La sconfitta di Udine ha quasi certificato lo stato critico attraversato dall'Inter, mascherato da un colpo di tacco ma tornato prepotentemente e inevitabilmente alla ribalta nei due impegni del 2014. L'ennesima batosta che conferma le difficoltà oggettive di una squadra che ha iniziato la stagione con risultati ben oltre le aspettative e oggi si sta scontrando con una realtà dura come il cemento armato, che sta facendo riaffiorare dolori del recente passato. Si è detto di tutto in questi giorni, tifosi e media hanno fatto la corsa alla ricerca del colpevole, senza tuttavia trovare un capro espiatorio che possa mettere tutti d'accordo. Sul banco degli imputati ci sono finiti tutti: Moratti per quanto (non) fatto nel recente passato, Thohir per quanto non sta facendo oggi, il duo Branca-Ausilio per la campagna acquisti estiva, Mazzarri per scelte che non hanno convinto, i giocatori per prestazioni e risultati negativi. Raccogliendo i pareri un po' ovunque, e io ne ho letti davvero a centinaia nelle mail ricevute dalla redazione, non si salva nessuno. Allora ho pensato che nonostante l'evidenza dei fatti, deve pur esserci qualche lancia da spezzare in favore dei colpevoli, o quanto meno la possibilità di non emettere sentenze inappellabili. 

Parto da un presupposto: l'attuale sesto posto rispecchia fedelmente quanto accaduto da novembre a oggi. Mazzarri ha ragione quando sostiene che ai suoi mancano 4-5 punti in classifica considerando le prestazioni, ma alla fine non sono quelle che portano i tre punti. Per vincere serve più che una prova convincente (anche se Thohir sembra si accontenti di questa) a maggior ragione quando in campo si vede tutto tranne il bel gioco. La zona Champions è lontana, recuperare 8 punti non è un Everest da scalare ma neanche una passeggiata di salute. Prepariamoci, dunque, salvo imprevisti, a rimandare nuovamente il ritorno nell'Europa che conta. Un fallimento per i tifosi, tutto nella norma per l'ambiente Inter. È vero che nessuno ha promesso un piazzamento Champions in estate, ma l'Inter per sua natura non può sedersi a tavola sapendo di doversi accontentare delle briciole. Normale che il tifoso pretenda ben altro, soprattutto dopo due stagioni di digiuno forzato. È la dicotomia di questo momento storico dell'Inter: aspettative del club e dei sostenitori sono tutt'altro che in sintonia.

Domani si concluderà il girone d'andata di questo campionato, c'è ancora tempo per rimettersi in carreggiata e quanto meno meritarsi un piazzamento europeo. Mi prendo la responsabilità, nonostante possa risultare impopolare, di sostenere che Mazzarri e il suo staff stanno facendo il possibile per ottenere risultati positivi, così come i giocatori stessi, per quanto a colte si meritino i vaffa dei tifosi, siano i primi a dispiacersi di quanto sta accadendo, dopo l'illusione delle prime giornate di campionato. Dopotutto, sono praticamente gli stessi che la scorsa stagione hanno subito l'onta di un nono posto. Ergo, nessuna scusante. Mazzarri e i calciatori, dunque (non tutti, a dire il vero), finora hanno fatto il possibile, cercando di dare quello che potevano. Non sempre ci sono riusciti, è chiaro, ma in linea di massima la volontà è sempre la stessa.

Qui però nasce il vero problema del sesto posto attuale: se i giocatori si stanno impegnando, significa che la rosa non è da primi posti in classifica. Significa che la dirigenza, per ovvi motivi di natura economica e per valutazioni sbagliate nella scelta dei giocatori nell'ultimo biennio, non è riuscita a mettere insieme un gruppo degno della maglia che indossa. Pertanto, come si fa a pretendere grandi exploit quando sia Mazzarri sia il nuovo proprietario Thohir continuano a stressare il concetto di anno di transizione? Qualcosa la si poteva intuire già a novembre scorso, quando l'indonesiano sosteneva di puntare a un quarto posto, e in seconda battuta al terzo. Parole sottovalutate ma che avrebbero dovuto insospettire.

Probabilmente già allora Thohir sapeva che a gennaio non avrebbe messo la mano al portafogli per il mercato, offrendo ai dirigenti l'opportunità di guadagnarsi la sua fiducia in vista dell'estate. Molti tifosi attaccano il tycoon, chiedendosi perché ha rilevato l'Inter da Moratti se la fase di austerity è rimasta invariata. Vero, non ci sarà una vera campagna di rafforzamento, ma solo piccoli ritocchi che probabilmente non eleveranno la qualità della rosa nerazzurra. Però a breve Thohir sborserà 180 milioni di euro per ripianare un bilancio in perenne rosso. Anche questo è investire, pur se non nel modo che i tifosi vorrebbero. In estate le cose cambieranno, il patron prenderà in mano la situazione e con le finanze ripulite potrà avviare il suo progetto pluriennale di ripristino delle gerarchie. Ê difficile da comprendere, ma la situazione è questa: prendere o lasciare. Chi sogna colpi da Inter, è pregato di ripassare tra qualche mese.

Nel frattempo, a prescindere da come andrà il mercato di gennaio, ennesimo banco di prova dei dirigenti nerazzurri, l'unica opzione rimasta è continuare a sostenere questo gruppo, per quanto non valga quelli che gli stanno davanti. L'Inter merita di avere 11 campioni, oggi non è così ma se chi va in campo dà il massimo (e chi siede in panchina fa quello che può con il materiale umano a disposizione) è giusto continuare a sostenerlo. Il terzo posto, a causa di precedenti errori di gestione, non è mai stato un obiettivo realistico e non lo sarebbe neanche andando oltre le proprie possibilità. Giusto criticare Mazzarri e i giocatori quando sbagliano, fa parte del gioco. Ma privare la squadra del sostegno a 20 giornate dalla fine del torneo sarebbe controproducente per tutti. Così come sarebbe ingiusto paragonare questa Inter a quella di Stramaccioni: i bilanci non si fanno a metà stagione.

Dopo la 38esima, mi auguro che chi di dovere faccia tutte le valutazioni del caso e prenda decisioni sensate in merito. Dopotutto, se la rosa non vale il terzo posto per la terza stagione consecutiva, significa che qualcuno ha commesso degli errori, al di là delle ristrettezze finanziarie in cui ha operato e in cui tanti colleghi versano quotidianamente, portando a casa risultati migliori. In un'azienda che funziona, il modello che Thohir ha in mente per l'Inter, chi commette degli errori accertati paga, dal management all'impresa di pulizie. Se questa fosse l'evoluzione che attende il nostro club, sarebbe un grande passo avanti.

 

Sezione: Editoriale / Data: Dom 12 gennaio 2014 alle 00:00
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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