Bella, pratica e autoritaria fuori. Timida, distratta e impacciata tra le mura amiche. È questo l’andamento dell’Inter nuovo corso di Stramaccioni, che a San Siro, in tre partite, ha rimediato due sconfitte e un pareggio last minute. Non solo. Alla voce gol subiti il bilancio è deficitario: 7 reti, oltre 2 a partita in media. Considerato l’andazzo delle trasferte (tre vittorie su tre, 8 gol fatti e zero subiti), la differenza è palese. Ma il dato che lascia maggiormente perplessi è il livello degli avversari, non certo altisonante se si esclude la Roma di Zeman.
Hajduk Spalato e Vaslui non rappresentavano certo ostacoli insormontabili e gli impegni di andata in Croazia e a Petra Neamt lo hanno confermato. Poi, i passi falsi a San Siro, complice l’eccesso di sicurezza nel primo caso e le numerose defezioni nel secondo. Entrambe le scusanti però non sono sufficienti a giustificare l’esito delle partite. Poi, ideale prosecuzione di un trend casalingo negativo, la brutta sconfitta contro i giallorossi, bravi a sfruttare le frequenti disattenzioni difensive nerazzurre.
È un’Inter da trasferta quella scesa in campo finora nella nuova stagione. San Siro finora è stato avaro di gioie, nonostante la fase finale dello scorso campionato, sotto la guida di Stramaccioni, sia diventato un punto di forza nella rincorsa (fallita) al terzo posto. Doppia faccia, dunque, per i nerazzurri che sono ancora alla ricerca degli equilibri tattici ma anche della giusta serenità davanti al proprio pubblico. Che, va sottolineato, non ha mai smesso di incitare i propri giocatori anche nelle situazioni meno facili.
Difficile individuare su due piedi le motivazioni di questa situazione. Ieri il tecnico ha parlato di calo psicologico dopo il gol di Osvaldo. È stata la prima volta in cui la sua squadra non ha reagito con veemenza a uno svantaggio, inerme di fronte alla sicurezza e al palleggio dei capitolini. Un po’ come accaduto lo scorso anno a Parma (identico punteggio, tra l’altro). Pertanto, è evidente che l’effetto San Siro stia influendo sulle prestazioni di una squadra che è chiamata a riscattare un’annata frustrante come la precedente. Sono molto più frequenti, infatti, gli errori commessi sul terreno del Meazza e se Guarin non avesse inventato il 2-2 contro il Vaslui al 92’ oggi il bilancio direbbe tre capitomboli su tre.
A proposito di terreno, è possibile che una piccola percentuale di causa l’abbia il nuovo manto misto erba-sintetico, che unito a condizioni meteorologiche piovose altera il rimbalzo del pallone. Due volte, infatti, i nerazzurri sono scesi in campo sotto la pioggia al Meazza. Si potrebbe obiettare: anche gli avversari giocano sullo stesso terreno. Verissimo. Ma in condizioni non abitudinali i valori delle due contendenti spesso subiscono degli stravolgimenti e anche chi è sfavorito dal pronostico può guadagnare crediti. Ripetiamo, comunque: non deve essere una giustificazione.
Più probabile che il vero guaio sia nella testa: dover vincere a tutti i costi davanti al proprio pubblico, trascinandosi il retaggio della scorsa stagione, provoca quell’ansia da prestazione che conduce a errori tecnici e tattici. È accaduto contro l’Hajduk (rigore regalato dall’esperto Samuel e tanti svarioni in zona gol), contro il Vaslui (altro penalty nato da una difesa fuori fase e uscita a farfalle di Belec in occasione dell’1-2) e, infine, contro la Roma, che dall’alto delle proprie qualità ha approfittato alla grande di una retroguardia traballante, smorzando sul nascere ogni tentativo di reazione nerazzurra.
Non che al Milan sia andata meglio: tra Trofeo Berlusconi ed esordio in campionato contro la Sampdoria i rossoneri hanno rimediato due sconfitte, alimentando la teoria della ‘maledizione del Meazza’. Un concetto a cui non sarebbe il caso di appigliarsi, onde evitare di perdere di vista i reali problemi del gruppo nerazzurro nella Scala del Calcio. Ricaricare le pile, migliorare i meccanismi tattici e lavorare sulla testa dei suoi giocatori: questo il compito di Stramaccioni durante la pausa.
Non sarà facile, anche perché i nuovi arrivati non sono ancora abituati al miedo escenico di San Siro, mentre i ‘confermati’ sono reduci da un campionato in cui il k.o. casalingo è diventato una triste abitudine. Ostacoli da superare al più presto, perché la pazienza dell’esigente pubblico del Meazza, storicamente, non è infinita.
Autore: Fabio Costantino / Twitter: @F79rc
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