Come ai bei tempi, quando si vinceva e i problemi finivano sotto lo zerbino, l'Inter torna alla vittoria attesa da oltre un mese, sosta compresa. E lo fa come al solito grazie al golletto che evidenzia paurose problematiche nella costruzione del gioco quanto una solidità difensiva messa in discussione solo nell'estemporaneo crollo contro i viola. Per circa 24 ore i nerazzurri si godranno nuovamente il primo posto in classifica, consapevoli che l'isolamento al vertice non durerà salvo cataclismi in serie delle attuali rivali. Altra nota positiva: successo arrivato in inferiorità numerica, grazie a un episodio ma pur sempre cercato in una situazione di difficoltà, come accaduto a Palermo. Notizia incoraggiante: nonostante le cervellotiche decisioni arbitrali, che temo non finiranno con la firma di Banti (il secondo giallo a Felipe Melo è una valutazione da terza categoria), questa squadra ha la forza mentale di reagire. È accaduto anche a Palermo senza però portare frutti, non può essere un caso.
E qui finiscono le note liete. Perché questi 3 punti arrivano al termine di una delle peggiori Inter di questa stagione. Soprattutto nel primo tempo si è visto uno spettacolo mediocre, con una squadra (il Bologna) che vittima dei propri limiti attendeva speranzosa l'avversario e cercava una sortita di tanto in tanto e l'altra (l'Inter) incapace di creare la benché minima opportunità da gol. Giusto essere soddisfatti per il successo, ma agire da struzzi e nascondere la testa sotto terra sarebbe controproducente. A mio modestissimo avviso non si tratta di un problema di modulo quanto piuttosto di atteggiamento, di linguaggio del corpo. Ho capito dopo una manciata di minuti che tipo di serata attendeva me e gli altri tifosi interisti. Non conta l'avversario offerto dal calendario (senza offesa, questo Bologna oggi è poca cosa), perché il principale avversario è l'Inter stessa, il suo approccio. Non pretendo di dominare le partite e vincerle entro mezz'ora (solo due gol prima dell'intervallo in 10 partite, qualcosa vorrà pur dire), ma di aggredirle sì. Servono 12-13 incontri per assistere a una squadra organizzata? Ok, mi fido delle tempistiche abbozzate da Mancini. Ma in attesa del gioco gradirei vedere in campo 11 giocatori affamati, che scendano in campo con l'intenzione di non far prigionieri.
Non pretendo 11 Medel (sarebbe uno spettacolo straordinario dal punto di vista agonistico, un po' meno tecnico), ma un gruppo che, nell'attesa di conoscersi a dovere e di sincronizzare il proprio battito cardiaco, quanto meno giochi a pallone con voglia di vincere e non di limitarsi al compitino assegnato dalla maestra. Magari spostando il pallone davanti, non indietro o, massimo dell'intraprendenza, in orizzontale. Non riesco a comprendere come sia possibile faticare tanto a gestire in modo costruttivo il pallone, a costruire trame non casuali, a interpretare ogni partita, sin dall'inizio, con il piglio di chi può farti male in ogni momento e non con l'atteggiamento di chi aspetta solo l'episodio favorevole perché non ha la capacità di forzare il destino. Se Ferrari non lisciasse quel pallone apparentemente innocuo oggi forse racconterei uno scialbo e indolente 0-0, con giocatori inconcludenti e deboli mentalmente, come se fossero schiacciati da una responsabilità più grande di loro. Al contempo, e ripeto che non si tratta della causa principale quanto piuttosto di una concausa, manca gravemente un'interpretazione tattica limpida e credibile, che evidentemente Mancini non ha ancora trasmesso.
Mi sbilancio in queste valutazioni dopo una vittoria, in quanto ignorare certi limiti perché offuscati dal risultato non farebbe il bene dell'Inter. Sarebbe come ostinarsi a guardare il dito che indica la luna, rinunciando a una visione d'insieme. Spuntarla così nelle prime giornate di campionato è un merito, ma alla decima è lecito attendersi qualcosa di meglio. Personalmente sorrido a denti stretti, perché alla fin fine contano solo i 3 punti e questi sono arrivati. Al contempo, pur deluso dalla prestazione, resto fiducioso sulla crescita di questo gruppo. Come ha detto venerdì l'allenatore di Jesi, l'importante è rimanere nelle zone più nobili della classifica in attesa che arrivi la quadra. Dietro ci siamo quasi, ma questo sport si gioca in entrambe le metà campo. Per ora si va avanti, ma non ci sarà sempre il Ferrari di turno a svirgolare un pallone.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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