Il 7 luglio 2017 l'Inter annunciava ufficialmente l'arrivo in nerazzurro di Milan Skriniar. La cosa divertente è andare, oggi, a rileggere i commenti, di allora, su un acquisto giudicato, nel migliore dei casi, fallimentare o non risolutivo. Perché un giocatore preso dalla Samp non avrebbe potuto fare la differenza. Con quel nome poi. Senza pensare all'investimento fatto per un mezzo sconosciuto o poco più.

Fammi indovino che ti farò ricco, dice la saggezza popolare. E sui giocatori, tutti, giudizi e valutazioni possono spaziare dalla stroncatura alla glorificazione senza nemmeno avere il tempo di rendersene conto. O, peggio, senza nemmeno averne idea.

Non serve ricordare l'esultanza smodata per aver soffiato Kondogbia al Milan o essersi aggiudicati Joao Mario dopo un Europeo da protagonista. E magari nemmeno rispolverare l'accoglienza riservata a Nainggolan giusto un annetto fa (a proposito: daje Ninja, daje Claudia, non si molla mai!). Le sentenze del campo sono poi sempre implacabili. Al contrario delle chiacchiere estive e del fantamercato che vuole andare a colmare il vuoto e l'assenza, appunto, del campo che poi, puntualmente, mette tutto in ordine.

Questo per prendere in giro un po' tutti noi: dai giornalisti ai tifosi, l'estate è un fiorire di giudizi affrettati e spesso poi smentiti. Quindi, serve andarci cauti. L'Inter mai come questa volta sta cambiando pelle, non solo a livello di rosa ma soprattutto societario con uomini, idee e modus operandi del tutto nuovi.

La verità è che le stagioni prendono la forma giusta o sbagliata a secondo del lavoro e dei progetti che hanno alla loro base. Sono la diretta conseguenza non solo del talento ma anche, anzi soprattutto, dell'applicazione, della dedizione, della passione e della professionalità. Tutti aspetti che si manifestano, inesorabilmente, nel corso delle settimane e dei mesi sotto forma di vittorie o sconfitte.

Giudicare le intenzioni, quando tutto deve ancora avere un inizio e un senso, è solo un esercizio retorico. Che servirà pure a riempire vuoti ma che, a distanza di tempo, rischia di suonare ridicolo se non ben calibrato. Come certi commenti di due anni fa alla notizia dell'ufficialità di Skriniar. Vero poi che gli italiani sono molto più allenatori che non poeti, santi e navigatori. Ma mai com questa volta il giudizio sui singoli è relativo: il concetto contiano del "noi più forte dell'io" si manifesta proprio andando a dare valore a un giocatore in base alla sua utilità per la squadra. E viceversa. I singoli ingredienti possono avere caratteristiche diversi e alcuni, nella loro individualità, posso persino risultare sgradevoli. Ma il risultato finale, e con esso il suo sapore, è dato sempre dall'amalgama di tutto.

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Sezione: Editoriale / Data: Dom 14 luglio 2019 alle 00:00
Autore: Giulia Bassi / Twitter: @giulay85
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