La notizia del giorno (di ieri, precisiamo) è il ritorno al Napoli di Walter Mazzarri. L'allenatore di San Vincenzo, che nella sua carriera ha avuto anche una dimenticabile parentesi all'Inter, è pronto ad iniziare la sua nuova avventura all'ombra del Vesuvio. Per Rudi Garcia, arrivato alla corte dell'esigente De Laurentiis con il duro compito di non far rimpiangere il campione d'Italia in carica Luciano Spalletti (altro ex nerazzurro, giusto per completare l'intreccio-panchine), è risultato letale il bruciante ko last minute contro l'Empoli al Maradona. Insomma, dopo appena 12 giornate di campionato i detentori dello scudetto cambiano guida tecnica: un fatto singolare che spinge a delle riflessioni. 

Perché nel mondo Inter, nel recente passato, sono spuntati come funghi gli #InzaghiOut. La cosa grave e "preoccupante" è che i membri di questo 'virtuale partito social' si ripresentano puntuali al primo scivolone, quasi fieri e soddisfatti di un passo falso della loro squadra, puntando il dito, appunto, soprattutto su Simone Inzaghi. E sulla formazione iniziale sbagliata, sulle sostituzioni da fare o non fare, sulla mentalità della squadra, sul gioco, sui risultati e chi più ne ha più ne metta. Ad essere attaccato è il suo lavoro, per sintetizzare al massimo il concetto. Ovviamente accompagnato dall'immancabile hashtag. È successo dopo la sconfitta interna col Sassuolo, ma anche in occasione del pari di San Sebastián nella tana della Real Sociedad o in quello interno col Bologna di Thiago Motta, uno dei nomi più gettonati degli #InzaghiOut per l'eventuale successione del piacentino. Che pian piano sta zittendo tutti. 

Il riferimento non è solo ai trofei conquistati (due Coppa Italia e due Supercoppe Italiane) o a quelli sfiorati (scudetto nell'anno del 'Milan dei miracoli' e Champions League nella straordinaria cavalcata dell'anno scorso), ma anche all'impronta che è riuscito a dare all'Inter in situazioni storico-economiche per nulla facili. Quella nerazzurra è diventata senza dubbio una squadra più europea - e lo raccontano i fatti - nonostante il mercato chiuso sempre in utile o ad impatto zero, con sacrifici e addii pesanti arrivati negli anni come quelli dei vari Lukaku, Hakimi, Eriksen, Skriniar, Onana, Brozovic, Dzeko, Perisic o Gosens in cambio di parametri zero, colpi low cost e rari strappi alla regola con esborso di cash (vedi Frattesi).

Leader tecnici ed emotivi persi in scadenza di contratto o ceduti in nome della tanto amata sostenibilità nominata ciclicamente da Beppe Marotta, che all'uscita dall'incontro con gli studenti dell'Università Bicocca di Milano ha voluto spendere anche negli ultimi giorni parole al miele per il suo allenatore: "Diciamo che la squadra sta rispondendo bene, Inzaghi è molto bravo e sa gestire molto bene le partite. Anche nelle sfide difficili da sbloccare come quella contro il Frosinone è emersa la compattezza, lo spirito di sacrificio, la voglia di arrivare agli obiettivi", come la seconda stella.

Cari #InzaghiOut, Marotta ha ragione: l'allenatore dell'Inter è bravo e quindi, se volete imparare la lezione per non cadere in 'altri' Mazzarri, va sostenuto e gli va data fiducia. Anche nei momenti difficili che - spoiler -, in una stagione lunga e con tre competizioni, potrebbero 'spuntare come funghi'. Proprio come voi. 

Sezione: Editoriale / Data: Mer 15 novembre 2023 alle 00:00
Autore: Stefano Bertocchi / Twitter: @stebertz8
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