Il giorno dopo è il momento delle riflessioni in casa Inter. Ci si ritrova nuovamente a dover fronteggiare una batosta, figlia degli ormai tristemente soliti problemi. La Lazio ha fatto bene, ha dimostrato di non essere ai vertici della classifica per caso e ha saputo approfittare della versione B dei Campioni d’Europa, incapaci di giocare alla pari dei biancocelesti e decisamente in credito con la fortuna, che all’Olimpico ha arriso all’aquila. Certo, il commento finale di Lotito lascia il tempo che trova: parlando di dominio laziale e di un potenziale 4-0, il presidente pecca di presunzione e dimostra di non aver valutato la partita sotto tutti i punti di vista. Nella ripresa, infatti, l’Inter ha attaccato e solo un colpo di fortuna di Muslera ha impedito a Cordoba di centrare un pareggio che nessuno, a fine gara, avrebbe definito illegittimo. Giusto rendere merito a una bella Lazio, dunque, ma la prestazione nerazzurra non va censurata a prescindere, in base al solo risultato finale.
NON SPARIAMO SU BENITEZ - Facile puntare il dito ancora una volta contro l’allenatore. È vero che Benitez ha commesso degli errori da quando siede sulla panchina nerazzurra. La preparazione, le scelte tecniche, interpretazioni tattiche discutibili eccetera. Ma la partita di ieri è la conseguenza di quanto accaduto nelle settimane, nei mesi precedenti. Una volta appurate le responsabilità, non ha senso accanirsi continuamente contro un tecnico che cerca di compiere magie senza avere la bacchetta magica. Nessun allenatore, con i giocatori ieri disponibili, avrebbe potuto fare meglio. Se il materiale umano a disposizione non è di primo livello, è difficile opporsi a chi sta decisamente meglio e non soffre alcuna assenza nell’organico. Benitez ha fatto il possibile, ha rischiato con Natalino e Alibec, ha dato fiducia a giocatori non ancora al meglio maga alla lunga gli è andata male. Insomma, si faccia avanti qualunque allenatore convinto che ieri avrebbe vinto e, soprattutto, spieghi come.
DUE SCOMMESSE DA RITENTARE - Una delle scommesse obbligate dell’allenatore di Madrid è Felice Natalino. Il giovane calabrese ha disputato dall’inizio la sua prima partita, dopo aver sfiorato l’esordio in prima squadra in Champions League e aver giocato la ripresa di Inter-Parma. L’esterno ha confermato di avere buone qualità, soprattutto nel primo tempo, quando si è disimpegnato con personalità e sicurezza. Poi, però, nella ripresa un suo errore ha spalancato a Zarate la strada verso il 2-0, una mazzata psicologica per la squadra. Un’amnesia pagata a caro prezzo, insomma, crudele nei confronti di Natalino, ma giustificabile dall’inesperienza e dalla furbizia dell’attaccante argentino, fino a quel momento ben contenuto in quella fetta di campo. Peccato davvero: la speranza è che questo errore non sia l’unico ricordo di Natalino in Lazio-Inter. Il ragazzo ha qualità, va cresciuto con parsimonia e intelligenza. Benino anche Alibec, scaraventato in campo sullo 0-2. Il romeno si è reso protagonista di spunti interessanti e ha guadagnato altri minuti di rodaggio nel massimo campionato. La faccia tosta non gli manca, ricorda un po’ il connazionale Mutu in certi frangenti.
C’E’ CHI NON E’ DA INTER - Purtroppo la trasferta dell’Olimpico ha ribadito che l’Inter non può fare eccessivo affidamento su alcuni giocatori. Innanzitutto Muntari: rientrato dall’infortunio, ha pagato un po’ dal punto di vista fisico l’assenza, ma tatticamente e qualitativamente è stato inutile. Zanetti lo ha persino ripreso per le sue mancate coperture, mentre in attacco ha perso oltre la metà dei palloni giocati. È chiaro che meriti qualche attenuante per una condizione non eccelsa, ma il ghanese già prima si trascinava sulle spalle un bagaglio di perplessità che a gennaio potrebbero portarlo lontano dall’Inter, dove ormai non sente più la fiducia. Maluccio anche Biabiany, che ha corso tanto e a vuoto. Pochi palloni giocati con raziocinio, tante imprecisioni e mai uno spunto degno di nota. Per Radu, in altre parole, una serata tranquilla. Il francesino aveva dato segnali di ripresa contro Twente e Parma, ma ieri ha fatto almeno due passi indietro, tornando a essere quel giocatore incompiuto, ancora acerbo per giocare in una grande squadra ad alti livelli.
MALEDETTA DEA BENDATA - Nel complesso, ieri sono mancate energia e qualità. Per tutto il primo tempo la squadra ha vissuto sulle ipotetiche iniziative di Sneijder, ancora un lontanissimo parente di quello ammirato fino al Mondiale in Sudafrica. L’olandese ha cercato inutilmente di imporre la sua impronta al match e di dare una logica a questa squadra, abbandonata al caso come una barca in pieno Oceano. Non esiste un’idea di gioco, impossibile pretenderla da giocatori che hanno condizioni ed esperienze diverse, ma a cui soprattutto manca l’amalgama fondamentale per dare la definizione di gruppo. Anche chi avrebbe i garretti per guidare i compagni fatica nell’opera perché fuori condizione, o inascoltato (vedi Thiago Motta o Cambiasso). A questo piatto parco si aggiunge poi il condimento amaro della sfortuna: è proprio vero che quando le cose vanno male, neanche la dea bendata mostra un minimo di compassione. O, in altre parole, la fortuna aiuta gli audaci. Evidentemente questa squadra non ha abbastanza coraggio per chiedere una mano alla fortuna.
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