Se cercavamo una risposta convincente dopo l’imprevista seconda settimana deludente, questa è arrivata dal risultato. L’Inter ha battuto il Bologna mantenendo costantemente il predominio territoriale e tentando di tenere a bada le tante imperfezioni di questo periodo. 

Prima di entrare nel dettaglio va precisato che oggi non è possibile giudicare la prestazione e la stagione con lo stesso metro degli scorsi anni. L’asticella si è alzata, la campagna acquisti ha arricchito la rosa e la società durante l’estate non ha subito sconquassi. 
Essere contenti per aver vinto in trasferta è legittimo ma per il tipo di obiettivo stagionale, uscire con i 3 punti dal Dall’Ara deve diventare consueto. Eppure a inizio settembre ha ancora tanta strada da percorrere per arrivare al livello che pretende da se stessa.

Le giustificazioni per un inizio di stagione tanto frastornante sono in parte comprensibili, ma resta il fatto che il calendario permetteva di superare quel tipo di problemi badando al sodo fin dal principio, rinunciando agli esperimenti (Asamoah interno, Dalbert titolare, Skriniar in panchina) o a soluzioni intermedie (Lautaro Martinez dietro ad Icardi, in una posizione diversa da quella utilizzata nelle amichevoli). Punti persi contro avversari modesti e che da Bologna aveva l’obbligo di recuperare.

Il coefficiente di difficoltà prima del match è però improvvisamente aumentato, causa Icardi, infortunatosi nel riscaldamento e Lautaro Martinez in condizioni fisiche poco brillanti, più Karamoh dato in prestito al Bordeaux. 

Spalletti così ha scelto obbligatoriamente Keità come attaccante, assistito da Perisic e Politano, con Nainggolan al debutto, alle sue spalle.

L’Inter ha meritato di vincere, anche se il punteggio è più largo di quanto non sia stata la verità della partita. Per questo va registrata una condizione fisica da migliorare ulteriormente, un assetto tattico che dopo la sosta metta delle certezze e che Spalletti trovi una squadra titolare.

Nainggolan ha inciso con il gol decisivo, è un giocatore importante per il temperamento e la capacità di sintesi, specie in una squadra che fatica storicamente ad avere cattiveria.

Non è, non poteva ancora essere il giocatore ammirato nella Roma, al debutto con l’Inter in una gara ufficiale, dopo aver saltato tutta la fase estiva delle amichevoli, tuttavia il suo peso si è registrato proprio nella determinazione ad aggredire gli avversari, a cercare il contatto fisico e mostrare quella personalità di cui la squadra è nel complesso ancora deficitaria. 

La notizia davvero clamorosa viene dal primo gol di Candreva dopo 16 mesi. Un evento che andrebbe sfruttato perché l’esterno è entrato bene e potrebbe diventare determinante nella stagione, entrando a gara in corso in tante partite che hanno bisogno di esperienza, gestione del match e possibilità di sfruttare gli spazi.

L’Inter per poter avere ragione di una squadra che si è difesa praticamente tutto il match, ha però dovuto attendere 66 minuti, un periodo durante il quale la squadra ha anche dato la sensazione di non sapere bene come e quando alzare il ritmo. Ogni volta che aumentavano le sovrapposizioni, gli esterni si allargavano e c’erano almeno tre giocatori a dettare il passaggio l’Inter diventava pericolosa. In troppi altri momenti c’è stata volontà ma estrema lentezza. 

Il problema è a monte e riguarda il modo in cui la squadra è stata costruita. Dico una cosa molto impopolare, specie dopo una vittoria, quando sembra vietato fare critiche. Considerando che poco dopo il vantaggio il Bologna è anche andato vicinissimo al gol di testa con Santander al 74°.

Questa è una squadra progettata per essere robusta e dominare fisicamente ma non per giocare bene. La difesa è aumentata numericamente ma il livello più alto non è ancora visibile, come ha dimostrato più di un imbarazzo in queste prime partite. L’attacco è invece qualitativamente ben fornito e ricco di talento. Forse manca una torre, considerando i tanti cross che rappresentano uno spreco. Da anni infatti l’Inter gioca come se avesse in attacco Dzeko e Icardi non viene ancora servito in modo ottimale. Politano sta impattando in modo convincente e il posto da titolare se lo sta meritando ampiamente, Perisic migliorerà nel tempo e Keita ha tanto talento. 
Il vero dilemma è a centrocampo, fonte di un gioco che, esattamente come negli anni precedenti, risulta prevedibile, macchinoso e dipendente da un solo giocatore: Brozovic.
Non manca la capacità di fraseggiare ma il palleggio affossa il ritmo invece di esaltarlo.

Si tratta di caratteristiche dei giocatori, non di mediocrità. Gagliardini e Vecino giocano spesso in orizzontale mentre Borja Valero nel corto. A metà campo manca ancora un interno capace di andare via all’uomo, tirare dalla distanza e dialogare con Brozo. 

L’Inter è però in grado di alzare ancora molto il suo livello e forse lo vedremo proprio nelle grandi sfide, con squadre che la costringeranno ad essere concentrata e la affronteranno a viso aperto. Da quel momento potremo valutare meglio le coordinate di una squadra che non ha ancora terminato la gestazione.
Amala.

VIDEO - IL "NINJA" FA IMPAZZIRE TRAMONTANA: BOLOGNA-INTER 0-3

Sezione: Editoriale / Data: Dom 02 settembre 2018 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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