Tra le tante cose da dire dopo una clamorosa e gravissima sconfitta ci sono le responsabilità da attribuire, le cose da fare e gli obiettivi da ridimensionare drasticamente. 
Inciso: stavo per fare un editoriale che riportava più o meno fedelmente la mia opinione su questa sciagura. Ma nei minuti immediatamente successivi alla partita sono, anzi siamo stati aggrediti verbalmente da un gruppo di bulletti virtuali che ha pensato di usare le bacheche dei social network per fare una caccia agli "accusatori di Mazzarri".
Il livello di insulti e minacce è stato talmente violento da ritenere che non valga la pena parlare di calcio con delle idee, oltretutto motivate, se dall'altra parte c'è chi è pronto a brandire scimitarre virtuali e chiedere la tua testa per questa materia che per molti non è più un gioco da tempo. Certo, vedere truppe di punitori Mazzarriani aggirarsi nella città deserta, a caccia dei suoi censori per chiederne la testa è davvero avvilente per i toni e la volgarità.

Procedo perciò su un'altra strada perchè non c'è serenità per parlare di questo argomento.
Le cose da fare: pensare a vincere almeno una partita in campionato perchè la classifica è senza precedenti, a questo punto della stagione. Ormai è praticamente ufficiale, in Champions League l'Inter non ci andrà. Ma è altrettanto vero che la prossima settimana si va a Verona a giocare contro un Chievo che può rappresentare la definitiva pietra tombale di questa stagione.
L'Inter gioca in modo stupido, fa giocate scellerate, errori individuali tecnicamente gravi, anche da parte di giocatori che non hanno piedi da fabbro. 
E' una squadra che non infiamma, che non attecchisce, composta da giocatori condizionati da un profondo senso individualista e che per questo non conoscono l'alfabeto del collettivo. Ci provano ma in ogni partita è come se non si fidassero di sé stessi e dei compagni. Ogni inizio è bolso, impaurito dai propri limiti. E allora sperano in una giocata o, se vanno sotto di un gol, si agitano, si scuotono, mulinano le gambe più velocemente e fanno accadere qualcosa. Ma sono tutti impulsi emotivi. Il fatto è che a questa squadra mancano dei giocatori che, oltre alla qualità dei piedi, abbinino quella della testa. Intendo dire che alla maggior parte di loro manca il pensiero del gioco. Guarin porta il caos dietro di sé, quando prende palla ha la cronica abitudine di improvvisare con un tiro da quaranta metri, una giocata che nessuno dei suo compagni si aspetta, un pressing inutile. Poi anche un'intuizione azzeccata. Ranocchia e Kuzmanovic hanno il passaggio in orizzontale che rallenta e il lancio facile spesso fuori misura e dunque improduttivo. J.Jesus vive di sportellate, di avanzate alla Lucio che non spetterebbero a lui. Nagatomo, almeno quello visto con l'Udinese, è un onesto mestierante senza la corsa o la personalità per essere prezioso. Dodò sta imparando a giocare a quattro ma è evidente che questo modulo lo impoverisce, gli toglie lo spunto nell'uno contro uno, privilegiando la sua corsa generosa. Palacio non lo so, probabilmente la sua carriera all'Inter finisce cupamente, l'istinto di conservazione da attaccante deve averlo definitivamente esaurito durante i Mondiali. Kovacic si avvilisce a giocare da solo, senza un vero compagno con cui dialogare e Icardi si accende solo quando fa gol. 

L'errore più grave che possa fare la società è quello di fare un mercato attendista. Se vuole raddrizzare una stagione già compromessa è bene che gli acquisti li faccia ora per i primi dell'anno e non aspettando gli ultimi giorni di mercato.
Chiudo con le dichiarazioni dei giocatori. Sarebbe ora che la finissimo con tweet spensierati, interviste pregne di ottimismo e cariche di grinta e poi dichiarazioni post partita mortificanti. Su tutti Ranocchia, Guarin e Kovacic. 
Va bene essere giovani ma il principio della responsabilità è tutta sui giocatori che, alle parole serene della settimana, vorremmo che abbinassero prestazioni grintose. Non isteriche. 
Restiamo in attesa.
 

Sezione: Editoriale / Data: Lun 08 dicembre 2014 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo
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