno dei sintomi dei malanni nerazzurri: da jolly offensivo delle prime partite a oggetto incapace di saltare l’uomo, tirare in porta o dettare il passaggio di queste ultime uscite. L’azione da cui nasce il 2-0 rossonero è causata proprio da un inutile passaggio all’indietro del croato, che invece di gestire il pallone al limite dell’area se ne sbarazza in modo grossolano. Il risultato è la palla persa e la rete di Bacca che chiude la partita. Ma non è finita qui, perché a questo bisogna aggiungere una serie di errori d’appoggio e di lettura rilevanti, non per ultimo il modo in cui arriva sul pallone dopo il palo di Icardi su rigore. Ci si aspetta ben altro da lui. Allo stesso modo, è palese la crescente insicurezza di Brozovic schierato nel centrocampo a due con compiti da regista. E’ ancora più evidente la sua mania di toccare troppe volte il pallone, oltre al fatto che - senza il perno centrale del solito terzetto di centrocampo - è costretto a correre il doppio, finendo per boccheggiare e commettere anch’egli errori maccheronici. L’Interic che appena un mese fa era la forza di questa squadra, ha perso colpi e affonda insieme all’Inter. 

ATTACCO SPUNTATO - Dentro anche Eder, quindi, ma il risultato non cambia. E dire che l’ex doriamo ha avuto subito l’occasione per entrare nel cuore dei nerazzurri, ma il suo colpo di testa al 6’ non è stato per nulla preciso, anzi. E per quanto lui e Ljajic si siano sbattuti su e giù per il campo, è inevitabile che senza una fonte di gioco davanti alla difesa, il gioco della squadra risulti farraginoso. Quello che sorprende è la scelta di far giocare Eder seconda punta nel 4-4-2, quando il suo ruolo primario è quello di esterno nel 4-3-3. Ma come si può pensare di affrontare la stagione modulando un centrocampo a tre se di giocatori che stanno in mezzo al campo se ne hanno appena quattro (più Gnoukouri, prossimo alla partenza)? In questo momento regna la confusione in maniera ancora più evidente rispetto ai primi mesi perché l’Inter sembra aver perso quell’unità di fondo che rendeva possibile il volo del calabrone, con la rabbia e l’agonismo che spingevano i nerazzurri forse oltre le proprie possibilità. 

SCONTRI DIRETTI - Le critiche si sono scatenate già durante la partita, feroci. Improponibile aver lasciato tutto quello spazio di manovra ai centrocampisti avversari ed è proprio lì che si dovrà lavorare maggiormente. Di solito Mancini era solito conquistare militarmente, con la forza bruta, la porzione centrale del campo, ma ora l’Inter va sotto con chiunque. E soffre, soffre dannatamente. C’è bisogno quindi di studiare una contromossa adeguata, così come di stabilire delle gerarchie precise. I colpi ad effetto (alla Santon o alla D’Ambrosio/Nagatomo contro la Roma) possono funzionare una volta, ma nella maggior parte dei casi, ci si schianta contro l’inevitabile (Santon centrale contro la Fiorentina, ad esempio). Il terzo posto, checché se ne dica, è ancora lì, ad un punto. E il 14 febbraio c’è lo scontro diretto proprio contro la Viola, a Firenze. E’ tutto ancora da giocare, ma l’Inter deve cercare se stessa e tornare sulla via che aveva incominciato a percorrere ad inizio campionato. Perché da se stessi non si scappa, né tantomeno ci si può nascondere. I nerazzurri devono arrivare al terzo posto, altrimenti si preannuncia un’altra estate torrida. Di quelle che né Mancini né la società voglion vivere. 

Sezione: In Primo Piano / Data: Lun 01 febbraio 2016 alle 14:06
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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