Alzi la mano chi si aspettava, verso la fine di agosto, una classifica del genere al termine del girone d’andata. E’ questo il leit motiv delle ultime ore, con il Napoli campione d’inverno e l’Inter e la Juventus subito lì, a due punti, con il fiato sul collo ai partenopei. Gli Azzurri sono stati la squadra più costante e convincente, così come la Vecchia Signora, dopo un avvio claudicante, ha ritrovato se stessa e inanellato nove vittorie consecutive. In tutto questo l’Inter: una squadra nuova, imperfetta, con la faccia cattiva e i modi ruvidi, quasi impacciati per la posizione che ha. Eppure è lì, a guardare dall’alto squadre più accreditate per lo Scudetto come la Roma e della sorpresa Fiorentina. Cinque club in una manciata di punti, dove tutto può succedere. I nerazzurri sono la squadra più migliorabile dal punto di vista del gioco: i nerazzurri vivono del disordine che il talento dei singoli gli permette di sfruttare come arma impropria, colpendo gli avversari nei momenti più imponderabili. Il gol all’Empoli, arrivato nel mezzo di una sfuriata offensiva dei toscani grazie ad un paso doble di Perisic, è emblematico di questa tendenza.
PROBLEMI - Come si può migliorare questa squadra, quindi? Quando gli uomini di Mancini riescono a schiacciare gli altri undici nella propria metà campo, è quasi automatico che il gol arrivi. La rosa è talmente variegata e completa a livello offensivo che raramente non si riesce a segnare un gol: le partite a reti bianche da parte dell’attacco nerazzurro sono state infatti appena due volte, contro Juventus e Sassuolo. I problemi iniziano quando le sortite offensive degli avversari si fanno più frequenti e il pressing asfissiante. L’Inter non ha palleggiatori, per quanto Felipe Melo si sforzi di giocare di prima e dare il via all’azione. Allo stesso modo, Medel non ha i tempi giusti per gestire il flusso di palloni che una squadra come quella di Mancini deve gestire contro le formazioni serrate che si presentano a San Siro o che l’Inter va a trovare a domicilio. Il centrocampo è la parte di formazioni più sperimentale, tant’è che molto spesso si soffre proprio lì, nel punto nevralgico del gioco. Mancini ha provato ad ovviare a questa fragilità compattando allo strenuo la linea difensiva con i mediani, a formare un pragmatico (e anti-estetico, per i saccenti del football) muro davanti alla porta di Handanovic, su cui ben dodici squadre si sono scontrate, senza riuscire a segnare neanche un gol. Ma ora che la stagione entra nel vivo, c’è bisogno di una maturazione tattica per riuscire a vincere anche partite come quella contro il Sassuolo. Facendo girare bene la palla, impostando l’azione con un tocco, come ha provato a fare Marcelo Brozovic, riuscendoci anche, in qualche circostanza. Ma non è ancora costante, indi per cui si rende necessaria una figura che ad Appiano Gentile manca ormai dall’addio di Thiago Motta: il fantomatico regista.
IL REGISTA O L'ALA? - Immaginatevi un centrocampo a tre - com’era nelle idee originali del Mancio - con il sopracitato Brozovic e Geoffrey Kondogbia ai lati di un giocatore in grado di smistare il pallone con intelligenza, dosando il ritmo della squadra, non più costretta ad usare la forza brutale ma capace così anche di progredire verso la metà campo avversaria in modo armonioso, con verticalizzazioni e cambi di campo. Le due mezzali sarebbero sgravate dal tenere il pallone troppo fra i piedi (il francese soprattutto rende meglio giocando ad uno - due tocchi), e potrebbero concentrarsi sull’aggredire l’area di rigore, terra di conquista non più solo di Icardi o Jovetic. In attacco, l’imbarazzo della scelta: che ci sia un fantasista dietro alle due punte o il tridente, poco importa. Il ritornello è sempre lo stesso: date un giocatore che sappia saggiare il pallone, e vedrete come l’Inter potrà giocare un calcio sicuramente più divertente di quello offerto in questi primi sei mesi di campionato.
I MOVIMENTI - Ma come arrivare, a questo centrocampista? Servono delle uscite, annunciate dallo stesso Erick Thohir. “Siamo troppi, qualcuno partirà”. I nomi sono sempre gli stessi: Andrea Ranocchia, Fredy Guarin e Davide Santon su tutti, con le possibilità di prestito oneroso in casi come quello di Dodò o Manaj. Si è fatto il nome di Andrea Pirlo, che però alla fine ha deciso di rimanere a New York. E’ uscito il nome di Valdifiori, ma il Napoli non ha nessun interesse a cederlo ad una diretta concorrente. L’Inter ha anche seguito giocatori come Sensi e Mandragora, entrambi però accasatisi in altre squadre. Quindi? La caccia al profilo giusto è aperta. L’alternativa, qualora non si riuscisse a trovare il nome giusto, potrebbe essere quella di intensificare la qualità sulle fasce, lì dove i nerazzurri hanno concentrato gran parte del proprio gioco, con Perisic, Ljajic e Biabiany instancabili a macinare chilometri. Piedi buoni, o corsa e rapidità? In virtù del FFP probabilmente una scelta, nel mercato di riparazione, escluderebbe l’altra, in una visione kierkegardiana del calcio. I dubbi sono scomodi, come direbbe Voltaire, ma a volte risolvere determinate situazioni, senza aspettare che tutto si compia condannando la società a riparare danni che agendo aprioristicamente potevano essere evitati, è l’unica cosa che conta.
Autore: Marco Lo Prato / Twitter: @marcoloprato
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