"La protesta dei tifosi è stato uno dei motivi che mi ha convinto a restare e oggi la mia testa è solo per l'Inter". Parla così Fredy Guarin a Tuttosport, tornando con la memoria al gennaio scorso, quando fu a un passo dalla Juventus. "Mi sono trovato davanti a un bivio ed è stato un momento difficile per la mia carriera e anche per la mia famiglia. Non è normale vivere emozioni così forti anche per un calciatore: alla fine però tutto si è risolto nel modo in cui volevo, ovvero restare all'Inter e sentirmi importante. Da allora è passato del tempo e oggi posso dirlo in tutta serenità: ho fatto una scelta importante e di notte dormo tranquillo per quella decisione. Non sono pentito per non essere andato alla Juventus, semplicemente perché non volevo andarmene dall'Inter. Ero seduto proprio a questo tavolo e di fronte a me c'erano il presidente Thohir e Mazzarri: mi hanno chiesto cosa volevo fare e io ho detto loro la verità su come la pensavo rispetto a quanto era accaduto. La decisione definitiva non spettava solo al sottoscritto, ma, quando Thohir si è seduto di fronte a me e mi ha chiesto cosa volessi fare, io gli ho risposto senza esitazione che volevo restare all'Inter. Quella è stata un'esperienza che mi reso più forte: ho imparato a prendere decisioni importanti e ho capito certe dinamiche del calcio italiano avendole vissute in prima persona".
E ha pure compreso per bene quanto l'Inter tenesse a lei.
"E' vero, considerato che la decisione finale sul fatto di tenermi è stata presa dal presidente. Thohir sa quanto posso dare come giocatore ma pure come persona a questo gruppo".
Mancini, nel frattempo, le ha consegnato le chiavi del centrocampo. Come si trova nel nuovo ruolo?
"Mi è stata data una grande responsabilità: lì in mezzo mi trovo bene e nelle ultime due partite credo si sia visto un altro Guarin. In quella posizione ho giocato qualche volta pure con la Nazionale sempre al fianco di un centrocampista più bloccato: questo mi permette, oltre che di gestire il gioco, pure di buttarmi negli spazi avendo sempre davanti a me campo aperto. E perdo anche meno palloni perché ho una responsabilità in più: Mancini mi dice di giocare semplice, di essere sempre attento e di pensare che ogni pallone, se giocato in modo sbadato in quella zona del campo, può diventare un'occasione da gol per gli avversari. Sono tanti piccoli dettagli che non ti passano neanche per la testa quando giochi più avanti".
Come spiega l'ascendente che Mancini ha nei confronti dei giocatori?
"Essendo stato un fuoriclasse, per lui è più facile capire il nostro pensiero e questo aiuta moltissimo la relazione che c'è tra un allenatore e un giocatore. Di riflesso lui, quando spiega le cose, trova modo di farsi capire molto più velocemente".
Cosa è cambiato rispetto a Mazzarri?
"C'è più intensità nel gioco, abbiamo una mentalità più offensiva che ci porta a difendere stando molto più alti partendo dal centravanti che, come ci dice sempre Mancini, deve essere anche il primo difensore".
Vista la classifica, è già suonata la campanella dell'ultimo giro per la rincorsa Champions?
"Sì perché le giornate stanno passando e per centrare l'obiettivo che ci siamo prefissati dobbiamo sfruttare tutte le occasioni, a partire dalla gara col Torino. Per la Champions ce la giocheremo fino alla fine: in squadra è un pensiero fisso, quasi un'ossessione, anche se sappiamo che non sarà facile".
Presto riprenderà pure l'Europa League: quanto è importante tornare protagonisti pure in quel torneo?
"Moltissimo. Al Porto, per esempio, ci siamo messi in testa sin dal girone che quella Coppa dovevamo vincerla a prescindere da quanto sarebbe successo in campionato. E alla fine abbiamo vinto tutto".
In Italia però l'Europa League è sempre snobbata.
"Anche in Portogallo era più importante il campionato però nel Porto tutti erano titolari e, indipendentemente da chi giocasse, il livello della squadra era sempre altissimo. Poi, quando arrivi in fondo in Europa League, respiri l'atmosfera dell'impresa, vedi la Coppa e ti rendi conto quanto sia stato importante ciò che hai fatto".
Una partita da ricordare?
"La vittoria sulla Juve allo Stadium".
Una dimenticare?
"Quella di Livorno quando con un retropassaggio ho mandato in porta... Emeghara".
Un sogno da interista?
"Cominciare a vincere. Non importa se uno scudetto oppure una Coppa. Dopo non ci fermeremo più".
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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