La premiazione del 'Golden Boy' a Torino ha fatto da sfondo alla 'pace armata' tra Beppe Marotta e Pavel Nedved. Dopo le stoccate del ceco e le parate del neo dirigente nerazzurro, si è provato a riportare la dialettica su binari di diplomazia. Ma la Gazzetta dello Sport non appare del tutto convinta e approfondisce: "Non si può far finta che nulla sia successo - scrive Sebastiano Vernazza -. Sia sabato a Torino sia ieri a Nyon, Nedved ha usato un tono serio, non c’era traccia di ironia nelle sue parole. Per sua stessa ammissione, la dichiarazione pre-derby su Marotta non è stata una battuta. Diciamo che l’Avvocato Agnelli, interpellato sull’argomento, se la sarebbe cavata in modo diverso, con superiore disinvoltura, ma il punto è un altro: perché la Juve ha sentito la necessità di punzecchiare Marotta nei giorni del suo insediamento all’Inter? Forse perché ha accusato il colpo, perché aveva (ha) l’esigenza di prendere le distanze da un dirigente che è passato alla massima società concorrente, la «nemica odiatissima». Le spiegazioni fornite da Nedved non convincono. È ovvio che Paolo Maldini, giusto per fare un paragone, non lavorerà mai all’Inter: è stato ed è una bandiera del Milan, come potrebbe spendersi altrove ad alti livelli? Ed è lapalissiano che Marotta ricopra un ruolo differente: non ha un passato da calciatore, ha sempre ricoperto incarichi dirigenziali. È un manager che ha lavorato per diverse società, non è stato e non sarà il vessillo di nessuno. I club che lo «arruolano» lo pagano bene per beneficiare delle sue competenze, accumulate in una vita di calcio. Quando Marotta era amministratore delegato della Juve, si comportava da juventino, rivendicava gli scudetti che la Signora non ha più in bacheca per via di Calciopoli. Risolto il contratto a Torino, per lui un altro giorno è cominciato a Milano. Marotta è un manager, appartiene al mondo dei professionisti, “tifa “per chi lo stipendia, e fa specie che la Juve abbia incaricato Nedved di criticarlo. Ma forse noi siamo ingenui: bisognava dipingere Marotta a posteriori per quello che non è mai stato né sarà mai, un infiltrato, e di riflesso sminuire un po’ il suo operato in bianconero, otto anni di successi".

Sezione: Rassegna / Data: Mar 18 dicembre 2018 alle 09:30 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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