C'è anche la scelta di lasciare l'Inter tra gli argomenti trattati da Walter Sabatini nella lunga intervista concessa al Corriere dello Sport. Nella chiacchierata con il quotidiano romano si parte però dall'esperienza più recente, quella consumata a Bologna: "C’è stato un corto circuito. Ho solo scritto a Saputo, dopo una brutta sconfitta in casa, dicendo che ero a sua disposizione per qualunque decisione volesse prendere".
E lui l’ha presa.
"La mattina dopo è venuto in ufficio: è meglio che le nostre strade si dividano. Così mi ha detto".
Tu hai fatto un bel gesto, un atto dovuto e lui ti ha mandato a casa.
"Questo è successo. Non è un trionfo per me, io credo molto nel laboratorio Bologna. Ma, attenzione, non è finita qui…".
In che senso?
"Ci fu un precedente alla Roma. Me ne andai a metà stagione per un dissenso con Pallotta. Spalletti arrivò da solo a 87 punti. Io quella la sentivo come la mia Roma, non persi una partita. Farò così con il mio Bologna e alla fine tireremo la somme".
Si dice che sia stata una parola infelice di Saputo sul tuo Bologna a scatenare il corto circuito.
"A me basta poco. Una parola, ma anche un’occhiata sbagliata. Sono fatto così, mi accendo. Ho capito che dietro quella parola di Saputo c’era una sua delusione e sono passato all’atto".
Non vi siete più sentiti?
"No, non c’è motivo. Non abbiamo niente da dirci".
Brutale congedo. Quello di Pallotta?
"Con Pallotta almeno ci sentivamo, direttamente o con delle mediazioni. Devo dire che anche io sono insopportabile. Caccio urla, strepiti per niente. Sono il primo censore di me stesso".
Potresti tornare al Bologna?
"Improbabile. Io non ho bisogno di tornare al Bologna, il mio sogno è pacificarmi con me stesso, tornare a praticare l’idea del calcio che ho in testa, ovunque questo sarà possibile".
L’addio più doloroso?
"Quello col Bologna. Mi duole fortemente. Mi mancano il club e la città. Il Covid rischiava di uccidere uno nelle mie condizioni e Bologna mi ha protetto in tutti i modi, con un cordone sanitario e affettivo straordinario".
Lasciare l’Inter dei cinesi. Un altro corto circuito?
"Ho fatto una grande cagata che un professionista non può fare per nessun motivo. Non mi perdonerò mai. Non mi sono mai perdonato nulla, ma questa meno che mai".
Vedere Dzeko con la maglia dell’Inter?
"Un effetto bruttissimo. Da star male. Soprattutto per mio figlio Santiago che non si rassegna".
Dove hai visto la gente felice allo stadio nei club da te gestiti?
"Certamente a Palermo, a Roma a intervalli regolari, anche il primo anno di Spalletti all’Inter ho visto gente felice".
In questo senso Mourinho ha già vinto a Roma.
"Puoi ben dirlo, quella di Mourinho è una fragorosa vittoria. Ha reso felice una città intera. Io ci vivo a Roma, da anni non vedevo i romanisti così euforici".
Spallettone a Napoli sta spopolando.
"Lui è il più grande di tutti, la follia lo aiuta. Ha in testa e canta gli inni dei tifosi del Napoli, sta cercando di costruire un sentimento potente che consenta di superare i momenti difficili che comunque ci saranno. Vincerà, anche se tutti a Napoli a cominciare da lui si toccheranno".
E lui l’ha presa.
"La mattina dopo è venuto in ufficio: è meglio che le nostre strade si dividano. Così mi ha detto".
Tu hai fatto un bel gesto, un atto dovuto e lui ti ha mandato a casa.
"Questo è successo. Non è un trionfo per me, io credo molto nel laboratorio Bologna. Ma, attenzione, non è finita qui…".
In che senso?
"Ci fu un precedente alla Roma. Me ne andai a metà stagione per un dissenso con Pallotta. Spalletti arrivò da solo a 87 punti. Io quella la sentivo come la mia Roma, non persi una partita. Farò così con il mio Bologna e alla fine tireremo la somme".
Si dice che sia stata una parola infelice di Saputo sul tuo Bologna a scatenare il corto circuito.
"A me basta poco. Una parola, ma anche un’occhiata sbagliata. Sono fatto così, mi accendo. Ho capito che dietro quella parola di Saputo c’era una sua delusione e sono passato all’atto".
Non vi siete più sentiti?
"No, non c’è motivo. Non abbiamo niente da dirci".
Brutale congedo. Quello di Pallotta?
"Con Pallotta almeno ci sentivamo, direttamente o con delle mediazioni. Devo dire che anche io sono insopportabile. Caccio urla, strepiti per niente. Sono il primo censore di me stesso".
Potresti tornare al Bologna?
"Improbabile. Io non ho bisogno di tornare al Bologna, il mio sogno è pacificarmi con me stesso, tornare a praticare l’idea del calcio che ho in testa, ovunque questo sarà possibile".
L’addio più doloroso?
"Quello col Bologna. Mi duole fortemente. Mi mancano il club e la città. Il Covid rischiava di uccidere uno nelle mie condizioni e Bologna mi ha protetto in tutti i modi, con un cordone sanitario e affettivo straordinario".
Lasciare l’Inter dei cinesi. Un altro corto circuito?
"Ho fatto una grande cagata che un professionista non può fare per nessun motivo. Non mi perdonerò mai. Non mi sono mai perdonato nulla, ma questa meno che mai".
Vedere Dzeko con la maglia dell’Inter?
"Un effetto bruttissimo. Da star male. Soprattutto per mio figlio Santiago che non si rassegna".
Dove hai visto la gente felice allo stadio nei club da te gestiti?
"Certamente a Palermo, a Roma a intervalli regolari, anche il primo anno di Spalletti all’Inter ho visto gente felice".
In questo senso Mourinho ha già vinto a Roma.
"Puoi ben dirlo, quella di Mourinho è una fragorosa vittoria. Ha reso felice una città intera. Io ci vivo a Roma, da anni non vedevo i romanisti così euforici".
Spallettone a Napoli sta spopolando.
"Lui è il più grande di tutti, la follia lo aiuta. Ha in testa e canta gli inni dei tifosi del Napoli, sta cercando di costruire un sentimento potente che consenta di superare i momenti difficili che comunque ci saranno. Vincerà, anche se tutti a Napoli a cominciare da lui si toccheranno".
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