Dominio, controllo e... libertà. Se ultimamente vi è capitato di conversare di Inter con un compagno di tifo, sono probabilmente queste le parole maggiormente utilizzate nei vari discorsi attorno al gioco di Simone Inzaghi. Termini che inquadrano una grande squadra, come l'Inter è tornata a essere in questi ultimi anni, sui quali però bisogna cominciare a intendersi per non incappare in grossolani errori di valutazione. L'ultimo derby di Milano, perso in maniera logica secondo le regole non scritte del Gioco, per esempio impone di dare il giusto significato a queste tre caratteristiche che contraddistinguono in maniera plastica l'era d.C., dopo Conte.

Come già successo per i pochi stop stagionali dei nerazzurri, il concetto che giocatori e tecnico fanno passare nelle interviste post-partita è più o meno il seguente: la sconfitta è immeritata, ma questo è il calcio. Affermazioni a cui seguono puntualmente le spiegazioni sul comandare la partita per tot minuti (di solito 70'-75') e il tenere a bada l'avversario rendendolo inefficace in zona offensiva. Il tutto trascurando nell'analisi complessiva quella 'libertà' tanto sbandierata come dote che in realtà non così raramente finisce per impattare sul risultato finale che, fino a prova contraria, determina le classifiche e si usa per assegnare i trofei. Sì, perché ci sono momenti di una partita, soprattutto quando il punteggio è ancora in bilico, in cui i margini delle scelte individuali degli undici in campo andrebbero ridotti, non lasciati come al 1'. Il coraggio di proporre un calcio totale non può durare ininterrottamente per due tempi, ecco perché qualche volta sfocia in pericolosa presunzione. E il prezzo che si paga emerge soprattutto negli scontri diretti, cioè contro quegli avversari che non puoi sottostimare neanche per 5'. All'Inter manca ancora quest'ultimo step, che era stato raggiunto in Italia al culmine del biennio contiano, non senza le ben note deviazioni nel percorso verso lo scudetto della prima parte della scorsa stagione. Il famoso killer instinct agognato e poi trovato nel girone di ritorno dal tecnico salentino, l'abilità di uccidere sportivamente il nemico nel momento giusto, proprio dopo avergli fatto credere di aver preso campo. Il 3-0 con il Milan dell'anno scorso è uno degli emblemi di quella filosofia: una volta andata in vantaggio, l'Inter diventava imperforabile e implacabile. Un deterrente massimo per gli avversari che rimanevano imprigionati in un senso di ineluttabilità della sconfitta. Quella forza era la risultante di un calcio fatto di schemi e codici, di un dogmatismo che si esaltava grazie alle armi letali Lukaku-Hakimi, spietati in ripartenza.

Un metodo che dopo due anni e un'estate tribolata è diventato anacronistico causando una crisi di rigetto del gruppo che Inzaghi è stato bravo ad intercettare come se fosse un compagno di squadra più che un allenatore. "Ci ha dato la libertà che permette di ricordarci che il calcio è un gioco", ha recentemente raccontato Alessandro Bastoni a La Repubblica riassumendo perfettamente questa transizione dal vecchio al nuovo. Con una postilla importante: "Tranne quando perdi". Come a dire: guai a confondere la nuova 'leggerezza inzaghiana' con la superficialità di chi ha l'arroganza di pensare che lo scudetto possa solo perderlo, a maggior ragione con l'attuale classifica. Dopo sabato scorso è cominciato un nuovo campionato che alla prima giornata propone la sfida più tosta, contro il Napoli, nelle ormai ben note condizioni ambientali, tra squalifiche, infortuni e la 'distrazione' Champions. L'Inter, insomma, deve rivincere uno scudetto che Allegri e compagnia le avevano già assegnato sulla fiducia, ricordandosi di non rinnegare il suo recente passato: la lezione di Conte non può rimanere inascoltata quando si tratta di passare all'incasso a livello di trofei. Ok il divertirsi in campo, ma il piacere di una vittoria piena, che riempie gli occhi esteticamente, deve essere pari al dolore di una sconfitta bruciante. Sprecato in maniera sciagurata un match ball scudetto con il Milan, per l'ansia ingiustificata di fare calcoli all'inizio di un tour de force tremendo, al 'Maradona' verrà misurata la vera reazione di Dzeko e compagni a uno choc che l'intermezzo di Coppa Italia non può aver cancellato del tutto.

Sezione: Editoriale / Data: Gio 10 febbraio 2022 alle 00:01
Autore: Mattia Zangari / Twitter: @mattia_zangari
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