Il giorno dopo la sensazione è ancora più amara. Il k.o. di Parma vale l’addio alle già scarse speranze di rimonta scudetto, demolite al termine di un derby giocato al di sotto delle proprie possibilità e in pratica ‘regalato’ al Milan. Poi, la profonda e inaspettata delusione contro lo Schalke 04, che tra andata e ritorno dimostra di essere superiore ai nerazzurri. Infine, la prestazione del Tardini, dove la squadra ha giocato appena un quarto d’ora, a inizio ripresa, quasi fosse la tiepida reazione al tentativo di rivitalizzazione di Leonardo nell’intervallo. Nella stalla resta ancora un bue (la Tim Cup), gli altri sono scappati e ormai sono irrecuperabili. Teniamocelo stretto fino alla fine, anche se la situazione non permette di farsi trasportare dall’ottimismo. Proviamo, a mente fredda, a capire come nasce questa ennesima sconfitta, in perfetta sintonia con il momento attuale della squadra.
SERBATOIO A SECCO - Nell’aprile 2010, mese in cui l’Inter, pur cedendo qualche punto in campionato, ha costruito la sua vittoria in Champions League, il motore della squadra girava a mille. A livello di condizione fisica, erano tutti al 100% se non addirittura oltre le loro possibilità. Inutile girarci intorno, se il fisico non ti sorregge la tecnica serve a ben poco. Oggi questo gruppo è palesemente in debito d’ossigeno, la spia della riserva si è purtroppo accesa nel momento meno opportuno, contro il Milan e a San Siro nei quarti di Champions League. Da lì in poi, vittoria sul Chievo a parte, l’Inter ha palesato enormi difficoltà ad arrivare in fondo alle partite senza la necessità di rifiatare, limite che ha coinvolto praticamente tutti i nerazzurri. Motivo? Bisogna andare a ritroso per individuare l’origine del male: la preparazione atletica estiva con Benitez, innanzitutto. Oltre a sfiancare molti giocatori reduci dal Mondiale, ne ha provocato una serie di infortuni a catena impressionante. Il che, dopo la pausa rigenerante invernale, ha costretto Leonardo a chiedere alla squadra uno sforzo sovrumano per recuperare il gap in classifica. Sforzo che oggi viene pagato a carissimo prezzo. Si dirà: molti dei giocatori infortunatisi nei mesi scorsi hanno riposato. Errore: tornare in campo dopo un problema, soprattutto di natura muscolare, richiede un impegno particolare, perché recuperare il terreno perso non è semplice. Oggi, dopo una rincorsa quasi eroica, arrivata a portata di sorpasso sul Milan, Leonardo non sa più a che santo votarsi perché i suoi campioni hanno terminato la benzina.
SFORZO PAGATO A CARO PREZZO - Lo sforzo da gennaio a marzo ha restituito all’Inter la posizione in classifica che le compete e l’ha riportata nella corsa allo scudetto, ma come detto ha spremuto i migliori giocatori. Probabilmente in questo contesto Leo avrebbe dovuto capire che una rotazione sapiente dei giocatori in rosa avrebbe solo fatto del bene al gruppo, invece di impiegare sempre gli stessi elementi. Le cosiddette seconde linee si sono viste solo in caso di emergenza (squalifiche o infortuni), mentre altre non si vedono più da tempo immemore (Coutinho, Obi e Mariga non sono ragazzi da ignorare a prescindere). Distribuire gli sforzi, anche alla luce delle convocazioni in nazionale di molti dei titolari, avrebbe consentito a questi di mantenere una dose di ossigeno sufficiente da qui al termine della stagione. Ma parlare senza conoscere le dinamiche dello spogliatoio e le motivazioni dell’allenatore serve a ben poco, per quanto la realtà dei fatti inviti a fare determinati ragionamenti.
LEONARDO BRAVO, MA… - Rimanendo in tema Leonardo, a lui va il grande merito di aver rivitalizzato la squadra dal punto di vista psicologico. Un gruppo demoralizzato nonostante il Mondiale per Club è tornato a giocare per un obiettivo, lo scudetto, che ormai sembrava già archiviato. I risultati sono arrivati rapidamente e hanno permesso all’Inter di recuperare terreno in modo entusiasmante, anche se giocare ogni tre giorni alla lunga ha pesato sul rendimento di alcuni singoli. L’allenatore brasiliano però è mancato nel momento in cui doveva fare delle scelte tecnico-tattiche, sia scegliendo l’undici titolare sia effettuando dei cambi in corsa poco remunerativi. L’atteggiamento spregiudicato imposto alla sua squadra lo ha esposto a enormi difficoltà difensive e la caterva di reti subite negli ultimi impegni ne sono un chiaro esempio. L’impostazione meno spregiudicata, richiesta a gran voce, lo ha portato a mantenere di conseguenza troppi giocatori lontani dalla porta avversaria, depauperando il gioco d’attacco (si veda la sconfitta di Parma). Insomma, in un senso o nell’altro a Leo le cose continuano a girare per il verso sbagliato. Occhio però: non è solo un problema tattico, anche la condizione fisica sta incidendo sul gioco nerazzurro. Se i giocatori non hanno fiato, è inutile chieder loro di tornare rapidamente in difesa e chiudere sui contropiede avversari, per poi riproporsi in zona offensiva. Sarebbe una pretesa assurda che rimarrebbe a bocca asciutta, così come sta accadendo oggi. Non è neanche una questione di impegno dei calciatori, evidentemente incapaci di seguire fino in fondo i dettami del loro tecnico per ovvie difficoltà di condizione fisica.
FIDUCIA IN RIBASSO - In questo contesto, però, Leo ha preso delle decisioni evidentemente impopolari nei confronti di certi giocatori, che oggi non lo valutano con lo stesso entusiasmo di inizio 2011. Innanzitutto Mariga, giocatore di certo mai tra i più in vista ma senza dubbio di valore, se è vero che Mourinho lo ha voluto nella sua squadra lo scorso anno. Ma il kenyota è solo un esempio, gli stessi Maicon e Thiago Motta non sono contenti di questo turno di riposo ‘punitivo’ impostogli dal loro tecnico. Inoltre, non va dimenticato Cambiasso, al quale l’allenatore brasiliano ha preferito Motta (sempre posizionato in una zona che lo mette in difficoltà e lo espone a critiche) nel match fondamentale di Gelsenkirchen e che, da quando è arrivato all’Inter, ha spostato in una posizione meno gradita rispetto a quella di vertice basso del rombo. Piccoli screzi che però confermano quanto oggi Leonardo non sia più così popolare nello spogliatoio (quando si vince è tutto bello, ma quando si perde...), che rimane comunque dalla sua parte (nulla a che vedere con l’ammutinamento ai tempi di Benitez) ma non ha la stessa fiducia manifestata fino al crollo nel derby. Non è un caso dunque se, nonostante le parole di Moratti, il futuro di Leo (allenatore) all’Inter non sia poi così scontato, anzi. È non è una coincidenza se anche oggi sia emersa una voce (fondata) circa un possibile ritorno di Mourinho la prossima stagione.
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