A piccoli passi, e non potrebbe essere altrimenti. Il momento di sconforto vissuto non più tardi di sette giorni or sono mitigato dalle note liete giunte dall'Europa che hanno regalato l’accesso nelle magnifiche sedici d’Europa, e l’antidepressivo assunto in campionato “sbancando “ San Siro dopo una serie negativa di tre pareggi e una sconfitta: note liete di quest'ultima settimana di passione respirata nella centrifuga nerazzurra. Un’insperata produttività offensiva, accompagnata dagli atavici problemi di assestamento dell’Inter borderline del post-triplete, che probabilmente si protrarranno fino alla, mai come in questa occasione benedetta, sosta natalizia. Abbrivio shock quello odierno, cadenzato da ripetuti tentativi del Parma, consapevole dello stato precario dell’incerottata Inter, aveva lanciato presagi plumbei e palpitazioni mai abbandonate. Nonostante la rabbiosa reazione e il doppio vantaggio, la squadra non ha mai dato la sensazione di controllare completamente il match, lasciando il moribondo avversario in vita. La posizione di Rafa Benitez, sepolti catastrofismi e sconquassi, esce rafforzata: in attesa della prossima buriana. Pensare allo scudetto in questo momento sarebbe quantomeno utopistico, da minus habens di ben altre parrocchie.

Dopo l’avvio traballante, il prof di Madrid con una repentina mossa tattica e un’elasticità che in certe, previe, circostanze si era lasciata bramosamente desiderare, è riuscito a rattoppare il molle approccio: una fase offensiva che comunque a evidenziato confortanti segnali dopo le magre delle prime tredici giornate, nonostante un asfittico Sneijder, l’assenza di un attaccante, parzialmente rimpiazzato dalla sagoma modica del Pandev di questo periodo. Preoccupante e non potrebbe essere altrimenti la fase difensiva: gli errori individuali, esasperato da assenze (drammatica quella di Walter Samuel, indisponibile per tutta la stagione) , errori individuali marchiani, un Materazzi impagabile per impegno, ma ormai lontano anni luce dai fasti di un tempo ormai remoto, spiega, almeno parzialmente, il navigare a vista che non deve lasciare spazio a voli pindarici. Nella nevosa Milano si assurge a vessillo però un giocatore, troppo spesso sottovalutato per il peso specifico che apporta, leader sostanzioso e spirituale: Dejan Stankovic. Il drago serbo, sprizzando energia da tutti i pori, e autore della sua prima tripletta in serie A grazie anche alla dea bendata ritrovata (primi due reti propiziate da evidenti deviazioni dei difensori parmigiani), ha governato il reparto nevralgico, sostenuto compagni, risollevato tifosi e allontanato sagacemente gli spettri di un’altra domenica incolore, sapientemente coadiuvato dal “Cuchu” Cambiasso, regista-allenatore neanche troppo occulto che ha realizzato la seconda segnatura in meno di quattro giorni. Non casuale il rientro agognato del redivivo Thiago Motta, penelope sapiente, qualità a iosa, una presenza icastica e un sigillo inaspettato. Confortante, considerando le difficoltà di un esordio, la prestazione del giovane e promettente Natalino, sostituto di un gastropatico e timido Santon che anche nei minuti in cui si è stancamente strascinato in campo a fatto rimpiangere Maicon, parzialmente Chivu, rafforzando le titubanze di un Benitez che non ha mai nascosto dubbi legati alla fragilità emotive che ormai accompagnano il bambino nerazzurro. Sussulto che invece è arrivato dall’ispirato Biabiany: galoppate a campo aperto, assiduo interprete della doppia fase di gioco, ingiustamente sostituito, finalmente autore di due prove all’altezza del blasone della maglia indossata. Il giovane francese, in attesa di affinare una tecnica ancora approssimativa, sembra essersi liberato da quello “sindrome di San Siro” che tante vittime ha mietuto nel corso degli anni.

Un’inversione repentina, quasi insperata, di tendenza che ha comunque permesso di rosicchiare due punti a Milan, Juventus e Lazio, tre al Napoli. Con il pensiero rivolto costantemente alla campagna di Abu Dhabi, il prossimo impegno probante sarà rappresentato dalla trasferta in casa della sorprendente Lazio, cinica e completamente assorta nel pensiero professato dal tecnico Reja. Emergenza acuita dallo spuntato reparto avanzato, orfano di Milito ed Eto’o, che “costringeranno” i centrocampisti ad uno sforzo non indifferente, sulla falsa riga della partita odierna: lasciare Pandev, in letargo volontario, solo al suo destino, rappresenterebbe il lasciapassare ad una disfatta che la posizione di classifica non potrebbe sopportare: cercasi disperatamente pragmaticità, in attesa di tempi floridi e sfarzosi. D’altro canto il rientro cadenzato di lungodegenti, un graduale miglioramento della famigerata condizione fisica e la reazione di giocatori assenti ingiustificati, che magari avranno riacquistato aspirazioni di gloria, non potrà che vivacizzare l’ambiente, per una celere scalata ai piani alti della classifica: tanti se, altrettanti ma, accompagnati da una speranza vacillante, ma ancora lontana dall’essere definitivamente sepolta.

Sezione: Editoriale / Data: Dom 28 novembre 2010 alle 19:30
Autore: Maurizio Libriani
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