Sconforto a mille. Forse anche qualcosa di più. In una stagione come quella che stiamo vivendo mancava solo l'infortunio del Trenza Palacio. E ora? C'è ancora un senso possibile da dare a questo finale da tortura atzeca, al rollerball ad eliminazione continua? Arrendersi alla sfortuna in attesa di tempi migliori non ha granchè senso perché come sappiamo la dea bendata non fa prigionieri. Pensavamo che con l'incredibile - e profondamente invalidante per le ambizioni nerazzurre - default di Diego Milito avessimo toccato il fondo. Siamo ora a constatare, con sorpresa mista ad amarezza, che esisteva un doppio fondo, un'ulteriore base di atterraggio sconosciuta in cui sono, inutile illudersi, sprofondate le residue speranze di avvicinare il principale obiettivo stagionale, il reintegro nella pattuglia delle squadre iscritte alla Champions per la prossima annata sportiva. Lo straripante codino argentino da 22 gol lo rivedremo tra 30 o 40 giorni e quindi a giochi fatti, celandone il ricordo fulgido di una curva di prestazioni interrottesi nel momento migliore, perché da noi funziona così.
Il rimpianto deve essere sempre massimo e lo abbiamo capito da un pezzo. Così come abbiamo capito che nella nostra maniera di mettere al corrente il mondo intero delle cose che accadono intorno alla squadra c'è moltissimo da lavorare, anche perché, esposti come siamo ai danni che la malasorte ci somministra, dovremmo almeno riuscire ad evitare le beffe suscitate dalle topiche di una maldestra comunicazione. Oddio, diciamo peraltro che nel periodo recente le rogne ce la siamo anche andate a cercare. Eh sì, perché se agisci sul reparto delle punte già a dir poco perfettibile in partenza con scelte tutto sommato poco condivisibili, stuzzichi sul vivo la dea Eupalla che di calcio ne capisce quel tanto che le basta per aspettarti al varco e chiedere contezza di errori, opere ed omissioni. E allora forse nello sfruttamento intensivo dello stesso Palacio, evitabile qualora si fosse messa mano in modo diverso ai deficit nel reparto offensivo, si può ritrovare il motivo di addebito diresponsabilità facilmente individuabili ed incontrovvertibili. Con le tossine allocate nelle gambe dei giocatori non si scherza, in ispecie se gli stessi hanno già raggiunto quella fase della carriera in cui si iniziano a fare i conti con le tante battaglie sostenute.
Ora rimane Tommaso Rocchi per un tempo ancora indefinito come unico autentico terminale offensivo, ovvero l'effetto di una scelta di mercato interlocutoria operata nella consapevolezza di avere già in mano - con relativo sensibile esborso economico - il puntero su cui giocarsi in buona parte il futuro, Maurito Icardi. Scelta che avrebbe però dovuto tenere in considerazione, in coerenza con le prese di posizione ed i diktat della dirigenza, le esigenze attuali e quindi inderogabili di competitivita' della squadra. Insomma, su piazza a gennaio, anche per traiettorie low cost comprensibili, ci sarebbe stato di meglio e di più adeguato dal punto di vista tecnico e perfino morfologico alle necessità fin troppo evidenti, pena le pene poi puntualmente sopraggiunte dopo l'intermezzo dell'imbarazzante vicenda Carew. Una lezione che ci auguriamo valga come monito per le soluzioni che verranno adottate per il tempo a venire in uno stato dell'arte che non autorizza voli di ottimismo.
La distanza dai posti che contano era tanta anche dopo Genova e lo è ancor di più, ragionevolmente, oggi. La prospettiva plausibile è quella di percorrere per un altro anno le strade di quell'Europa dotata di scarso appeal con pochissimo entusiasmo. Meglio, a questo punto, la real politik di dare maggiore spazio a qualche giovane che sinora abbiamo solo intravisto, limitando per converso quello di altri su cui con i suoi verdetti reiterati il campo si è già espresso con perentorietà. Giudicheremmo sostanzialmente inspiegabile, tanto per limitarci ad un nome, ogni ulteriore accanimento terapeutico su Jonathan circa il quale, per il composto non solo attitudinale ma anche atletico delle sue gesta, non ci stupiremmo di dover commentare, postumo, un altro caso come quello di Taribo West, recentemente emerso.
C'è, in ultima analisi, da portare a termine con dignitoso contegno e con tutto l'entusiasmo possibile l'ultimo tratto di questo tormentato percorso in attesa di buone notizie dalla società e dal mercato. L'invito alla dignità ed al massimo impegno è rivolto innanzitto a coloro che, in questa compagine tecnicamente immiserita dalle traversie sopra esposte, hanno i mezzi per regalare ancora fiammate in grado di illuminarci in quest'oscurità deprimente. Ogni riferimento ai signori Cassano e Guarin è puramente voluto. A quest'ultimo, in particolare, rivolgiamo l'invito a meritarsi un ruolo di primo piano nell'Inter che verrà. Sempre che gli interessi assicurarselo e non abbia, invece, già in mente qualche altra soluzione per il suo futuro.
Le ultime righe per richiedere agli esecutori della manovra di santificazione tecnica e non di Mario Balotelli una moratoria alle loro azioni ed a tanto smodato scatenamento. È stato deciso che il giocatore e l'uomo debbano essere oggetto di venerazione incondizionata (genere il campionissimo della porta accanto) e già su questo chiediamo il permesso di eccepire il nostro dissenso alla corte dei miracoli degli apologhi diffusi non solo tra le fila dello stesso gruppo che stipendia il ragazzone. Riteniamo, per dirne una, tutto sommato improprio il che il volto del giocatore abbia appaltato nell'ultimo paio di mesi abbondanti la prima pagina del più diffuso quotidiano sportivo italiano. Il quale quotidiano ha debordato nell'orgia di elementi spesi per la buona riuscita dell'operazione ammirazione/simpatia perfino in un infortunio storico - attribuendogli un posto nel Pantheon dell'intelligentia internazionale mai occupato - inserendolo nella classifica annuale stilata da Time.
Fermatevi. Lasciateci almeno l'illusione che la pubblica opinione possa formare i propri giudizi secondo coscienza e verità e facendo passare le informazioni dalla testa e non da qualche orifizio in alternativa. Fermatevi perché la deriva su cui vi siete incamminati porta dritti dritti al giorno non troppo lontano in cui ci racconterete che è tornato l'unico vero grande fuoriclasse del nostro calcio, quello, per intenderci, che raccolse la maglia gettata a terra da un compagno al termine di un Inter-Barcellona di qualche anno fa.
Autore: Giorgio Ravaioli / Twitter: @Gravaioli
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