Il regalo natalizio dell'Inter per i suoi tifosi? Una lunga intervista con Josè Mourinho, pubblicata prima sul sito Inter.it e poi in onda su Inter Channel. In questa chiacchierata l'allenatore portoghese si racconta come mai prima d'ora, parlando del suo passato, delle sue esperienze e del suo credo calcistico: "Non sono un allenatore di creazione spontanea. Ho giocato tanto, ho studiato all'università, ho allenato la primavera, sono stato vice allenatore, preparatore atletico, osservatore, ho allenato una piccola squadra (Uniao Leira), poi è stato un crescendo di importanza: Porto, Chelsea, Inter. Una sequenza professionale che mi ha preparato alla sfida successiva. La mia gavetta è stata una progressione logica. Quando ero vice allenatore di Van Gaal al Barcellona, mi fu offerto lo stesso ruolo nel Benfica, con una clausola sul contratto che prevedeva dopo qualche tempo la mia nomina a primo allenatore. Ne parlai con Van Gaal e lui, dall'alto della sua esperienza, mi consigliò di dire che non avrei potuto svolgere questo ruolo in un altro club dopo averlo fatto nel Barcellona. Mi sarei dovuto spostare solo per diventare primo allenatore, dunque. Poco dopo rilasciai un'intervista a Record dicendo che quella catalana sarebbe stata la mia ultima panchina da tecnico in seconda".

Mourinho è nato nel 1963, non è riuscito a vivere dunque realmente gli anni della Grande Inter: "Mio padre era portiere in quel periodo, i giocatori di quella Inter erano suoi contemporanei. Poi, ovviamente, ne ho sentito parlare. Quando sono arrivato all'Inter il presidente mi ha regalato il libro del Centenario, così ho potuto approfondire". Uno dei giocatori che Mourinho ha ritrovato è Luis Figo, che ha già "partecipato" alla carriera di Mourinho: "Luis aveva 18 anni quando l'ho conosciuto ed era già un campione affermato nello Sporting. Ci siamo ritrovati nel Barcellona, poi quando lui è andato nel Real Madrid io mi sono trasferito al Porto. E' veramente un piacere capire come un ragazzo che tanti anni fa voleva vincere sempre sia rimasto lo stesso". A Mourinho negli ultimi anni è capitato di allenare grandi squadre e, quindi, grandi giocatori: "Conta tantissimo allenare dei campioni, devi rinnovarti ogni giorno. Non bisogna mai fermare la propria evoluzione, bisogna sempre trovare il modo di motivare questi giocatori sia ad allenarsi sia a imparare. Non è facile, ma un allenatore deve sempre migliorare.

Ne parlavo qualche giorno fa con Costinha, l'ho invitato ad allenarsi all'Inter per fargli vedere come sono cambiato nei miei metodi con il trascorrere del tempo rispetto al Porto. Credo che il campione perfetto sia quello intelligente. Mi piace un giocatore che parli il mio idioma calcistico, che capisca subito quello che vuole l'allenatore, che non debba essere trascinato. Mi piace un giocatore che ha una grande autostima e una grande automotivazione, che non è mai soddisfatto, che non accetta gli errori. Ho avuto tanti grandi giocatori sotto la mia gestione e questo mi ha aiutato nel mio ruolo di leader: è fondamentale avere in squadra personalità importanti. Se si lavora con un gruppo forte è anche possibile trasmettere la propria autostima. Non esiste la squadra perfetta, ma quella con una personalità speciale. L'autostima è importante, ma è legata alla qualità. Se si è consapevoli di far parte di un gruppo con tanta qualità, è più facile che l'autostima collettiva cresca".

Sezione: In Primo Piano / Data: Gio 25 dicembre 2008 alle 14:51 / Fonte: Inter.it
Autore: Fabio Costantino
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