Pezzo di approfondimento su José Mourinho del collega Paolo Condò oggi sulla Gazzetta dello Sport. La prima firma della rosea ci spiega perché lo Special One manca tanto al calcio italiano.

"Nell’indimenticabile scena iniziale del «Gladiatore» Russell Crowe, generale romano, passa in mezzo alle truppe alla vigilia di una grande battaglia. Il suo nome - Massimo - viene sussurrato a mezza voce da ogni soldato quasi fosse un sortilegio in grado di proteggerlo, e quando il generale infine proclama «al mio segnale, scatenate l’inferno» il giubilo che ne deriva è un esorcismo al male incombente e insieme una dichiarazione di fedeltà assoluta, di amore infinito. E’ una scena che ci torna sempre in mente, nella sua magnetica bellezza, quando assistiamo a una «battaglia» di José Mourinho, perché il gusto della recita ad altissimo livello fa parte della sua valigia d’attore e perché i battaglioni di tifosi che lo seguono e lo sostengono nutrono nei suoi confronti la stessa adorazione dei legionari romani per Massimo. I tifosi del Chelsea, ma anche i tifosi dell’Inter: e la febbre alta di questi tempi tristi non spiega fino in fondo - anzi, quasi per nulla - la nostalgia per José. Mourinho verrebbe amato in modo così profondo e viscerale anche se l’Inter fosse in testa alla classifica, perché era l’uomo che ci metteva con gioia la faccia ogni volta che doveva/poteva polemizzare con gli imperi rivali, portavoce a qualsiasi costo delle ragioni di una parte. La tua parte. E il suo non essere uomo per tutti i luoghi e tutte le stagioni - a Madrid, per la prima volta in carriera, sostanzialmente non è rimpianto - gli ha conferito un ulteriore fascino, quello dell’esclusiva: i popoli di Inter e Chelsea hanno saputo capirlo, quello del Real no. 
Ma la dipendenza dallo Special One è un virus che in Italia non colpisce soltanto i tifosi dell’Inter. Lunedì sera il suo Chelsea ha vinto in casa del Manchester City quella che difficilmente verrà superata come partita dell’anno, e una furiosa onda di rimpianto in primis nerazzurra - è ovvio - ma ben presto collettiva, e quindi non guidata soltanto dall’amore, ha travolto ogni argine. Le due (troppo) brevi stagioni che Mourinho ha passato all’Inter sono state l’ultima finestra storica nella quale la serie A ha contato qualcosa a livello internazionale, non a caso è da allora che in Champions ci tocca festeggiare come un’impresa il raggiungimento dei quarti. Uomo di straordinaria intelligenza ed efferata furbizia, José è in grado di suscitare negli avversari - siano essi allenatori, giornalisti o intere tifoserie - una sindrome di Stoccolma: ami il tuo carceriere perché il solo fatto di affrontarlo ti conferisce una patente di validità, i mediocri non possono nemmeno aspirare a duellare con un simile personaggio. Dal punto di vista tattico Mourinho - come ha scritto Jonathan Wilson sul Guardian - entusiasma perché in tempi devoti al possesso palla dimostra che si può ancora vincere con un calcio di tipo opposto, che non è il bieco difesa e contropiede ma un gioco di fulminea reattività: lì dove i Xavi e gli Iniesta - profeti dell’odiato tiki-taka - ipnotizzano tessendo la tela dei passaggi, Mou disegna vertiginose transizioni palla al piede grazie alla tecnica-nella-velocità degli Hazard e dei Willian. Un oppositore vincente: dalla letteratura alla storia, non esiste figura che emani altrettanto fascino". 

Sezione: News / Data: Gio 06 febbraio 2014 alle 20:41 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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