Alla Gazzetta dello Sport, nel giorno del derby, parla Gianfelice Facchetti. Punto di vista come sempre non banale per l'erede di Giacinto.

Come vede questa Inter?
"Per vari motivi noi in estate abbiamo ragionato con oculatezza per quello che si poteva fare. Il punto forte ora sta in panchina, ma credo che adesso ci siano dei riferimenti più chiari anche in società. A partire da Alessandro Antonello, un bergamasco di provata fede interista proprio come papà. La squadra non offrirà un calcio champagne, ma ha una sua impronta e sa compattarsi per difendere quanto ottenuto. Una stagione positiva si costruisce prendendo pochi gol".

Eppure i giocatori sono quasi tutti gli stessi dell’anno scorso.
"Skriniar è stato un innesto prezioso, ma tante cose sono cambiate. Da Icardi che partecipa di più alla manovra a Brozovic e Perisic che cercano di mettere il loro talento al servizio del collettivo".

Quanto peserà l’assenza di Brozovic, che a Benevento sembrava essersi finalmente acceso?
"Se davvero si è acceso, resti acceso anche quando torna...".

Veniamo al Milan.
"Loro invece hanno cambiato tantissimo. E noi interisti sappiamo bene che questo poi richiede tempo perché le cose girino. Credo però che, presi dal valorizzare i nuovi acquisti, si siano dimenticati dei “vecchi” che li hanno riportati in Europa. Anche aver dato la fascia a uno appena arrivato è una mancanza di rispetto verso chi c’era già".

Che approccio immagina?
"Il Milan si gioca la credibilità di un progetto. Vero che siamo all’inizio, ma se dovesse perdere la quarta partita su otto... Avranno più pressione e giocheranno la gara della vita. Noi dovremo avere la stessa carica, anche per dimostrare che meritiamo questa classifica".

Come finirà il derby?
"Vinciamo 2-1 con gol di Skriniar e Icardi".

Quanto pesa Spalletti?
"Lui è tagliato per questa società, lo vedo come l’uomo giusto nel posto giusto. Al di là del gran lavoro sul campo, il suo modo di porsi, di parlare, il suo recuperare pillole di memoria sono elementi che l’hanno fatto amare ancor prima che venissero i risultati. Ha colto la “fame”, la necessità di sentire un linguaggio familiare".

L’Inter all’inizio vinceva e non prendeva gol anche nel 2015 con Mancini. Perché stavolta il finale dovrebbe essere diverso?
"Perché non credo ai ritorni, Mancini è bravo ma venne ripreso per colmare un periodo di anonimato. E il modo in cui è finita conferma che qualcosa non andava. Questa Inter è più compatta e solida. E ha un allenatore più affamato, che porta una carica incredibile e vuole andare oltre certi limiti".

Sezione: News / Data: Dom 15 ottobre 2017 alle 09:44 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
vedi letture
Print