Grandi risultati da presidente dello Spezia prima, ruoli estremamente importanti a Milano poi. Dieci anni fa entra a far parte del Consiglio d'amministrazione di FC Internazionale come direttore generale e con delega al settore giovanile, intraprendendo un percorso che lo porta a raggiungere l'apice nel 2009-2010, con la grande stagione terminata con lo storico Triplete. L'addio all'Inter si concretizza nel maggio del 2012, con quella lettera pubblicata sul sito ufficiale della società, quando abbandona l'incarico di direttore generale, oltre quello che ancora ricopriva a livello canterano.
Stiamo parlando di Ernesto Paolillo, che in questa intervista esclusiva analizza varie tematiche extra-campo che riguardano in primis il club di Corso Vittorio Emanuele, ma che toccano indirettamente anche l'intero calcio italiano. Il Financial Fair Play, le difficoltà di allestire una squadra competitiva con le restrizioni UEFA, l'eventualità - paventata tempo fa dal diretto interessato - della fusione tra Milan e Inter per far fronte al comune momento di difficoltà, un modello (quello dei club esteri) a suo dire lontani anni luce, oltre una Primavera che ha salutato le fasi finali del campionato di categoria dopo l'eliminazione per mano della Lazio. Questo e molto altro nell'analisi di FcInterNews con l'ex dirigente nerazzurro.
Dott. Paolillo, cosa pensa di quanto emerso nei giorni scorsi sulle strategie aziendali di Thohir che in Italia hanno suscitato clamore?
"Non conosco Thohir e non so cosa l'abbia spinto ad acquistare l'Inter. Fino a questo momento non ha spiegato su quale strategia si basa il suo progetto: all'inizio sembrava che i giovani dovessero occupare un ruolo fondamentale, ma poi hanno avuto sempre meno spazio, in favore di arrivi di giocatori di esperienza, forse anche troppo maturi. Adesso Thohir dovrebbe chiarire qual è realmente la sua intenzione, perché al momento sembra ci sia un po' di confusione".
È possibile per l'Inter fare mercato senza un sacrificio importante, considerando che Kovacic sembra l'ultimo rimasto in lizza? Senza dimenticare, ovviamente, il Financial Fair Play.
"No, assolutamente. Escludo che l'Inter possa allestire una squadra importante senza alcuna partenza di rilievo, a maggior ragione con il FFP. Per questo gli acquisti devono assolutamente essere bilanciati dalle vendite, non c'è altra via di uscita. Qualcuno dovrà essere sacrificato per arrivare ad altri giocatori".
Il Milan ha accolto la Doyen per ottenere maggiore liquidità. Da esperto, come valuta questa operazione? Non c'è il rischio di un conflitto di interessi sul mercato, visto che il fondo è proprietario di alcuni cartellini?
"Per quanto riguarda il mercato italiano non ci sarebbe il pericolo del conflitto di interessi, perché in Italia è vietata la proprietà di un cartellino che non sia della società stessa. Quindi non vedo problemi di questo tipo. Al contrario, invece, se consideriamo gli altri mercati".
Qualora un club, come ad esempio proprio il Milan, decidesse di acquistare un cartellino del fondo, cosa potrebbe succedere?
"Potrebbe acquistarlo, ma solo a titolo definitivo. Altre formule non sarebbero concesse".
L'Inter non potrebbe fare altrettanto con nuovi soci per dare ossigeno alle proprie finanze?
"Ogni nuovo ingresso che potrebbe portare liquidità sarebbe il benvenuto, questo è chiaro. Il problema, però, sarebbe un altro: bisognerebbe capire chi comanda, chi governa, chi amministra il denaro e chi, invece, no".
Più volte si è espresso circa la bontà dell'eventuale fusione tra Milan e Inter. Perché pensa questo e cosa potrebbe portare questo cambiamento così radicale?
"A suo tempo la mia fu una provocazione, perché è estremamente triste vedere due realtà come Milan e Inter vivere un momento di così grande difficoltà. Milano però non può permettersi due stadi differenti. Un impianto sportivo, in questo caso calcistico, dovrebbe 'vivere' sette giorni su sette, non solo nel week-end in cui scendono in campo le squadre. Milano non è una città competitiva e con l'arrivo degli investitori stranieri è venuto meno l'aspetto legato al tifo che, al contrario, con Berlusconi e Moratti era ed è garantito. Chi viene dall'estero è legato al business, questo sicuramente, ma non può avere quel legame con città e tifosi che contraddistingue un italiano. Quindi il mio messaggio era questo: piuttosto che avere due club in estrema difficoltà sarebbe stato più opportuno averne solo uno in salute. Ma non penso a un Milan che diventa proprietario dell'Inter o viceversa, ma a una società totalmente nuova che rappresenti la fusione dei due club, con l'obiettivo di dare una nuova identità alla città di Milano. Questo era il mio messaggio. Non dimentichiamo inoltre che Milan e Inter sono nate da una scissione, quindi potrebbe tranquillamente accadere il contrario. Però questa eventualità appare lontanissima dalle idee economiche-industriali che ci vorrebbero oggi".
Più volte a Mancini è stato detto pubblicamente che avrà una squadra competitiva: dall'esterno crede sia possibile mantenere la promessa?
"Sicuramente non si può allestire una grande squadra in pochissimo tempo ed essere competitivi già nell'immediato. Questo comporterebbe l'acquisto di grandi giocatori pronti sin da subito per aiutare la rosa ad alzare il livello qualitativo, oltre che numerico. Si potrebbe accontentare Mancini andando ad individuare quei ruoli che, secondo lui, sono fondamentali e necessitano di interventi importanti, perché sarebbe controproducente sostituire tanti giocatori in altrettanti ruoli. Il Borussia Dortmund e l'Atletico Madrid hanno dimostrato che si possono avere delle squadre competitive anche senza spendere tanto. Bisogna essere in grado di individuare i giocatori giusti e avere lungimiranza".
Non ha citato Borussia Dortmund e Atletico Madrid a caso. Secondo lei il calcio italiano, a livello di progettualità, quanto è distante da realtà di questo tipo?
"Direi anni luce, forse di più. Purtroppo in Italia non c'è proprio questa filosofia di lavoro, quindi non ci siamo. Assolutamente".
Recentemente la UEFA si è espressa in merito alle sanzioni a cui l'Inter dovrà far fronte. Secondo lei il club riuscirà a rientrare nei parametri?
"Attraverso le cessioni sarà possibile, ma attraverso la competitività della squadra la vedo dura. Credo sia difficile che la squadra del prossimo anno sia in grado di arrivare al top, anche se da tifoso mi auguro il contrario. Ma preferisco essere realista. Per quanto riguarda, invece, il rispetto del bilancio e delle regole, beh... allestire una rosa di alto livello con il rispetto dei parametri penso sia un traguardo difficile da raggiungere, stiamo parlando di due aspetti molto distanti. Quindi sono pessimista".
Infine, un pensiero per i ragazzi della Primavera che sono usciti dalla corsa scudetto dopo una stagione, quasi, da dominatori.
"Mi dispiace tantissimo, è un grandissimo dispiacere perché non è stato raggiunto un obiettivo che era indubbiamente alla portata di questo gruppo. Per arrivare in fondo e raccogliere risultati occorre, però, che ci sia sintonia tra campo e società. Mi sembra che ultimamente questo non sia successo".
Francesco Fontana
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