"Io meno decisivo del solito? Una stagione è fatta di momenti: succede alle squadre, può succedere ai portieri. E se succede alle squadre, è più che facile che succeda ai portieri. Sono momenti che vanno accettati anche quando si è meno decisivi, quando si subiscono più gol e poi è ovvio che diventa più facile dire certe cose. Ma resto sereno e vado avanti per la mia strada: non salvi sempre la patria, ci sono momenti che ogni tiro è un gol. Ma rompersi la testa, intestardirsi e cercare per forza di capire il perché non serve". Con queste parole Samir Handanovic risponde ala provocazione della Gazzetta dello Sport a riguardo di un presunto calo di forma a livello personale. Il numero 1 sloveno è un leader silenzioso e lo dimostra ancora nell'intervista alla rosea.

Gli errori che si rimprovera?
"Me ne hanno rimproverati diversi, ma il ruolo del portiere è il più difficile da decifrare, soprattutto per chi non ha mai giocato in questo ruolo. Uno solo è stato un vero errore, ovviamente quello contro il Parma: per il resto, non credo di averne fatti tanti e tali da poter dire che non sono in un buon momento di forma. Ciò premesso: un portiere può sempre fare di più e io parto sempre da quel presupposto".

Anche perché le aspettative riposte in Handanovic sono molto alte.
"Come è normale mettere in preventivo due-tre errori a stagione, è normale aspettarsi da qualunque portiere, tanto più quello dell’Inter, che salvi qualche partita".

Le famose parate che valgono come un gol: quest’anno ne ha già fatte?
"Direi di no, la sto ancora aspettando".

Mica solo lei: facciamo nel derby?
"Purtroppo un portiere non si sceglie le parate da fare o le partite da salvare...".

Torniamo all’estate. Disse: 'Dobbiamo ripartire dall’abc e dall’organizzazione difensiva'. A che punto è l’Inter?
"Nelle prime 5-6 giornate era a buon punto: compatta, sicura. Ultimamente abbiamo fatto un passo indietro, forse anche due. Non è sempre vero che se fai gioco, poi vinci: può arrivare un momento in cui il primo imperativo non è far male, ma non farsi fare male. Dunque non prenderle. E per non prenderle serve più fame, più cattiveria agonistica, ancor più indispensabili se non giochi neanche tanto bene: ecco, contro Bologna, Sampdoria e Parma non ne abbiamo avuta abbastanza. A Napoli, invece, il discorso è stato diverso, come diversa fu la partita con la Roma. Una squadra come noi non può permettersi di prendere gol in contropiede, di lasciare metri e metri di campo: se perdi palla e non la recuperi subito hai aperto un’autostrada, e poi hai voglia a prendertela con la difesa. E allora lì è anche questione di furbizia, di malizia, quelle che ti permettono di fare magari il fallo giusto nella zona di campo giusta". 

Si è arrabbiato molto ultimamente?
"Può essere stato soprattutto un problema di concentrazione e come uno riesce a concentrarsi, come e quanto sente una partita, è una cosa molto personale".

'Non prendiamoci in giro: l’Inter non ha più lo strapotere di un tempo': era stato facile profeta?
"Senza voler sminuire il valore di nessuno, non è questione di essere profeti, ma di valutare oggettivamente: il campo non dice mai bugie. Ed è importante che tutti sappiano, noi per primi, che questa non è un’Inter di fenomeni".

Per questo Mazzarri ha chiesto chiarezza?
"Per usare una sua espressione, la gente intelligente certe cose le capisce da sola".

'Non mi sono mai detto “Chi me l’ha fatto fare di venire all’Inter”: quando c’è da ricostruire servono anche esperienze complicate': sottoscrive?
"La storia di una società, qualunque società, è fatta di parabole: è successo alla Juve, è successo alla Roma. La nostra parabola adesso dovrebbe iniziare a risalire, ma non so dire quanto ci vorrà perché si completi".

Il cambio al vertice della società e il fatto di avere un presidente lontano fisicamente possono aver influito sulla tranquillità e sul rendimento della squadra?
"Siamo pagati per pensare a giocare, non per pensare ad altro. Non credo possa essere un fattore destabilizzante: che Thohir sia più o meno spesso a Milano a me sinceramente non cambia nulla, ad altri non so. Piuttosto: la cosa davvero importante è essere chiari a proposito degli obiettivi, e dall’inizio. Io faccio il portiere, non quello che detta gli obiettivi, ma una cosa la dico: questo per l’Inter mi pare anzitutto un anno di ricostruzione".

Opinione comune: ci aspetta un derby qualitativamente brutto, diciamo in tono minore rispetto ai tempi d’oro. Lo teme anche lei?
"Io posso parlare delle due partite dell’anno scorso: ho il ricordo di un clima e di un livello da derby veri. Altro non posso dire, perché quello che si vede da fuori conta fino ad un certo punto: bisognerebbe chiedere a chi me ha già giocati dieci o venti".

Se le diciamo Balotelli, a che tipo di avversario pensa?
"Passiamo alla prossima domanda: qualunque cosa dovessi dire, potrebbe ritorcersi contro di me. Pensate se dovessi azzardare “E’ forte negli spazi”, e quello domenica sera mi fa gol da trenta metri... No, no: sono anche un po’ superstizioso". 

Domenica, dopo aver parato il rigore a Pandev, ha pensato: adesso uno tira l’altro?
"Ma va’, non cambia niente. E poi 'sta storia dei rigori che paro affascina solo voi: un portiere non si valuta dai rigori che para". 

'Il mio presente è l’Inter, quello che sarà in futuro lo vedremo': è cambiato qualcosa?
"Assolutamente niente. Io sono concentrato solo sul presente: se vivi bene quello, il futuro si fa da solo".

Sezione: In Primo Piano / Data: Ven 20 dicembre 2013 alle 07:31 / Fonte: Gazzetta dello Sport
Autore: Alessandro Cavasinni / Twitter: @Alex_Cavasinni
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