Tranquilli, non avete sbagliato sito. E il sottoscritto continua a fare parte di quei tifosi che se dovessero scegliere tra uno scudetto nerazzurro e la terza retrocessione dei dirimpettai cittadini, non avrebbe dubbi votando "la seconda che hai detto". Il titolo, volutamente provocatorio, riguarda questa sessione di calcio mercato che, anche se solo agli inizi, sembra un supplizio per la nostra Inter e un parco divertimenti per gli altri, Milan in testa. Il nostro malcontento per operazioni che non si concretizzano è accresciuto dal fatto che la società, con Roberto Mancini in testa, aveva invece annunciato più volte, al termine di questa triste stagione, che sarebbero stati acquistati i giocatori in grado di far tornare l'Inter ai livelli che la storia del club impone. E il tecnico, nella conferenza stampa alla vigilia di Inter-Empoli, disse anche che certi giocatori sarebbero dovuti arrivare al più presto in modo da iniziare la preparazione estiva a ranghi pressochè completi.

Finora, invece, il mercato della Beneamata si svolge all'insegna dello snocciolamento di nomi desiderati o proposti, ma il colpo non si annusa e ogni giorno che passa scemano entusiasmo, aspettative e fiducia in chi dirige. Altro che Yaya Touré con la maglia nerazzurra già addosso e Benatia voglioso di lasciare il Bayern per approdare alla Pinetina. Purtroppo in questa sessione di mercato stanno tornando di moda volgari motivi di convicimento per strappare campioni alla concorrenza: si chiamano soldi. Senza questi non si va da nessuna parte, anche se armati di un tecnico con carisma e di qualchee idea interessante. Vince chi spende e chi vince rientra, anzi genera profitti, Juve docet. E allora come se ne esce?

L'Inter senza Europa (per ora) rimarrà praticamente quella della scorsa stagione a causa di mancanza di liquidi pesanti da investire complice anche la mannaia del Financial Fair Play? Erick Thohir, Piero Ausilio e lo stesso Roberto Mancini stanno rischiando di fronte al popolo nerazzurro in fremente attesa di essere stati solo degli allegri parolai senza avere fatto i conti con una realtà che non guarda in faccia a nessuno, nemmeno a un club che si chiami Inter, ultima italiana a salire sul tetto d'Europa e del mondo? No, non ci posso e non ci voglio credere. Non sarà così perché altrimenti sarebbe stato tutto troppo strano, dilettantesco, da giustificare una contestazione di massa da parte dei tifosi a tutto e tutti. È chiaro che se finora non si sia ancora andati a dama è perché il mercato in entrata e in uscita dell'Inter incontri difficoltà oggettive e questo lo abbiamo già ripetuto, fino alla noia. Ma sento che prima o poi si troverà la chiave per aprire non solo porte, ma anche portoni. E a questo punto trova giustificazione il titolo provocatorio dell'editoriale.

Il Milan di un Berlusconi nuovamente pimpante spalleggiato da mister Bee e dal fondo Doyen, sembra destinato a essere protagonista inatteso sul mercato, avendo praticamente concluso l'ingaggio del forte attaccante colombiano Jackson Martinez, mentre sta cercando di riportare sulla sponda sbagliata del naviglio un collezionista di scudetti come Zlatan Ibrahimovic. Per non parlare di altri elementi che fanno la differenza, come ad esempio il ventiduenne centrocampista del Monaco, Geoffrey Kondogbia per il quale sarebbe in corso un vero e proprio derby meneghino che un giorno vedrebbe in vantaggio l'una, il giorno dopo l'altra. Ecco, la prospettiva di un Milan nuovamente competitivo dovrà scatenare la voglia di rispondere da parte di Thohir e compagnia.

Non c'è tempo per i temporeggiamenti, è fisiologico che la Milano calcistica torni a breve tra le grandi, ma sarebbe delittuoso che ciò accadesse solo dall'altra parte. Mi viente in mente un precedente che giustifichi la tesi di un mercato nerazzurro vicino al decollo proprio grazie al “nemico”. La Lazio conquistò il secondo scudetto della sua storia nella stagione 1999-2000. Nella Capitale sembravano essere mutate in maniera irreversibile le gerarchie, la mappa del tifo andava riscritta, Roma, storicamente a maggioranza giallorossa, si tingeva fortemente di biancoceleste. E allora che fece l'appassionato presidente romanista Franco Sensi? Staccò un assegno di 60 miliardi delle vecchie lire e acquistò dalla Fiorentina Gabriel Omar Batistuta. Sapete tutti come andò a finire nella stagione 2000-2001: Roma campione d'Italia senza se e senza ma e feste in città che durarono mesi. Vi dico per certo che senza lo scudetto laziale dell'anno prima, la storia avrebbe avuto un altro corso perché Batistuta non avrebbe mai vestito la maglia giallorossa.

Altri tempi, vero, il calcio italiano era sicuramente più ricco, ma lo stimolo a non soccombere al dirimpettaio può ancora fare la differenza. Intanto consoliamoci con il rinnovo pesante di Maurito Icardi e di quello più che probabile di Samir Handanovic che, pur non reduce da una stagione da ricordare, è meglio tenere che rischiare l'ignoto in un ruolo delicato come quello del portiere. Per Mateo Kovacic aspettiamo, l'eventuale cessione sarebbe giustificata solo dall'arrivo di almeno due grandissimi giocatori. Di quelli che ti fanno vincere. A questo punto chiudo raccogliendo l'invito della Curva Nord che sabato festeggerà, come ogni anno, la cosa più bella: l'essere interisti. “Lasciamo lavorare chi è deputato a farlo e beviamoci su”.

 

P.S. - Sembra che Ibra abbia deciso di restare a Parigi. Sì, grazie Milan. Continua così.

Sezione: Editoriale / Data: Mer 17 giugno 2015 alle 00:00
Autore: Maurizio Pizzoferrato
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