Uscire con un niente di fatto. E dire che allo Juventus Stadium sembrava tutto apparecchiato per una remuntada: una Juve remissiva, che controlla i primi minuti di gioco per poi rintanarsi nella propria area di rigore e lasciare il pallino del gioco ai nerazzurri. Che macinano gioco, sfondano a più riprese sul lato di Hakimi, ma sul più bello smarriscono ogni brandello di idea e si schiantano sul muro bianconero. Un niente di fatto, appunto. Tanti rimpianti, dicevamo, perché questa finale di Coppa Italia l’Inter l’ha persa all’andata, con quel doppio errore da matita blu che ha permesso alla Juve di mettere la testa avanti. E poi i ragazzi di Pirlo sono stati bravi a non girarsi più indietro, resistendo autorevolmente, senza mai crollare nonostante le evidenti difficoltà in fase di impostazione bassa - grazie anche a un pressing dell’Inter molto efficace.
Conte cancella un altro obiettivo dalla lista, dopo la beffarda eliminazione dalla Champions League. Perdere contro la Juventus, per di più in una gara che porta alla finale, fa estremamente male. Ma non deve disperdere le energie per il vero, unico obiettivo dichiarato della stagione interista. Che è ancora lì, una manciata di punti davanti alla squadra: ma ormai non si può più sbagliare. La peggior nemica dell’Inter è se stessa, allo Stadium è stato dimostrato un’altra volta.
TROPPO POCO - E’ un peccato aver sprecato così quest’opportunità di avvicinarsi a un trofeo, per l’Inter. Anche perché quando la squadra di Conte ha giocato come sa, ha messo in crisi nera la Juventus. Dall’andata di San Siro allo Stadium, la musica non è cambiata: Barella e Hakimi sono due giocatori che semplicemente la Juve non ha ed è su queste basi che l’Inter nel primo tempo ha costruito il suo assalto. Ma come all’andata, quando le occasioni sono fioccate è mancata la concretezza: l’Inter avanzava come la marea, investendo di foga gli avversari ma mancando completamente di lucidità negli ultimi 15 metri. La Juve ha giocato una partita intelligente, prima dettando il ritmo e poi aspettando l’Inter, chiudendosi a riccio a coprire la propria trequarti. Né Eriksen né Brozovic hanno trovato mai il passaggio giusto e il risultato è stato il rumore di un martello che batte, a vuoto, sull’incudine.
LULA OUT - Il piano partita di Andrea Pirlo è stato molto rischioso, ma alla fine vincente. Perché se da un lato ha puntato su Bernardeschi per impensierire Hakimi, con risultati tutt’altro che soddisfacenti, dall’altro lato ha azzeccato la chiave di lettura sulla LuLa. Che, già stanca di suo, si è vista tagliare fuori da ogni tipo di rifornimento offensivo. Lautaro e Lukaku hanno fatto una fatica tremenda a trovare la posizione, marcati a uomo e tagliati fuori da ogni linea di passaggio dei compagni.
Sono loro il principale strumento offensivo dell’Inter, che ieri ha girato a vuoto. E sì che le occasioni sono capitate anche sui piedi dei due panzer interisti: ma come Lautaro ha sbagliato un paio di occasioni ghiotte nel primo tempo, così Lukaku ha sparato a salve per gran parte della gara. Chiariamo, è difficile fargliene una colpa: la LuLa ha giocato sempre, senza vere alternative è impossibile pensare di avere lo stesso ritmo. Soprattutto per la mole di gioco che passa per i piedi del 9 e del 10. Ma tant’è: nella notte di Coppa, la LuLa è out e con lei tutta l’Inter. Peccato.
SOLO UNO - Nel proprio subconscio l’avranno pensato tutti: se delle prossime partite proprio c’è da perderne una, meglio sacrificare una Coppa Italia già compromessa piuttosto che la corsa al campionato. Che si fa sempre più irta, insidiosa, perché proprio la Juve ha ripreso il passo da Scudetto e il Milan non accenna a mollare la presa. Sarà una gara di centimetri, come diceva Al Pacino. E la differenza tra la vittoria e la sconfitta, per l’Inter, la faranno proprio questo tipo di partite: la Juve si è rintanata nella propria metà campo per oltre un tempo, senza però dare mai un segno di cedimento mentale. Lì dove l’Inter si continua a mostrare volubile, a volte incerta. Questa squadra deve compiere il salto di qualità definitivo, perché a livello di interpreti non è seconda a nessuno. Nemmeno alla tanto agognata Juventus, che vive sulle orme di Ronaldo e sulla consapevolezza di essere una squadra sì giovane, ma anche piena di campioni. L’Inter è ancora in cerca di se stessa, della sua versione definitiva Ma ora gli impegni si riducono a una sola competizione, per cui da qui a Maggio si giocherà una volta a settimana. L’occasione è troppo ghiotta per non giocarsela fino in fondo. Perché il gruppo e Conte hanno dimostrato di meritarsi la fiducia dell’ambiente, in attesa di capire cosa farà il gruppo Suning con la società. Ma come dice Marotta, un gruppo forte sopravvive anche alla peggiore delle tempeste. L’Inter è di questa tempra?
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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