L’Europa pare indigesta per l’Inter che nella seconda giornata del girone K cede il passo ad un ottimo Sparta Praga. Senza girarci troppo attorno, la squadra di Frank de Boer ha perso questa gara, per 3-1, a causa di un atteggiamento eccessivamente superficiale e molle.
Il tecnico opta per un 4-2-3-1 con una squadra ancora ridisegnata in base alle esigenze di campionato e i limiti imposti dall’Uefa. L’avvio dell’Inter, nonostante gli interpreti facciano parte delle ‘seconde linee’, è molle, blando ed è facile notarlo nella totale mancanza di aggressività in fase di pressing. Lo Sparta si posiziona a specchio, con un 4-5-1 apparentemente basso ma, vedendo le difficoltà dell’avversario in uscita di palla e la mancanza di pressing alto, guadagna qualche metro per attaccare il gioco dei nerazzurri. Ranocchia gioca palla sempre su Melo senza mai cercare i terzini e questi, nel tentativo di cercare Banega puntualmente raddoppiato e imbottigliato dal duo Frydek-Holek (sempre alto nella pressione), hanno sensibilmente rallentato la fluidità del gioco nerazzurro che spesso ha dovuto ricorrere al retropassaggio per non perdere la sfera.
Il pressing alto e i continui raddoppi, coadiuvati dallo scivolamento degli esterni in diagonale verso la sfera, hanno permesso alla Sparta di riconquistare palla in varie situazioni di gioco che hanno portato i padroni di casa al gol al 6’. Nell’occasione del vantaggio, l’uscita della palla dell’Inter viene imbottigliata, Ranocchia quindi sbaglia un lancio ‘obbligato’ dalla pressione, Murillo esce male e in quel preciso momento, sulla transizione difensiva, il centrale italiano non ha il tempo materiale di ricoprire quei 4-5 metri di distanza da Kadlec. E’ il solo Melo a capire la gravità dell’errore e quindi prova a stringere, ma un rimpallo sfortunato sulla scivolata permette all’attaccante ceco di battere Handanovic.
Dopo una rete subita è importante che una squadra riconquisti i ritmi di gioco e faccia intravedere anche una timida reazione in modo da far ‘sentire’ la propria presenza nel rettangolo di gioco, invece la compagine guidata da De Boer non cambia registro: i reparti restano sfilacciati dal pressing avversario, l’uscita della palla viene spesso affidata a lanci dalla difesa che non trovano utilità anche a causa della mancanza di centimetri di Eder, Banega e Palacio che hanno pagato dazio nei contrasti contro Mazuch e Holek.
Il giovane tecnico Holoubek capisce che aprendo la maglia della difesa nerazzurra sugli esterni, questa difetti nello scivolamento in diagonale dei terzini e nella mancanza di aiuto dei laterali sulle sovrapposizioni e quindi Spinge spesso i centrocampisti ad attaccare lo spazio tra uno spaesato Gnoukouri e un costantemente pressato Melo, permettendo quindi ai terzini di salire tramite una pressione negli spazi liberi tra centrocampo e difesa. Banega non ha quasi mai portato man forte tra i due mediani né in fase di uscita né in quella di non possesso, ma è solo quando l’argentino andava in ricezione che la squadra poteva allargarsi per attaccare la porta avversaria.
La timida reazione dell’Inter cozza con la rete del raddoppio, fotografia fedele dell’atteggiamento mentale nerazzurro: Melo chiama l’allineamento e non viene nemmeno preso in considerazione dai compagni. Il secondo gol di Kadlec, lanciato tutto solo verso la porta nerazzurra, ha ricordato l’atteggiamento visto nel primo subito contro l’Hapoel Be’er Sheva. Inaccettabile in una qualsiasi competizione.
De Boer ha il demerito di non scuotere la squadra come aveva fatto solo qualche giorno fa contro il Bologna, e la stessa ha perseverato in un atteggiamento fiacco e poco propenso alla riconquista del risultato.
Il secondo tempo non cambia il volto della gara e per una squadra come l’Inter è solo un’aggravante. I padroni di casa mettono in atto sempre la medesima situazione di gioco in fase di possesso: in pochissimi passaggi, di prima, i cechi sono andati verso Frydek che ha gestito quasi ogni palla sugli esterni, abili a trovare cross pericolosi sempre per l’inserimento sul lato cieco della difesa nerazzurra.
Nonostante la pressione fitta, l’Inter non riesce mai a riconquistare palla per guadagnare metri di campo ed andare in transizione; solo con gli ingressi di Icardi e Ansaldi la squadra riesce a muoversi più senza palla. Il capitano ha il pregio di uscire dall’area, chiamare l’uscita di un centrale, quindi batterlo nel contrasto fisico per mandare il compagno in porta. Da questa situazione nasce il gol del momentaneo 2-1 di Palacio; da una situazione simile, nasce anche un’occasione d’oro per Eder, valevole per un possibile 3-2 a 9 minuti dalla fine.
Il terzino nerazzurro ha invece portato molta pressione verso l’area avversaria, attraendo la diagonale difensiva per permettere quanti più inserimenti sugli spazi di 5-7 metri dalla trequarti. I movimenti del laterale ex Genoa però, bravo ad andare sul fondo ma anche ad attaccare per vie centrali in modo da levare il raddoppio all’esterno, hanno avuto la sola utilità di capire le sue condizioni in vista dei prossimi impegni.
Il 3-1 finale siglato da Mazuk è solo il titolo di coda di una gara condotta in maniera insufficiente, gestita in maniera pessima, totalmente priva di reazione.
De Boer dovrà fare delle scelte ben chiare anche in Europa League per non incappare in figure non da Inter. Non basta l’impegno di domenica contro la Roma a giustificare la gestione negativa di una gara tranquillamente alla portata di chi ha giocato la sfida. Le grandi squadre dimostrano la giusta mentalità anche attraverso la voglia delle ‘riserve’ di mettere il proprio mister in difficoltà, e questi, attraverso un lavoro tattico e psicologico, deve mettere pressione positiva ai propri uomini in modo da guadagnare la loro affidabilità, indipendentemente dai limiti tecnici.
Autore: Ernesto D'Ambrosio / Twitter: @D_AmbRose22
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