“Io sono convinto che a questa squadra si possa ancora dare fiducia, poi sta molto a loro, sta molto anche alla fortuna, per cui continuiamo”. Il Moratti versione pompiere è uscito allo scoperto, dopo aver smaltito un po’ di rabbia accumulata nel post Inter-Novara. Le parole del presidente (queste, nello specifico) sono improntate all’ottimismo e alla fiducia, anche se non dotate di particolare convinzione. Si va avanti, insomma, anche perché non c’è molto da fare in alternativa. Fino a maggio la squadra è questa, non si può modificare in corsa e si deve fare di necessità virtù.

Atteggiamento che non mi sorprende, quello del patron, quanto mai politically correct, dopo il fastidio manifestato la sera prima, con la ferita ancora aperta. Il mio collega Pasquale Guaglianone sta con Moratti, io la penso come lui. Ma è altrettanto chiaro che in società ci sia qualcosa che non va come dovrebbe, e il terreno di gioco ne è lo specchio. Contro il Novara è mancata anche la fortuna, non certo la solita svista arbitrale che ci penalizza. Ma è inutile appellarsi a ciò che è ormai consuetudine e che non sorprende più. Il problema è più d’ampio respiro e parte dall’alto.

La figura di Moratti, in questo momento, mi fa quasi tenerezza. Trattasi pur sempre di un un uomo che negli ultimi 17 anni ha speso tanto, spesso male, talvolta benissimo, ma sempre in buona fede. Trascinato dalla passione del vero tifoso, è il primo a soffrire per questa situazione di gap tecnico e finanziario. Il patron non ama di certo privarsi dei campioni, quando fino a qualche anno prima li metteva sotto contratto. Un’inversione di tendenza forzata, in cui il diretto interessato non si trova più a suo agio. La recessione colpisce soprattutto chi è abituato a un certo tenore di vita e Moratti, dopo aver spalancato il portafoglio per rinforzare la sua Inter, oggi si trova costretto a impoverirla e a cambiare strategia, nella speranza che la barca rimanga a galla e continui a navigare a vista.

Chi se la prende con lui forse non sa che il suo potere decisionale è decisamente inferiore rispetto a un tempo. Da quando è stata varata la linea del risparmio, complice un rosso in bilancio che la sua generosità ha incautamente alimentato nel corso degli anni, il presidente ha effettuato un passo indietro, affidandosi ai contabili. Non mi sorprenderebbe se a indirizzare le sue decisioni fossero Paolillo e Ghelfi, che hanno il polso del bilancio e dei grossi problemi che lo attanagliano. Mi supportano, in tal senso, le recenti parole di Gasperini: “Moratti in estate poteva riprendersi Balotelli e io ero d’accordo. Pensavo che il nostro parere fosse sufficiente”. Invece no. Immagino la scena. Mosso dal romanticismo, il numero uno nerazzurro avanza l’ipotesi di un ritorno di SuperMario, ma le sue aspirazioni vengono stroncate dai ragionieri del club: costa troppo, non possiamo permettercelo. E qui salta un possibile colpo di mercato, di quelli che prima abbondavano in casa nerazzurra e facevano la gioia dei tifosi.

Tra l'altro, dei giocatori in entrata (così come quelli ceduti), probabilmente sono in pochi quelli scelti liberamente dal numero uno nerazzurro, solitamente attratto dai grandi calciatori piuttosto che da illustri sconosciuti. Verosimile è che gli siano stati prospettati determinati acquisti, per il bene delle finanze interiste, con la promessa che si sarebbero rivelati alla lunga campioni come i vari Julio Cesar, Maicon, Cambiasso eccetera eccetera. Dubito fortemente che, altrimenti, Moratti si sarebbe mosso personalmente per portarli all'Inter. Cieca fiducia nei collaboratori, dunque, che finora non ha pagato. Stesso discorso per la panchina. Di coloro che hanno preso il posto di Mourinho, probabilmente solo Leonardo è stato una decisione personale di Moratti, che prima dello Special One aveva scelto Mancini, altro suo pallino. Non sorprende, dunque, la fine fatta da Benitez e Gasperini, e i rischi che teoricamente correrebbe Ranieri, più al sicuro perché in sintonia con il datore di lavoro e poco 'pretenzioso' rispetto ai precedenti colleghi.

Siamo nelle mani dei contabili, non della passione di un presidente che oggi non riesce a opporsi all’evidenza. L’Inter viene gestita come un’azienda tradizionale: tagli qua e là per risanare il bilancio, con l’obiettivo di rientrare in determinati parametri. Peccato che la dirigenza a cui si è affidato Moratti si limiti a far quadrare i numeri piuttosto che a mantenere alto il livello tecnico della rosa. Le intenzioni sarebbero anche quelle, ma le competenze (come i quattrini) latitano e il campo diventa così un giudice inappellabile. Mi piace evidenziare che, pur consapevole della posizione finanziaria del club, questo non andrebbe trattato come una qualsiasi impresa schiava delle cifre, ma come un patrimonio comune che merita rispetto a prescindere.

La soluzione? La sparo: circondarsi di professionisti che sanno come muoversi in questo ambiente e riescono a ingaggiare ottimi giocatori senza dissanguare le casse societarie. È in questo reparto che forse andrebbero effettuati i maggiori investimenti ed è solo Moratti che può muoversi verso questa direzione. Per il bene dell'Inter, spero lo faccia.

Sezione: Editoriale / Data: Gio 16 febbraio 2012 alle 00:03
Autore: Fabio Costantino
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