I colori, la storia, le radici, l'identità. La maglia di una squadra di calcio è molto più che un semplice indumento sportivo da indossare durante le partite. E sì che negli ultimi 20-30 anni questo messaggio è andato via via sfumando, sopraffatto da logiche di marketing e di moda estemporanea. Ma resta ancora oggi, nel 2021, quell'idea di sacrosanta sacralità quando si affronta l'argomento. Nel corso delle ultime stagioni, a livello mondiale, ha preso sempre più piede l'estro degli sponsor tecnici, che spesso ha travalicato anche la normale volontà di modificare il prodotto e renderlo originale. Originale va benissimo. Stravolgere no.

Restiamo all'Inter. La Nike ha un rapporto ormai duraturo con il club di Milano, che proprio negli ultimi mesi ha cambiato ancora il suo logo. L'occhio ci ha già fatto l'abitudine e, in fondo, si è trovato un compromesso tra il passato e il futuro, piaccia o meno la mutazione. Discorso differente per quanto riguarda la prima maglia della nuova stagione. Ci si è accapigliati per la divisa tutta rossa di qualche anno fa (2012/13), che in ogni caso era la terza e non certo la prima. Il blu notte accostato al nero dell'anno successivo (2013/14) è stato il primo smacco alla tradizione, reso ancora più lampante nel 2014/15 con l'ormai famigerato 'gessato'. Un lieto ritorno alla normalità nella splendida prima maglia del 2015/16, mentre pessima alla vista e pure a livello di risultati la divisa 2016/17, con quel giallo fosforescente che ancora oggi mette i brividi. Dopo tre stagioni decenti, con gli esperimenti limitati alla seconda e alla terza maglia (verde Tiffany, grigio Duomo...), l'anno passato la Nike decide di proporre le righe a zig-zag, accolte con freddezza dai supporter interisti, premiati però alla fine con lo scudetto. Per il 2021/22, la rottura totale che, purtroppo, riguarda proprio la prima maglia.

Vengono a mancare due pilastri dell'identità di FC Internazionale: niente righe e niente nero. Decisamente troppo anche per chi vuole aprirsi un varco enorme verso un presunto futuro e nuovi mercati. Passi il disegno squamato, con le righe che diventano sfumate e indefinite, ma la rinuncia al nero è francamente inaccettabile. I colori sociali dell'Inter sono il nero e l'azzurro, non l'azzurro e il blu. L'effetto tv che restituisce un totale più congruo e meno rivoluzionario rende questa divisa 'soltanto' la terza peggiore dopo il blu notte del 2013/14 e il gessato del 2014/15. Magra consolazione. Ripetiamo: inaccettabile. E lo è sia la proposta dello sponsor tecnico che l'accettazione della stessa da parte del club.

Con la seconda maglia puoi anche giocarci, con la terza ti si concede il lusso del divertimento, ma la prima resta sacra. Non è una t-shirt, è una maglia da calcio che, come tale, ha determinati canoni da rispettare. Non sono tanti, ma quei pochi vanno tenuti saldi. Puoi confondere finché vuoi con discorsi che riguardano marketing, mercati, nuove frontiere e tutto il resto: l'erroraccio resta evidente. E non è questione di essere boomer, ma di rispetto per la storia e per l'identità di una squadra di calcio. Rispetto per la maglia dell'Inter. Questa non è la maglia dell'Inter.

 
Sezione: Editoriale / Data: Mar 20 luglio 2021 alle 00:00
Autore: Alessandro Cavasinni
vedi letture
Print