No, ve lo assicuro, qui non c’è niente di magico; niente Cenerentola, niente Pomi d’Ottone e Manici di Scopa, niente Silvan. O almeno credo. Qui parliamo di ragazzi, pardon uomini, con palle e grinta. E parliamone, perché anche se nulla è stato ancora fatto, se lo meritano un riconoscimento per il sogno che ci stanno regalando. Alla faccia di gufi, civette ed avvoltoi. Quelli che pochi mesi fa, ad agosto, ci deridevano per aver perso il torneo della peppatencia in qualche luogo esotico del pianeta. O che ponevano dubbi sulla legittimità dell’ingaggio di Roberto Mancini, reo di avere ancora una sana e robusta capigliatura a cinquant’anni o di gestire la squadra come un vero e proprio manager anglosassone, senza gli attacchi di isteria tipici del calcio indigeno.
Di ufficiale non c’è nulla: anzi no. Qualcosa c’è. Perché dopo aver visto Montoya ad Udine giocare come un veterano che ogni domenica è padrone della sua fascia (e non come uno che da sei mesi non faceva una partita ufficiale intera) inizio davvero a credere che la mano di Mancini ci sia eccome; non altre parti del corpo, come i rosiconi che continuano a sfregarsi gli occhi increduli del primato nerazzurro cercando settimanalmente di denigrare ancora non si capisce bene chi o cosa e riuscendo nell’ardua impresa di coprirsi di ridicolo sostengono.
A pensarci bene di ufficiale c’è anche questo: Signore e Signori, ci siamo trasformati in una squadra. Non un insieme di pedatori, alcuni onesti alcuni buoni alcuni ottimi. Stiamo parlando d’altro. Questo è un gruppo di calciatori che hanno bene in mente l’obiettivo finale, che in campo corrono l’uno per l’altro, che si aiutano, che non lasciano il compagno solo nel momento del bisogno. Un gruppo dove due esterni alti dotati di grande tecnica non si vergognano a rinculare sulla linea dei terzini per non lasciare sguarnita nemmeno una zolla del terreno di gioco. Cose che non vedevo dai tempi di Eto’ò. Sembrano passati secoli, lo so, invece parliamo solo di cinque anni fa.
Mi ripeto e lo ripeto: io non so come finirà la stagione. Se riusciremo nell’impresona o dovremo accontentarci di un piazzamento onorevole. Ma amo questi ragazzi. Dal primo all’ultimo. Perché mi stanno facendo rivivere emozioni forti sopite da precedenti mercati scellerati, da bottigliette di plastica morsicate, da calci d’angolo, da sceneggiate tipo Novara. Per non dire di peggio. Orgoglio Bauscia che torna dopo un lungo letargo. Finalmente siamo dove la storia, la tradizione ed il blasone di questi colori ha il suo alveo naturale. Primi. Ed in piena bagarre scudetto, inutile adesso toccare ferro o parti differenti del corpo. Inutile perfino nascondersi. Perché l’impressione è che questa banda di ragazzacci non abbia la minima intenzione di arretrare neppure di un centimetro, di non mollare l’osso senza prima aver lottato fino allo spasimo. L’immagine del pensiero dei giocatori interisti è racchiuso in una frase di Felipe Melo di poche ore fa: “…hanno postato su twitter la foto del Real che vince otto a zero. Ecco, noi con otto gol ci facciamo ventiquattro punti”.
Certezze nei propri mezzi che fino alla scorsa stagione sembravano una chimera. Una coppia centrale da paura, con Miranda (ricordo gli ironici commenti estivi, ho parecchie primavere sul groppone ma la memoria funziona ancora come si deve) a far da Tutor ad un pacchetto arretrato che ha in Murillo il suo diamante grezzo ed in chiunque operi sulle fasce un degno interprete. Non comprimario, badate bene. Interprete. E sono due cose completamente differenti.
È chiaro che non vivendo dall’interno dello spogliatoio la realtà quotidiana dobbiamo cercare di andare per sensazioni, per ciò che i giocatori esprimono in campo. E le migliori risposte le stiamo ottenendo settimana dopo settimana. In barba ad una certa parte di addetti ai lavori o presunti tali che, nonostante l’evidenza, continua pietosamente la sua crociata contro il gioco non particolarmente sfavillante dell’armata nerazzurra, pregando qualunque divinità acciocché i ragazzi escano dalle partite battuti. Giusto per poter dire…io lo sapevo…
Bene, ad oggi sapevate ben poco. Perché scrivere niente potrebbe sembrare offensivo. Questa Inter non ha particolari segreti. Come detto è un gruppo di uomini con le palle che lotta e corre. Si, certo, anch’io sono dotato di vista e mi rendo conto che il gioco espresso non è esaltante. Non trascorri i novanta minuti a lustrarti gli occhi tronfio per triangolazioni o passaggi no look da paura. Noi non funzioniamo così. Noi siamo cinici, sportivamente ed agonisticamente cattivi, pronti a sfruttare qualunque errore avversario ed a colpire. Abbiamo un centrocampo tosto, con tanta grinta, difficile da superare. Indipendentemente da chi parta titolare. Anche perché, portiere e coppia di centrali difensivi a parte, non esistono dei titolari. Oggi come oggi all’Inter sono tutti titolari. Mancini in questo è stato davvero geniale; non è facile, usiamo un eufemismo, far convivere venti e rotti giocatori dando a ciascuno di loro la possibilità di mettersi in mostra ed ottenendo, spesso e volentieri, grandi risposte.
Davanti le molteplici scelte abbinano qualità e quantità. E corrono, dopo un inizio al rallentatore oggi tutto il pacchetto offensivo si muove in lungo ed in largo per il campo senza soluzione di continuità. Vinciamo ad Udine per errori avversari? Vero. Ma quanti hanno notato il pressing offensivo portato da cinque o sei dei nostri e che ha messo costantemente in difficoltà la retroguardia friulana. Sennò, se non si leggono queste cose in una partita di pallone, è inutile scrivere o mettere il faccione in tv per raccontare del presunto culo interista. Prima fare corsi di calcio, frequentare terreni di gioco e conoscere schemi; poi raccontare quello che è successo. Realmente. Non per una sorta di spettacolo fine a se stesso.
Per lo spettacolo ci sono i teatri ed i cinema. E, visto che il Natale si avvicina, consiglio spassionatamente Cenerentola.
Salagadula, magicabula, bibidibobidibù, fa la magia tutto quel che vuoi tu, bibidibobidibù.
Amatela. Sempre. E buona settimana a Voi!
Ciao Aurora.
Autore: Gabriele Borzillo / Twitter: @GBorzillo
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