L’Inter ha vinto la partita più importante degli ultimi anni. Non si raggiungeva un simile livello dalla squadra di Stramaccioni, vittoriosa a Torino contro la Juventus. L’esito di quella stagione si stampò contro il più alto numero di infortuni della storia interista e una serie di congiunture bibliche. Nel complesso questa è però la partita che sancisce definitivamente il ritorno dell’Inter nell’elite del calcio italiano. Può ufficialmente giocarsela per il terzo posto Champions. E, considerando la forza di Roma, Napoli, Fiorentina, della Juventus, tornata alla vittoria e non poi così distante, non può invece vincere lo scudetto. 

Un’ora prima della partita ha iniziato a circolare la formazione dell’Inter e la reazione di quasi tutti è stato di comprensibile sgomento. Non solo la rinuncia a Icardi, da qualcuno benedetta, ma anche la doppia sorpresa di Nagatomo e D’Ambrosio. I ragionamenti logici di tutti passavano attraverso la follia di Mancini e le sue scelte volte a stupire. Io sono tra quelli che, nonostante le appassionate arringhe difensive per lui, non ritengo sempre perfette (ci mancherebbe) le sue intuizioni e, in particolare, mi sembrava che questa sera avesse quantomeno esagerato con gli effetti poco speciali. 

La partita ha detto che Mancini aveva ragione ma non per il semplice risultato, quanto piuttosto per il tipo di apporto dato dai due esterni e dall’ordine difensivo a cui collabora tutta la squadra. Fatto è che le sue scelte si fondano su un organico che nessuno meglio di lui può vedere. E l’en plein viene dall’avere colto più di una vittoria questa sera. La prima viene dall’aver battuto la capolista rinnovando lo status di provinciale tra le grandi squadre del campionato. La seconda viene dall’aver preso la testa della classifica. La terza arriva dall’esclusione di Icardi, al quale ha dimostrato che la squadra può segnare anche senza di lui e spronandolo a una maggiore futura partecipazione alla manovra. La quarta viene dall’aver dato la netta sensazione a tutta la rosa di poter essere importante in ogni momento del campionato. Insomma nessuno è escuso, nemmeno Dodò se ci si impegna bene in allenamento. La quinta è l’ultimo tassello della consapevolezza, quello scalpo importante che nonostante la buona classifica e i pochi gol subiti non era ancora arrivato contro Fiorentina e Juventus.

La squadra nel primo tempo ha meritato il vantaggio con il gol di Medel, idolo ormai incontrastato di un pubblico che nonostante desideri il bel gioco si innamora di chi dà tutto per la maglia. Medel che ha una straordinaria somiglianza con il Jon Favreau di 'Le Riserve'. Se non avete visto il film c’è un esilarante video su youtube in cui Gene Hackman lo spinge a prendere una palla. E Bateman Medel la prende. Nel secondo tempo a squadra si schiacciata in difesa, complice la forma non ancora perfetta di D’Ambrosio, l’uscita proprio del cileno, l’ingresso di Kondogbia non ancora calato nel suo ruolo, la stanchezza di Jovetic e una mancanza generale di un riferimento di grande livello a centrocampo. Per questo ho pronto un idrante adatto a spegnere gli entusiasmi in eccesso: l’Inter non è più forte della Roma e la partita lo ha dimostrato ampiamente. I giallorossi sono più forti e più tecnici, con legittime ambizioni di scudetto che questa sera si sono scontrate contro una squadra unica nel suo genere, forte, fisica, umilissima, brutta da vedere, persino sgraziata in alcuni suoi componenti e per questo sottovalutata da molti. E’ proprio questa la secca da cui non si riesce ad uscire. Personalmente trovo stucchevole e masochistica questa pretesa di bel gioco dopo anni quasi demenziali.

Mancini ha una strategia che è iniziata dalla campagna acquisti estiva, deciso più di ogni altro a dare sostanza a una squadra rivoluzionata in ogni reparto e resa una macchina da guerra. Non c’è buon senso nel pretendere da lui anche lo stile nel gioco. Comprensibile pretendere una maggiore efficacia nelle ripartenze, un po’ più di precisione nei passaggi e nelle verticalizzazioni e soprattutto una maggiore attitudine a non farsi schiacciare nella propria area. Posto che quando l’Inter ha fatto il contrario è accaduto di tutto.

Escono vincitori anche e soprattutto Brozovic, il quale ha finalmente compreso che i ragionieri nel calcio devono giocare con la bava alla bocca, la premiata ditta Murillo-Miranda e Handanovic che ha ottenuto la tregua dai suoi numerosissimi detrattori con delle parate decisive. Bravo anche Perisic, ma ora l’Inter dovrà lavorare per non vincere più solo 1-0 con la consueta accusa superficiale di fortuna ingiustificata per partite che vince senza merito. La prossima settimana si va dal furibondo Torino. Conviene restare allineati e realisti, senza pretese fuori luogo. Per una volta l’interista si goda la settimana.
Amala

Sezione: Editoriale / Data: Dom 01 novembre 2015 alle 00:00
Autore: Lapo De Carlo / Twitter: @LapoDeCarlo1
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