"Dal 1990 il mondo del calcio cerca di modificare le regole per rendere il gioco più spettacolare (?) grazie a qualche gol in più: quantità più che qualità. Servono gol, magari generosamente ottenuti dal dischetto del rigore, per soddisfare queste attese con prevalente spinta commerciale". L'attacco è di Paolo Casarin, che sul Corriere della Sera sottolinea tutto il suo disappunto per questa serie di modifiche che quasi snaturano il calcio. Dal fallo di mano al fuorigioco: l'ex arbitro non gradisce la continua ricerca di espedienti regolamentari per favorire un presunto spettacolo. "Nel 1990 si pensò anche di ampliare le porte. Non passò, ma si penalizzarono i portieri impedendo loro di raccogliere con le mani il pallone che il compagno, in difficoltà, gli forniva - ricorda Casarin -. Con altri provvedimenti contro i difensori si raggiunse lo scopo di favorire gli attaccanti: il numero dei gol per partita, circa due, cominciò a crescere. E continuò a lievitare per la velocità che gli allenatori chiesero ai loro giocatori. Di una cosa sono certo, salvo un miracolo: con questa tendenza forzata abbiamo creato un calcio nuovo del tutto diverso per spirito e partecipazione a quello delle radici. Una separazione netta".

Sezione: Rassegna / Data: Dom 18 aprile 2021 alle 10:42 / Fonte: Corriere della Sera
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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