La leggenda nerazzurra Ivan Ramiro Cordoba, anche lui costretto al domicilio forzato a causa dell'emergenza Coronavirus, ormai estesasi in tutto il globo, è intervenuto in diretta Instagram con Mirko Mengozzi, tifoso interista e storico speaker della San Siro nerazzurra.
Come stai?
“Bene. Noi siamo a casa, cerchiamo di fare un po’ di cose. Penso che questo sia un momento di raccoglimento per stare insieme e trovare il tempo di fare quelle cose che nella routine non abbiamo il tempo di fare”.
Ti stai allenando?
“Sì, faccio un po’ di corsa, bici, esercizi per le gambe soprattutto perché avendo avuto l’infortunio al ginocchio devo fare un po’ di esercizi. Ultimamente mi alleno piu spesso e devo dire che ci si sente molto bene”.
Salti ancora come prima?
“Un pochino meno. Se mi alleno bene riesco a fare qualche salto, ma un po’ meno rispetto a prima”.
Hai tantissimi titoli, compresa una Coppa America. Cosa si prova?
“Penso che vincere con la tua Nazione è qualcosa di sublime perché vincere per tanti milioni di persone, per il tuo popolo che ti ha visto crescere fino ad arrivare a compiere un sogno, è bellissimo. Ma i traguardi raggiunti con l’Inter hanno un sapore molto particolare. È stato dopo un periodo lungo con situazioni difficili che però hanno aiutato a godere molto di più quando sono arrivati gli obiettivi”.
Poi hai ottenuto una vittoria in nazionale con il 2 sulle spalle…
“Il 2 ha un significato speciale in Colombia. È stato credo il numero più amato, il giocatore più amato. Andrés Escobar tutti lo ricordiamo perché è stato un esempio dentro e fuori dal campo. Era una persona molto umile e quando sono arrivato in Nazionale mi hanno dato il 2 dopo che era stato messo via. Era una responsabilità grande ma l’ho presa con tanto orgoglio e rispetto cercando di mantenere l’esempio che lui aveva dato in tanti anni di carriera”.
Come è stato il gol in finale di Copa America?
“Ogni volta che mi chiedono rispondo sempre che è difficile spiegare. Sei lì, davanti a tutto il tuo Paese fermo per guardare ogni cosa di quello che fai in campo. Nasce una gioia infinita che non sai come spiegare, quel giorno non sapevo come festeggiare, ho pensato a tante cose ma non sapevo farle, mi sono buttato per terra e quasi i miei compagni mi ammazzavano perché non respiravo più”.
Quanti anni avevi?
“23-24 anni”.
Qual è stato il tuo giocatore preferito dell’Inter prima che arrivavi?
“In Colombia prima che arrivasse Asprilla non guardavamo molto il calcio italiano. Poi quando mi hanno detto che mi voleva l’Inter io ho detto assolutamente sì, io vado all’Inter. Per me era assurdo e incredibile che una squadra del genere mi volesse, giocare a fianco Baggio, Blanc, Vieri, Zanetti, Zamorano, Ronaldo, non ci potevo credere e non vedevo l’ora di arrivare. Sono passati vent’anni, passano gli anni ma rimangono quei momenti e l’amicizia con quei giocatori con cui hai passato momenti belli e anche difficili, soprattutto quelli perché aiutano a compattarsi maggiormente”.
Dopo tanti anni di sofferenza…vincere così è ancora più bello. Come è stato vincere il Triplete?
“Uh caspita! Fino ad un certo punto non ci rendavamo conto di ciò che stavamo combinando perché il mister ci faceva stare concentrati su un solo obiettivo, lui sicuramente aveva in mente dove potevamo arrivare, ma noi andavamo obiettivo per obiettivo e ogni finale per noi era una finale Mondiale. Dovevamo andare a Roma per la Coppa Italia e dovevamo vincerla in qualunque modo. Una volta vinta quella, dovevamo pensare al Siena. Poi quando abbiamo affrontato la partita è stata una sofferenza incredibile. Con quel palo preso da Rossi ci è venuto a tutti un infarto. Quando è finita la partita ci siamo resi conto che mancava una partita per fare una storia incredibile. Così abbiamo lavorato tutti insieme per raggiungere quel sogno, però c’era un ottimismo così alto che tutto ha portato a vincerla quella Champions. A Madrid il fatto che non sia arrivato il Barcellona a vincere al Bernabeu è stata una cosa particolare perché abbiamo avuto tutti i tifosi del Real Madrid a tifare per noi”.
La semifinale con il Barcellona è stata la vera finale quasi più del Bayern?
“C’era quella sensazione, perché sai che hai affrontato e battuto la squadra più forte perché il Barcellona era la squadra chiamata a vincere. Come ha detto Mourinho, è stata la sconfitta più bella nostra vita al Camp Nou, passare il turno con dieci uomini, compatti, è stato pazzesco. Ma solo così si raggiungono gli obiettivi. Dopo quella partita ci siamo detti: “Basta, è nostra, non può vincerla nessun altro”.
A Madrid che emozione è stato entrare in campo?
“Solo essere lì è stato fantastico. Lo stadio era uno spettacolo unico, tra i loro tifosi e i nostri che hanno fatto coreografie mai viste. È stata una carica ancora più grande perché la nostra coreografia ha schiacciato quella del Bayern, che era anche bella ma con quella dell’Inter dicevi “Questa giornata deve essere solo per noi”. Avevi tutto a tuo favore. Io sono molto religioso. Era Il 22 maggio, il giorno di Santa Rita e noi siamo molto devoti, abbiamo acceso delle candele a Santa Rita, abbiamo pregato e chiesto questo miracolo, parlavamo di 45 anni senza vincerla. Noi ricordiamo sempre questa Santa, è stato un aiuto dal cielo. Doveva andare così, è stata una cosa bellissima, poi chi ha fatto quei gol aveva il numero 22. Non può essere una casualità.”
Cosa vi ha detto Mourinho prima di scendere in campo?
“Lui in queste situazioni è pazzesco, straordinario, non fa discorsi tattici ma discorsi emozionali. Quindi o ti carica o ti abbassa la tensione perché se sei con la tensione troppo alta lui te l’abbassa come ha fatto a Barcellona. Eravamo agitati al 150%, non vedevamo l’ora di uscire in campo e lui, ricordo, era seduto su una sedia, con i piedi incrociati sul tavolo e faceva finta di non sentiva niente, era tranquillo. Diceva: “Tranquilli ragazzi, andate in campo e fate quello che dovete fare”. Poi a Madrid disse che era un sogno di tutti, di un popolo intero che aspettava da tanto tempo, e poi ci ha detto che era un sogno soprattutto per le nostre famiglie sempre vicine a noi e dovevamo andare a fare un bellissimo regalo a tutti quanti. Ci ha dato così una carica enorme. In quel momento cos’altro può dire? Discorsi tattici non ha senso farli perché se in quel momento non hai in mente chi devi affrontare non sei degno di essere lì quindi passa tutto da una questione mentale e motivazionale".
Che rapporto hai ancora con I ragazzi del Triplete?
“Abbiamo un bel rapporto, lo sanno tutti che abbiamo una chat e che ci messaggiamo quasi tutti i giorni. Scherziamo, ci ricordiamo quello che è stato. L’idea è quella di stare sempre vicini anche se siamo in diverse parti nel mondo. Bello avere questo contatto perché ci sentiamo ancora tutti insieme".
Quando è stata la volta che Mou si è arrabbiato di più?
“Credo una volta a Bergamo che abbiamo perso 3-1 e l’altra a Firenze che abbiamo perso o pareggiato, non ricordo. Io la ricordo come una sconfitta perché abbiamo perso la testa della classifica. Si arrabbiò bene bene, non posso descriverlo ma era arrabbiato molto.
C’è anche Arnautovic in chat?
“Sì, ci sono tutti”.
Chi è il più mattacchione?
“Ci sono quelli che sono, diciamo, simpatici. A me sta molto simpatico Orlandoni o Materazzi. Ma penso che il gruppo abbia molta simpatia per Muntari perché è un buono ma quando lo facciamo arrabbiare si fa sentire. Si infiamma facilmente, è un buono con cui bisogna saper scherzare.”
Ricordi il modo in cui Arnautovic festeggiò ritornati a Milano dopo Madrid?
"Lui è molto particolare, ha un ego che a volte ti caricava. Lui è questo qui. A me fa molto piacere che con il tempo, ci è voluto un po’, è maturato ed è riuscito a fare molto bene in Inghilterra".
Chi è il compagno con cui hai più rapporto?
“Penso che il rapporto che ho con Zanetti è qualcosa di speciale. L’ho sempre preso come esempio dal primo giorno in cui sono arrivato, poi è nato un rapporto molto stretto, ci chiamiamo compari. Lui mi ha dato una mano molto grande quando sono arrivato all'Inter, gli sono molto grato, da sempre. Ma lui ha un gran rapporto con tutti noi, per noi Javier è il nostro capitano".
Il primo trofeo però lo hai alzato tu…
“È toccato a me alzarlo perché lui credo fosse in Nazionale e non ha potuto partecipare a quella partita, che era quella di ritorno di Coppa Italia a San Siro con la Roma, aveva fatto gol Sinisa”
Vi siete arrabbiati tanto per il gesto di Balotelli con il Barcellona all'andata di semifinale?
“Sì, ci siamo arrabbiati. Ma penso che lui abbia capito. Era molto giovane, credo sia stato un errore. Ce la siamo presa con ma non c’è stata aggressione, solo una presa di posizione e ha capito”.
Da cosa nasce la tua esultanza?
“Quando abbiamo alzato la Champions? Mi è venuta una sensazione particolare perché sono andato indietro nel tempo e ho pensato a tutte le difficoltà che avevamo avuto. Tutti i momenti in cui arrivavamo in fondo ma qualcosa non ci faceva andare avanti. Arrivare lì e alzare quel trofeo insieme a compagni con cui avevo lottato per tanto tempo è stato bello”.
Cosa ne pensi del Principe Milito?
“Milito sarà sempre il Principe.
Perché Maradona non l’ha fatto giocare ai Mondiali?
“Non lo so. Ci sono situazioni per le quali non riesco a trovare spiegazioni così come la non convocazione di Zanetti o come il fatto che Diego o Sneijder non sono stati messi nei tre per la vittoria del Pallone d’Oro. Sono cose che non riusciamo a capire ma siamo felici per quello che abbiamo fatto e lui rimarrà per sempre il nostro principe che ci ha dato emozioni uniche e fantastiche”.
Qual è il tuo coro preferito della Curva Nord?
“A me faceva impazzire quando facevamo il riscaldamento e loro facevano il coro per ogni giocatore. Era come se si scaldasse il giocatore numero dodici. Non dimenticherò mai quando facevo un recupero e cominciavano a gridare il mio nome. Mettevo la quinta, la sesta e la settima marcia, mi arrivava una forza che non sapevo di avere. Il tifo è fondamentale per noi giocatori. Succede perché sei lì per loro e quando non c’è la sua approvazione lo senti, però devi essere forti mentalmente, se ti fai abbattere è difficile recuperare in uno stadio come San Siro perché i tifosi sono abituati a vincere e vogliono tutto. Però se sei intelligente capisci che al tifoso dell’Inter basta che tu dai l’anima. A quei livelli i giocatori normalmente sono bravi, ma la cosa che il tifoso interista non riesce a sopportare è se e quando non dai l’anima. In uno stadio come il Meazza cosa dovresti fare? Se non corri lì dove? Hai corso tutta la vita per arrivare lì, dove se non in quello stadio? A volte mi da fastidio quando un calciatore non fa uno sforzo in più”.
Perché a volte succede? È un peccato no?
“Sì, perché giocare a calcio è una delle cose più belle al mondo e ti pagano per quello. Basta divertirti e fare al massimo quello che ti piace fare. A volte magari, difficile da spiegare, ognuno ha la sua formazione e spesso dipende anche dai tuoi sogni e dalla tua ambizione. Io quando ho sentito dire che l’Inter mi osservava, non ci ho visto più. Da lì fino a che ci sono arrivato e sono passati sei mesi. Puoi immaginare l’ansia…”
Che calciatore colombiano porteresti all’Inter?
“C’è un giocatore che avrei portato all’Inter ma ci sono squadre in Europa che si muovono bene e in fretta e lo ha fatto il Porto, si tratta di Luiz Diaz. Giocatore molto abile nell’uno contro uno, molto bravo ed efficace. Secondo me farebbe molto bene in una squadra come l’Inter. Però c’è tempo, è giovane, magari un indomani perchè no?”.
Cosa ci dici della doppia ammonizione per Inter-Samp?
"Credo che in quella partita hanno espulso anche Samuel, quando Mourinho ha fatto il gesto delle manette. Penso siamo riusciti a pareggiarla. Era, non lo so, una situazione difficile in quel momento perché arrivava qualche fischio in più però siamo stati forti e abbiamo superato tutte quelle situazioni. Ma come ti dico, ci siamo compattati e abbiamo pensato che era l’anno in cui dovevamo fare qualcosa di speciale”.
Cosa pensi di Ronaldo il Fenomeno?
“Per me, di giocatori contro i quali ho giocato Ronaldo il fenomeno è difficile da descrivere come per il gol della Coppa America, anche se ho affrontato giocatori come Messi o Cristiano. Il Fenomeno anche negli allenamenti faceva cose che non pensavi esistevano. Anche se dopo l’infortunio aveva un po’ paura. Faceva cose che si inventava. Noi ci svegliavamo felici perché aspettavamo l’allenamento per vedere cosa faceva di nuovo. A volte ci prendeva in giro perché non sapevi dove finivi contro di lui, non so se le giocate se le studiava, ma erano così veloci in campo aperto che ci chiedevamo come facesse a studiarsele in un posto al chiuso, quindi era impossibile.”
Pensi che Adriano sarebbe potuto arrivare ai suoi livelli?
“Penso di no, però credo che poteva essere molto vicino. Aveva una forza devastante, c’è stato il momento in cui c’erano lui e Ibra in allenamento e quando erano uno da una parte e uno dall’altra erano due titati. Adriano aveva una forza e capacità nel calciare tremenda, aveva altre doti che secondo me avrebbe potuto vincere il Pallone d’Oro, ma non credo al punto da arrivare al livello di Ronaldo”.
Fai il procuratore adesso?
“Nono, non ho fatto il corso ma seguo alcuni giocatori o qualche intermediazione”
La traversa col Palermo di Adriano?
“Ha fatto tremare tutto lo stadio, come il gol di Madrid”.
Due parole su Moratti:
“Due parole sarebbero pochissime, potrei scrivere un libro su Moratti. L’ho sentito pochi giorni fa, mi ha fatto piacere sapere che stanno tutti bene. Lui ha il dono che ti solleva e ti fa sentire sempre bene. E’ stato un genitore per tutti noi, dovremmo sempre ringraziarlo perché ha avuto una fiducia in noi mai vista da un presidente”.
Lautaro secondo te rimarrà?
“Mi auguro di sì perché penso che le gioie che si può prendere all’Inter non sono uguali alle altre. Non è paragonabile perché questa è la sua Inter. Ovunque lui vada, non sarà la sua squadra. Questa è fatta per lui, mi auguro resti e si possa godere le vittorie che arriveranno fra poco perché si sta lavorando per quello. Sono fiducioso e spero che rimanga per essere ancora più forte”.
Infine chiude con un saluto e un appello a tutti quanti, interisti e non:
"Un abbraccio forte a tutti voi, e ai tifosi, non disperate. Restate uniti, godiamoci questi momenti perché non avremo mai pianto una possibilità così nella vita a stare così tanto con la nostra famiglia. Godiamoci questo momento insieme, preghiamo per chi non sta tanto bene e per favore aiutiamo tutti i medici perché non ce la fanno più. Un forte abbraccio, tanta forza, tanto affetto e soprattutto sempre forza Inter”.
Autore: Egle Patanè / Twitter: @eglevicious23
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